
Roberto Succo (2001) comincia quindi dal momento in cui, nel 1981, a Mestre, il protagonista diciannovenne massacra i genitori, madre casalinga e padre poliziotto. Dal manicomio criminale dove era stato chiuso evade nel 1986 e si rifugia tra la Costa Azzurra e la Savoia. Là si prodiga in rapine, uccisioni, morti incomprensibili, sparizioni di persone, irruzioni per furto nelle case, violenze carnali; alla fine lo arrestano; si ucciderà nel 1988 in carcere, proclamandosi terrorista e prigioniero politico, inveendo contro il proprio Paese («L'Italia è merda... la camorra e la mafia... l'Italia è marcia»). La vicenda è appassionante, mentre il film non ha una grande anima - anche se offre numerosi spunti interessanti. Bella prova per l'attore italiano debuttante Stefano Cassetti, molto bravo nell'interpretare la frenesia isterica e mai doma del personaggio.

Non c'è analisi in Roberto Succo e non c'è scavo, c'è la perfetta resa della superficie di una vita vissuta border-line. È una pellicola che lascia uno strano perturbamento dentro, forse perché, nella sua incoerenza, nel suo distacco chissà quanto calcolato, riesce a mostrare quanto possa essere incomprensibile la violenza d'un giovane, la sua ferrea lucidità nel preservare la latitanza pur continuando ad aggredire, a trucidare, a violentare donne, ad amare una ragazzina del liceo propinandogli le più oscure fandonie e poi ritrattando. Inquietante.
2 commenti:
Sì, inquieta davvero. E, confesso, è una storia che non conoscevo.
io mi informai per bene, dopo aver visto il film, anni fa, e la vicenda è davvero disturbante (infatti il protagonista del film è assai bravo a restituire un certo senso d'incontrollabilità della follia!)
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