lunedì 15 settembre 2014

l'inossidabile tenacia di un genio...

Posto che probabilmente nessuno riuscirà mai a carpire la vera essenza di una torsione così spettacolare e innovativa come quella che Charlie Chaplin riuscì a imprimere alla Settima Arte (di fatto definendone le più moderne coordinate assieme a uno sparuto gruppo di pochi altri apripista, Buster Keaton in primis), è abbastanza facile comprendere cosa abbia attirato l'editore ISBN di questo più recente tomo, a firma Peter Ackroyd, dedicato al grande cineasta con il bastone e la bombetta.
Il Chaplin rivelato in queste pagine documentatissime è infatti, a differenza di molta altra saggistica e letteratura sull'argomento, una proteiforme creatura piena di difetti, un artista complesso e problematico che si barcamena tra riconoscimenti divistici molto pop (fu la prima grande star universale, famoso nell'intero globo terracqueo al pari di Buddha e di Gesù Cristo) e la sublimazione mai completamente realizzata di un'infanzia reietta e miserabile, che continuò ad assillarlo sino agli ultimi giorni della sua lunga vita.
Ackroyd, considerato uno dei più grandi scrittori viventi, riesce a trasmetterci con appassionata meticolosità la desolazione del giovane Charlot alle prese con i sotterranei di una Londra lividamente edoardiana ma anche la sua inossidabile (quasi patologica) fiducia nel proprio talento. Chaplin venne scritturato da una compagnia teatrale (quella di Fred Karno, suo primo mentore che gli insegnò l'arte del palcoscenico) e nelle sue fila sbarcò in tour sulle coste di una terra, l'America, che gli concesse in breve d'imbastire quella che sarebbe stata una folgorante, irripetibile carriera - salvo poi disamorarsene, in epoca mccarthysta, con l'accusa di mancanza di patriottismo.
Inediti retroscena della vita privata dell'artista (quattro mogli, undici figli e uno sterminato numero di amanti) e continui rimandi ai suoi capolavori rendono appassionante questa biografia: si scopre che Chaplin lavorava senza sceneggiatura improvvisando come un pittore sulla tela (oggi, coi costi proibitivi del cinema, sarebbe impossibile) e che fosse capace di incredibili piazzate di pura crudeltà coi suoi collaboratori. Preferiva muse piuttosto giovani, e la stessa Paulette Goddard - compagna del comico per otto anni - dichiarò che l'uomo era un amante particolarmente focoso. L'equazione facilmente desumibile dalla mera rievocazione dei fatti è che le frequentazioni femminili siano servite al genio a colmare un vuoto profondo, quello della madre assente qui ripetutamente rievocata, ma che questi rapporti siano sempre stati burrascosi e in definitiva, segnati com'erano da scenate di gelosia e maltrattamenti, infantili e irrisolti. Sarà infine Oona O'Neil, figlia del grande drammaturgo Eugene, a rendere finalmente adulto "il piccoletto con i baffi". [di Charlot avevamo parlato anche qui]

Charlie Chaplin
Peter Ackroyd (Ed. ISBN)

3 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

Charles Chaplin e Stan Laurel guardano Lady Liberty nel crepuscolo dal ponte della nave che li consegnerà al Nuovo Mondo dove, ancora non lo sanno, riscriveranno la grammatica e la sintassi della Nuova Arte.
Chap sogna di mettere in scena una storia di cowboys che duri lo spazio di una notte in un villaggio deserto dove i Buoni e i Cattivi combattano intorno ad un tavolo con panini che si prendono a calci trafitti da forchette, camera fissa su quel grottesco e minimale slugfest'n'slapstick.
Stan sogna di dirigere ( Laurel è stato un regista di non grande successo fino al sodalizio con Ollie Hardy ndr ) una parodia di un tiroassegno da fiera strapaesana con il Santo degli Assassini, inquietante come un pipistrello in fuga dall'inferno, che spara a ciccioni con i baffetti che si stagliano nel cielo come in un quadro di Magritte. I due si guardano e si ri-conoscono come capita, a volte, a chi ha il dono e la maledizione di una immaginazione senza freni. Cominciano a parlare fitto fitto e progettano un gangsta movie con i Babbi Natale della quinta strada inseguiti dalla carne guasta di zombie bovini in fuga dalla zona dei mattatoi cento anni prima che diventasse la Washington Mews di Martin Mystere. Sono felici come bimbi perchè il mondo è il loro balocco ed il futuro non finirà mai. Bastard Keaton - che non è mai stato bimbo - li guarda scendere dal bastimento e li ri-conosce eccetera e sarebbbe tentato di bruciare il loro castello di carte e di spiegare loro che tutte le strade portano al viale del tramonto e a una villa dove si gioca a carte tra spettri, ma ha uno dei suoi rari, rarissimi, sorrisi e passa oltre. Adoro il lieto fine.

sartoris ha detto...

@Crepascolo, a parte i tuoi piacevoli deliri ti suggerisco di gettarlo per davvero un occhio su questo volume: una gran bella lettura per chi ama il cinema e il genio :-)

CREPASCOLO ha detto...

Potrei anche sporgermi dal sedile posteriore della mia limo bianca lunga come una notte con un ascesso che la mia sposa pilota ai matrimoni dei cinesi nel ns quartiere Isola ( Milano ndr ) e rapire una copia del libro da una bancarella se fossi sicuro di trovarci dentro la parola proteiforme. Vedremo.