sabato 20 ottobre 2012

il grande Scerbanenco...

(oggi riportiamo un breve ma intenso ricordo del grande Scerbanenco firmato dall'amico Dario pm Geraci)
Quando conobbi Nunzia Monanni, avevo un'immagine precisa e ben delineata di chi fosse e di che cosa avesse scritto Giorgio Scerbanenco.
Non ci vollero più di due o tre incontri prima che quell’immagine venisse smantellata e ricostruita passo dopo passo con Lei, giornalista, scrittrice e compagna di vita di Giorgio.
Scerbanenco innanzitutto non era una «macchina per fare storie» o almeno non lo era nell’accezione sminuente del termine. Ogni romanzo, ogni racconto, ogni pensiero, traboccava di sentimento, passione, profonda umanità. Leggere Scerbanenco scuote l’anima, commuove, le parole delle quali lo scrittore si avvale non sono meri termini funzionali alla narrazione bensì lame, acuti fendenti che colpiscono “dove” devono colpire nel “momento” in cui devono colpire. Cercando notizie biografiche sullo scrittore nativo di Kiev, si incappa in descrizioni che lo vedono triste ai limiti della depressione, schivo, di animo cupo. Non era così. Giorgio Scerbanenco, nel ricordo delle persone che l’hanno amato era un anima viva, piena di vita, ironica, un uomo che sapeva riversare la sua vitalità all’interno dei propri lavori. Da qui nascono i mille mondi scerbanenchiani, da questa istrionicità prendono vita i romanzi western, quelli di fantascienza, i mistery, i thriller e i romanzi rosa. Ecco, vorrei soffermarmi brevemente sulla produzione “rosa”.
L’Italia ha una mania tutta propria, di relegare la narrativa rosa entro angusti confini, segregarla in polverosi solai dai quali si spera gli scrittori che si sono cimentati con il genere, unitamente alla loro storie, possano non uscirvi mai più. Nel caso di Scerbanenco ad esempio, la narrativa romantica ricopre un buon settanta per cento dell’intera produzione. Un “rosa” di altissima qualità, storie emozionanti, architettate come dei veri e propri thriller che “torturano emotivamente” il lettore tramite un vero e proprio “calvario” dell’anima fino al liberatorio, catartico, finale. Questo era Giorgio Scerbanenco, uno scrittore che in qualunque altro paese che non fosse l’Italia verrebbe studiato nelle scuole al pari di Albert Camus, William Faulkner, Erskine Caldwell, John Steinbeck e molti altri ancora. Se è innegabilmente vero che Scerbanenco raggiunge la notorietà tramite il “Thriller” e il breve ciclo di Duca Lamberti, è altrettanto vero che è l’intrigo in tutte le sue forme e sfumature ad interessare realmente il nostro. Se abbiamo accennato alla capacità di emozionare la platea con incredibili storie d’amore dobbiamo necessariamente compiere una digressione anche nel campo dello “spionaggio”. Ebbene non solo il poliziesco ha visto Scerbanenco misurarsi con il “nero”. Romanzi quali Anime senza cielo; Europa molto amore; Appuntamento a Trieste; Le spie non devono amare; Al servizio di chi mi vuole; Lupa in convento e in parte con il romanzo breve Le principesse di Acapulco, lo vedono impegnato nel campo della spy-story, genere praticamente inedito tra gli scrittori autoctoni. Il marchio di fabbrica c’è sempre, infatti, ognuno di questi romanzi non si limita a esacerbare sterilmente tecniche di intercettazione, strategie spionistiche e imprese supero mistiche dell’eroe di turno bensì, con poche ma intense pennellate ci si pone innanzi una galleria di personaggi profondamente “umani” rimasti intrappolati in “Grandi Giochi” nei quali si ritrovano inevitabilmente smarriti. Di questi e non solo, o non soltanto, di questo era capace Giorgio Scerbanenco, uno dei più grandi Scrittori della storia della letteratura italiana, un uomo che si voglia o no trascineremo fuori dalle fitte coltri di polvere che per troppi anni hanno avvolto lui e la sua straordinaria carriera.
Questo breve ricordo è dedicato alla Sua memoria e a quella di Nunzia Monanni Scerbanenco, due anime che la vita l’hanno vissuta non in lungo (quello siamo capaci di farlo tutti) ma in modo ben più complicato. In “largo”. [articolo scritto per cartoomics.it]

15 commenti:

sartoris ha detto...

Dario, spero non ci siano problemi se ho arbitrariamente ricicciato un tuo articolo, mi sembrava molto bello! (nel caso fammi sapere, basta un click per toglierlo di mezzo:-)

Temistocle Gravina ha detto...

Non posso che concordare in tutto. Ho amato Scerbanenco dalla prima volta che ho aperto un suo libro e, anche se ho letto solo le sue storie "nere", penso che effettivamente tutta la sua produzione debba avere avuto le stesse caratteristiche.

sartoris ha detto...

@TIM, io Scerbanenco lo "incontrai" per caso su una bancarella a Bologna più di un decennio or sono, e mi spalancò un mondo con il suo VENERE PRIVATA. Da allora ho letto tutto ciò che ha scritto (romanzi "rosa" inclusi) e ho il suo santino sul comò :-)

Temistocle Gravina ha detto...

anch'io ho iniziato con Venere privata, ne ho parlato anche sul mio blog. Da allora ho letto tutti i noir che ho trovato.

Fabrizio ha detto...

iniziato con "I milanesi ammazzano al sabato"

sartoris ha detto...

@Fabrizio, e non dimentichiamoci quanto abbia nutrito un certo cinema, il nostro Scerbanenco! ;-)

Anonimo ha detto...

Anche io sono partito da "Venere privata" e non potevo fare diversamente per i suoi riferimenti agli scacchi.Giorgio Scerbanenco grazie ad essi riesce a dipingere Livia Ussaro, l’esca utilizzata per incastrare i responsabili degli omicidi, come una donna tutt’altro che passiva ed estremamente interessante nel suo ruolo di “adescatrice non professionista”. Il vedere una scacchiera “la riportava al tempo del collegio, delle suore di cui ricordava solo il passo frusciante per le camerate, delle mattine buie d’inverno nella gelida chiesa, con la messa che le sembrava eterna, combattuta tra il sonno ancora imperioso e la fame nascente, e la ricreazione in sala nei giorni piovosi, con le gare di “bella lettura”, di ricamo, di dama, di scacchi, perché dovevano essere suore sportive, di spirito agonistico. E per questo ricordo l’unica cosa decente in quell’indecente luogo era quell’astratto geometrico oggetto con quei simbolici pezzi di legno”.
Fabio

sartoris ha detto...

@Fabio: dannati scacchi, sono dappertutto!!! :-)

Anonimo ha detto...

Ma guarda dopo questi due articoli http://www.scacchierando.net/dblog/articolo.asp?articolo=2154 e http://www.scacchierando.net/dblog/articolo.asp?articolo=2185 ne sto proprio preparando un altro con una ventina di citazioni di scacchi tratti dai romanzi polizieschi. Va bene, è una fissazione... :-)
Fabio

Dario pm Geraci ha detto...

Grazie per aver condiviso questo articolo Omar.
Ero molto legato a Nunzia Monanni e l'articolo risale a qualche settimana dopo la sua scomparsa.
Grazie a Lei ho potuto conocere da vicino la statura di Scerbanenco, uno dei più grandi scrittori della letteratura italiana.
Oggi per motivi di "furberia" editoriale lo si relega tra i confini del giallo, ma chi si è cibato dei suoi lavori, di tutti i suoi lavori, anche i più difficili da scovare, sa bene quanto valesse e quanto uno steccato "di genere" lo limitasse.
Grazie di nuovo

sartoris ha detto...

@dario, condivido, io - come ho scritto qualche commento fa - ho amato anche lo Scarbanenco "rosa" :-)

Dario pm Geraci ha detto...

Il migliore, senza alcun dubbio. Ho un sogno, ma rimarrà tale...

sartoris ha detto...

@Dario: sputa, di che sogno parli? (mi sono sempre chiesto se Scerbanenco ha successo all'estero, ne sai niente?)

Dario pm Geraci ha detto...

Guarda, a parte in Francia col ciclo del Duca (ma è risaputo) so che è stato tradotto in Germania. Del sogno te ne parlerò molto molto molto volentieri non appena ci sedremo di fronte ad un bourbon o un calvados o un brandy, beh scegli tu e mi adeguo ;)

sartoris ha detto...

@Dario: spero presto, un bourbon va benissimo ;-)