giovedì 26 aprile 2012

non toccate la donna del cane...

Mai uscito nelle nostre sale e approdato su suolo tricolore direttamente in dvd, Straw dogs di Rod Lurie è (dovrebbe essere) il rifacimento del cult assoluto Cane di paglia di Sam Peckinpah. Ora, è evidente che nessuno potrebbe riattualizzare la vena perturbante e iperviolenta in cui il grande cineasta americano intingeva la sua macchina da presa, a maggior ragione quando si parla di una delle opere più incisive del regista de Il mucchio selvaggio. Il cane di paglia del 1971 (un Dustin Hoffman straordinario) era l’uomo comune isolato dal mondo, una specie di hipster di successo costretto a imbracciare il fucile e a scavallare l'argine che separava il suo mondo borghese e perbene da quello disagiato di un pugno di bifolchi ignoranti, anteponendo la razionalità contro la fede cieca in Dio ma soprattutto la difesa della proprietà privata (la propria casa, ma anche la propria donna) contro la prepotenza e l'abuso. Quel cane di paglia prendendo fuoco bruciava ogni cosa, illuminandosi nella vendetta ma rivelandosi al contempo immagine speculare delle stesse belve contro cui scagliava il proprio odio. Una prospettiva fin troppo radicale che Peckinpah rese sublime film dopo film, arrivando ad assurgere la violenza come la sintesi estrema di ogni rapporto sociale (famoso in tal senso lo stupro da parte dei buzzurri ai danni della moglie - una splendida Susan George - che si rivelava ambiguamente vicino all’amplesso desiderato, al tradimento camuffato dai no e smentito da baci e carezze). Straw dogs ripropone il medesimo assunto banalizzandone in maniera oscena qualsiasi traguardo teorico: il protagonista della vicenda - uno scrittore di successo - ci spiega come nell'antico testo cinese Tao Te Ching siano indicati come cani di paglia coloro che vengono utilizzati, sfruttati e poi messi da parte. I cani di paglia al centro della vicenda qui diventano quindi Charlie e la sua generazione di promesse del football non mantenute, incensati finchè giovani e in gran forma, poi abbandonati dalla società per dar spazio a nuove leve. È quindi netta la volontà del regista (e sceneggiatore) Rod Lurie di distaccarsi dal prototipo, spostando l'attenzione da David ai suoi antagonisti. Se si fa il doloroso sforzo di non considerarlo un remake, la pellicola si fa qua e là piacevole, con una bella rappresentazione dell'ambiente di provincia, ma il tutto tracima lentamente verso un finale assai poco catartico. Con tutta probabilità, il film potrebbe restare nella storia solo in virtù di uno dei cast più sbagliati di sempre: a quarant'anni di distanza dal capolavoro arrivano l'antipatico James Marsden della saga X-Men e la Kate Bosworth di Superman returns (2006) nei panni (insulsi) dei due protagonisti. James Woods è forse l'unico a proprio agio nel ruolo del vecchio razzista isterico mentre la Bosworth, oltre a non mostrarsi mai nuda, non è in grado di sfoggiare quella duplicità di atteggiamento (da vittima sottilmente consenziente) sfoggiato dalla George nella sequenza dello stupro, cosa che compromette e ribalta il senso di misoginia che impregnava la storia originale. Inevitabile sgorbio!

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Povero Woods,ormai al cinema gli propongono solo filmacci :-(

Frank77

sartoris ha detto...

Frank: oggettivamente, hai ragione, eppure Woods è un grande (forse però se lo è ritagliato troppo su di sé, quel ghigno da villain, negli anni)

Silvia ha detto...

Non per lisciarti il pelo, Omar, ma è una recensione davvero magistrale.
Sei davvero in gamba, anche come recensore.

Anonimo ha detto...

@silvia: troppa grazia madame ;-)

Sartoris by Mobile

Annalisa ha detto...

Carino l'inciso finale sulla Bosworth...
:-P

sartoris ha detto...

@Annalisa: intendi immagino "oltre a non mostrarsi mai nuda" vero? Be', inutile fare i politicamente corretti, la George dell'originale si offriva al pubblico generosamente, il che, oltre a deliziare noi maschietti, rendeva plausibile e veritiera la violenza dell'atto...