giovedì 16 dicembre 2010

Lo Zeus del noir: James Cain

Il postino suona sempre due volte e La morte paga doppio sono i suoi libri più noti (anche grazie alle belle pellicole che questi due splendidi romanzi hanno ispirato) e James M. Cain può essere considerato a tutti gli effetti il padre del genere noir (assieme a Hammett e Chandler, obviously!). Aprire le pagine di una qualsiasi delle sue opere equivale a catapultarsi in un'epoca costellata di scarpe laccate, doppiopetti a righini, mitra spianati e fatalone assassine che accendono passioni insane al ritmo d'un pezzo swing: Cain, «beone naif e petulante» secondo il grande regista Billy Wilder - che pur odiandolo ne era ammiratissimo - ha saputo trasformare queste coordinate in uno stile senza tempo, contribuendo ad incastonarlo nell'immaginario collettivo. Serenata è sicuramente il suo lavoro meno celebrato, anche perché Hollywood non potè impadronirsene subito (a causa dell’argomento, troppo scabroso per gli anni della pubblicazione, si dovette attendere il 1956 per avere una versione in celluloide, invero scialba, con Vincent Price), eppure siamo dinanzi ad un noir decisamente efficace, strutturato come una opera lirica che trascina il lettore sino all’inevitabile, tragico epilogo. La trama, scabra ed essenziale, è calibrata in un crescendo di emozioni: la storia di un giovane e promettente baritono che dopo aver lambito il successo negli USA, perde la voce ritrovandosi solo, al verde e disperato in Messico; sulla soglia del baratro, costui incontra - uno di quegli incontri che ti cambiano la vita! - una bellissima prostituta di sangue indio. Grazie a lei e a un colpo di fortuna riprende avventurosamente la via degli States, dove la scalata verso il successo ricomincia miracolosamente. La voce è nuovamente al top, il successo è arrivato e la vita di nuovo gli sorride, ma il destino si ripresenta implacabile a perseguitarlo: un segreto custodito sino allora gelosamente raffiora a scompaginare il nuovo ordine esistenziale. Il passato torna nella persona d'un torbido direttore d'orchestra multimilionario e la situazione precipita quindi - in un amen - in quel dramma che il lettore aveva presagito sin dalle prime righe del libro. Esemplare la capacità dell'autore di creare attorno alla vicenda una allure di pathos scoppiettante, in cui erotismo e violenza aleggiano pulsando sino a manifestarsi in maniera deflagrante - peraltro con l'utilizzo di ben poche descrizioni e di dialoghi scarni e serratissimi. Ad un romanzo siffatto si perdona quindi volentieri la forse eccessiva pedanteria nel documentare ciò che ruota attorno alla scena musicale dell'epoca, la guerra tra star del teatro lirico, il cinema e la radio, tutte cose ormai ben distanti dal mondo contemporaneo e che pure sono una componente non prescindibile del fascino di questo libro immortale. Prezioso e immarcescibile.

Serenata - James Cain (Ed. Adelphi)

4 commenti:

marco ha detto...

A livello dell'importanza storica di Cain probabilmente hai ragione, ma avendo letto questo romanzo senza saper nulla della storia sono fortemente rimbalzato sul motivo per cui il cantante perde la voce.
I vari elementi politicamente scorretti - dal casuale razzismo verso i messicani alle donne che sotto sotto sono contente se le prendi con violenza, perché allora sei uno stallone - sono in fondo gli stessi che si ritrovano in tanti romanzi dell'epoca, ma qui c'è l'ambizione di essere uno studio serio su mascolinità, femminilità etc - che lo rende abbastanza ridicolo, oggi che non sarebbe più scabroso.

sartoris ha detto...

@marco: non v'è dubbio trattarsi di un romanzo datato, però è nella ricostruzione del periodo, nella capacità di restituire un'epoca e nella sapiente costruzione dei dialoghi che Cain assurge a Maestro.

Poi, sai, comunque stiamo parlando di un romanzo vecchio di quasi ottant'anni... e la materia nelle mani di Chandler e Cain era tutta in divenire (un po' come Chaplin con il cinema, oggi è fin troppo semplice criticarne l'ingenuità, però lui e Buster Keaton hanno inventato un mondo che non esisteva:-)

Annalisa ha detto...

Ma se devo scegliere, meglio questo, Il postino o La morte paga doppio (che ha un titolo bellissimo)?

sartoris ha detto...

bhè no, il postino è forse una tacca più su, un gioiellino (datato anche questo, certo, però denso di un fascino torbido che secondo me vale ancora in toto:-)