venerdì 23 novembre 2012

lettera aperta al titolare...

Carissimo Omar Di Monopoli,
è consuetudine di questo piccolo blog parlare dei bei libri che si sono letti con aria scanzonata e con il piglio di chi vuole recensire senza dichiararlo. Nel tuo caso farò una felice eccezione. Parlare di libri, di letteratura e dei suoi autori, di solito richiede un certo distacco. Ci si può profondere in adulazioni sperticate per uno scrittore e le sue opere, sempre cercando di ricalcare i solchi della propria onestà intellettuale, ma l'imprimatur finale del lettore, il guizzo selvaggio dell'approvazione ultima, arriva coscienti del fatto che probabilmente quello stesso autore non verrà mai a saperlo.
Sapere invece al contrario che l'autore stesso, con grosse probabilità, leggerà le tue righe, mette le cose sotto una luce decisamente diversa. Ecco perché NON recensirò quello che fu il tuo libro d'esordio, ma semplicemente te ne parlerò come tra amici al bar. Io prendo un'acqua tonica, grazie, che ho scoperto che forse la birra mi fa un po' d'intolleranza.
Uomini e Cani l'ho letto in pochissimo tempo. È stata una corsa, è volato in un lampo. Mi ha folgorato sulla via di Damasco, ebbene si, sfolliamo subito a manganellate i capannelli fatti da possibili dubbi. La lettura è cominciata senza aspettative particolari, non me ne volere. Non sono mai riuscito ad infondere troppa fiducia negli scrittori italiani contemporanei. E quel poco che ho letto, con qualche doverosa eccezione che non starò qui a citare, non mi è piaciuto. Il tuo primo libro è diverso. È brillante di una luce accecante e primitiva (ma davvero parlerei in questo modo se fossimo seduti al bar?), si è fatto leggere in poco tempo perché certe situazioni non possono proprio aspettare. Come puoi pensare di andartene a dormire senza sapere quella tipa nel pozzo che fine farà O come finirà quella lite con Buba fuori da quel bar del centro?
Quali sono i punti forti di questo libro? I personaggi su tutti gli altri. Una costruzione che, evidentemente, ti viene naturale, visto che alla fine chi legge ama quelli che sono da amare e odia (disprezza e quasi schifa) quelli che sono da odiare (disprezzare e schifare). Pietro Lu Sorgi è una cometa. Nico, con Lupone al seguito, sembra voler cantare fuori dal coro ma non ci riesce. Buba sembra un Dio nel suo orticello, ma dipenderà per sempre dalla sonnolenta e strampalata vita degli altri, come tutti quelli che sono rassegnati a vivere al sud. Enrico, il giovane sindaco di Torre Languorina, bontà sua, proprio non ce la può fare. Di Don Titta Scarciglia cosa ci dobbiamo dire? E dei Minghella? Che odio. Però a far male ai cani, eh, è come giocare col fuoco, anzi peggio. E Milena? Non se ne poteva restare a Bologna? [continua qui]

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