mercoledì 5 marzo 2014

casa dolce casa...

Straordinario archetipo del genere «case infestate», Gli invasati è un capolavoro assoluto della cinematografia di tutti i tempi, perfettamente in grado (ancora oggi) di raccontare attraverso elegantissimi virtuosismi della mdp l'inquietudine e la morbosità di ciò che nel linguaggio esoterico viene definito Homigon: l'insieme di energie eteriche, cioè, che scaturiscono dall'incontro tra la casa/entità e coloro che la occupano.
Realizzato nel 1963 da un Robert Wise in formissima (è anche il regista di molte perle della Hollywood più creativa, tra cui, per dire, West Side Story) il film è la riduzione del caposaldo della narrativa gotica The Haunting of Hill House (1959), pubblicato in italia come La casa degli invasati (Siad 1979; Mondadori 1989, 1993 e '98) e L’incubo di Hill House (Adelphi, 2004). Ne era autrice l'immensa Sherley Jackson, scomparsa un biennio dipoi dall'uscita della pellicola a soli quarantotto anni dopo aver dato un decisivo contributo alla letteratura a stelle e strisce con ritratti di vita familiare ma soprattutto con una serie di racconti e romanzi venati di nuances sovrannaturali, sempre sospesi sul crinale di un «gotico americano moderno» che spiazza il lettore giocando sull’apparenza e insinuando languori ultraterreni. La leggenda racconta che Wise lesse sul Time Magazine la recensione della novella in questione, e ne rimase colpito al punto di fiondarsi dalla scrittrice per chiederle i diritti. Le domandò anche se avesse mai pensato ad un titolo alternativo, perché il titolo così com'era non poteva funzionare sul Grande Schermo. La Jackson gli svelò allora di aver preso in considerazione anche «The Haunting», e così Wise decise di usarlo per la sua pellicola (è infatti questo il titolo originale) che si rivelò un successo.
La storia s'impernia sulle vicende di un antropologo che affitta un'antichissima magione - sulla quale circolano voci di possessione - nei paraggi di Boston per poter effettuare una serie d'esperimenti in campo extrasensoriale. Accompagnato dal giovane nipote della proprietaria e da due sensitive vedrà tramutare, nell'arco di alcune notti, l'iniziale scetticismo blasé in puro e semplice terrore. Grazie ad uno splendido cast - ma soprattutto ad una location reale, la casa maledetta, che non fu ricostruita su un set ma esiste veramente - il cineasta edifica un'opera horror sofisticata da cui traspare tutta l'eccellenza della sua arte, una summa di esperienza e talento in grado di scandire il ritmo a ondate irregolari di percezioni terrificanti ma senza mai mostrare l'orrore spudoratamente, lasciandolo piuttosto intuire attraverso la paura di chi quell'orrore se lo porta dentro e saturando lo schermo d'immagini perturbanti, magistralmente dispiegate in un b/n nitido e straniante. E a tutto questo aggiungendovi un sonoro da brividi, davvero efficace, mai ridondante ma azzeccatissimo. Pur con la legnosità di alcuni dialoghi (sono pur sempre gli anni '60!) la pellicola ancora oggi regala un'atmosfera sinceramente inquietante, che lascia di stucco per la sua potenza. Bravi gli interpreti, soprattutto la dark-lady in odore di deviazione saffica Claire Bloom, una decina di anni più tardi musa sublime (anche in negativo, dopo la separazione) di quell'altro mito della pagina scritta che è Philip Roth. Chapeau!

4 commenti:

LUIGI BICCO ha detto...

Ne sapevo pochissimo e il film non l'ho mai visto. Presumo quindi che film come Amityville Horror (che è del 1979) gli siano debitori, in qualche modo. Anche se non riguarda direttamente storie "familiari".

sartoris ha detto...

Recuperalo, Gigi. È l'abc di ogni possessione di casa a venire :-)

CREPASCOLO ha detto...

Phil non si è mai davvero ripreso. Non ha elaborato, sedimentato, metabolizzato, filtrato.
La scorsa estate sono andato a trovare nel sud della Francia il mio ex allievo e buon amico Robert Cryumb che sta riducendo a fumetti il Mahābhārata. O sta scrivendo di una setta Bauhaus a Manaus: con Bob non si sa mai. Io propendo per la seconda che ho detto perchè Bob stava tutto il tempo a guardare i cartoons della Bananas in Pyjamas con Crepascolino, ma sto divagando, cosa che non è da me. Era ospite anche Roth - il suo programma era allontanarsi per una settimana dal romanzo a cui sta lavorando ( " Sarà una nuova Pastorale Americana: la storia di uno scrittore che ha evocato una musa e l'ha calata nel corpo della moglie e diventa geloso del catalizzatore del suo talento fino a consumarsi in una apologia del nulla come somma dei Falsi Miti del Sogno " ) - e , purtroppo, anche Dave Sim, il papà di Cerebus. fumetto di culto anni fa. Dave ha dato una nuova dimensione al termine misogino - ti risparmio le sue opinioni sul matriarcato ed il femminismo perchè la rete ne è colma - e non gli pareva vero di poter riaccendere il fuoco sotto i piedini di Phil. La più strana vacanza della mia vita. Crepascolino e Bob ricoperti di vernice gialla nei loro completi di lino a rigoni declamavano versi indiani sulla importanza del caucciù mentre Dave e Phil scrivevamo una Nuova Dichiarazione di Indipendenza del Maschio. Fortunatamente la casa era stregata - appartenuta ad un nobile latifondista decollato durante il Terrore - e, dopo il crepuscolo, il circo fu interrotto da un sonoro " bloom !" , segnale che il visconte giustiziato era stufo di tutta quella confusione. Uscimmo a riveder le stelle. Crepascolino aveva fame. Avevo solo una baguette che divorò.

sartoris ha detto...

Crepa, devo ancora decidere se questo strano stordimento che mi accompagna alla lettura dei tuoi commenti è un trip buono e giusto o se mi tocca modificare le dosi per non abusarne :-)