mercoledì 18 dicembre 2013

Faulkner in Italia: un vecchio pezzo della Pivano.

Il grande scrittore Premio Nobel 1949 è stato battezzato da un ministro metodista col nome William Cuthbert Faulkner il 25 settembre 1897. La sua semantica è stata studiata in tutte le università del mondo, le sue tematiche sono state esaminate in migliaia di tesi di laurea; dopo averlo svillaneggiato e sbeffeggiato nel momento della sua creatività più intensa, lo hanno fatto girare per tutto il mondo a fare conferenze, che ha affrontato con ironia vendicatrice sottraendosi ai discorsi teorici e presentandosi come un contadino. In Italia è venuto per la prima volta molto prima delle conferenze, quando aveva 28 anni e usciva dall'esperienza di New Orleans, dove Sherwood Anderson lo aveva introdotto alla propria prosa irresistibile e gli aveva dato il consiglio che fece la sua fortuna: quello di scrivere «sul fazzoletto nel Mississippi di terra dove era nato». A New Orleans aveva fatto amicizia con Williams Spratling, un pittore, scrittore e organizzatore di feste e riunioni che raccoglievano gli intellettuali del posto. È stato Spratling a suggerirgli di venire in Europa, con 70 dollari in tasca ma alcune lettere di presentazione per Ezra Pound, James Joyce e T.S. Eliot. Faulkner non usò le lettere; invece si trovò al centro di avventure imprevedibili che hanno fatto la felicità dei biografi. Spartling e Faulkner partirono sulla nave da carico "West Ivis" e il 2 agosto 1925 il capitano McLain approdò al porto di Genova, diretto a Napoli. Ma Spratling e Faulkner scesero a Genova, in cerca di uffici cambi che pero' erano tutti chiusi. L'ufficiale in seconda affermò di sapere dove cambiare i dollari e li condusse in un cabaret foderato di velluto rosso; appena seduti a un grande tavolo erano stati raggiunti da alcune ragazze di buona compagnia. La compagna di Spratling lo aveva distolto dal gruppo per appartarsi con lui e l'avventura era finita con la comparsa dei carabinieri che avevano portato via Spratling facendogli passare la notte in prigione. Poi Spratling aveva preso un treno per Roma e Faulkner aveva proceduto lungo la costa per vedere quello che Yeats chiamava la "sottile linea di madreperla spezzata di Rapallo", dove aveva vissuto Ezra Pound. Poi aveva preso il treno per Milano: di li' aveva mandato una cartolina alla madre impressionato dai "merletti di pietra" del Duomo e aveva proseguito per Stresa, dove avrebbe dovuto incontrare Spratling. Da Stresa era andato nel villaggio di montagna di Sommariva a vivere coi contadini, falciando l'erba con loro, mangiando con loro pane e formaggio e ritornando al villaggio al tramonto. Poi aveva incontrato Spratling ed erano andati a Montreaux, a Ginevra e a Parigi. Era ritornato in America il 19 dicembre 1925. La gita in Italia diventoò col tempo una via di mezzo tra uno sbiadito ricordo e un romantico tema da tenere nello scrigno del materiale utilizzabile in un libro. Quando era ritornato in Italia nel 1953 era ormai uno scrittore famoso ma gia' tormentato da amori sfortunati e già all'inizio della sua disintegrazione alcolica. Lo aveva chiamato a St. Moritz il regista suo amico per tutta la vita Howard Hawks per lavorare alla sceneggiatura del film Land of the Pharaons (Terra dei Faraoni). Faulkner si lamentava perche' non sapeva come parlassero i faraoni e proponeva di farli parlare come colonnelli del Kentucky. Howard Hawks, un po' preoccupato, il 4 dicembre 1953 lo aveva portato per due settimane a Stresa sperando che la nostalgia dell'avventura di giovinezza lo rasserenasse abbastanza da farlo lavorare. Erano ospiti di un amico di Hawks in una tenuta sul lago. Poi Hawks il 19 dicembre 1953 lo aveva sistemato a St. Moritz, con l'idea di farlo restare fino al 15 gennaio. Faulkner continuava a bere e nel suo oceano di Bourbon il 24 dicembre 1953 aveva conosciuto la bellissima e ricchissima diciannovenne Jean Stein, innamorata pazza di lui che aveva cinquantasei anni. Jean lo aveva conquistato trattandolo da artista invece che da "celebrità" come avveniva di solito in America: aveva ottenuto la fiducia di Faulkner che, contro le sue abitudini, le aveva offerto la spiegazione fino ad allora segreta delle sue tematiche: Jean lo ascoltava incantata e subito in quei giorni scrisse la famosa intervista che uscì sulla Paris Review nel marzo 1956 e resta il documento più sicuro dei pensieri di Faulkner. Dopo qualche girovagare in Europa, lo scrittore il 19 gennaio 1954 era venuto a Roma, e all'hotel Excelsior aveva discusso con Humphrey Bogart e Lauren Bacall la notizia secondo cui Hemingway era dato per morto in un incidente aereo in Africa. Nelle interviste a Roma aveva difeso Hollywood, ma la sua intenzione era in realta' del tutto assorbita da una questione legale a proposito di A Fable, il fluviale romanzo appena finito. A rasserenare Faulkner era stato l'arrivo di Jean Stein, venuta da Parigi all'insaputa della famiglia, ma la felicità di Faulkner era stata di breve durata perche' gia' il 15 febbraio aveva dovuto andare al Cairo, arrivando cosi' ubriaco che dall'aereo era stato portato via in ambulanza. A Roma ritorno' il 28 agosto 1955, inviato dal governo, trovando di nuovo Jean Stein ad aspettarlo. L'ambasciatrice Claire Boothe Luce lo invitò a colazione con Alberto Moravia, Ignazio Silone e alcuni altri letterati, ma senza Jean, e Faulkner rispose a monosillabi alle loro domande. Poi erano ricominciati i suoi doveri del viaggio ufficiale, il 9 settembre, con un centinaio di giornalisti romani, il 12 settembre con ottantacinque napoletani, il 14 con cinquanta milanesi: ottanta quotidiani e dodici settimanali parlarono di lui. Il 14 settembre '55 era andato a Milano invitato dalla rivista Epoca della Mondadori, e al ristorante Savini di allora, in una fantasmagoria di lusso e di potere, Alberto Mondadori, grandissimo editore, aveva espresso a Faulkner la sua magari un po' ciclotimica ma esaltata ammirazione proponendogli una sua Opera Omnia in italiano. Faulkner ne aveva scritto a mano un indice molto particolareggiato, che era stato chiuso nella cassaforte della Mondadori e poi era scomparso, con grande dolore di Alberto. Su richiesta di Alberto, Faulkner aveva scritto alla Garzanti, che aveva pubblicato il romanzo Sartoris, chiedendo il permesso di includere nella Omnia anche questo volume. Nel pomeriggio, non ancora ubriaco, era stato condotto all'Usis, nella deliziosa sede un po' vecchiotta, e soffocato da una folla da concerto rock, affranto dalla fatica e dal caldo, aveva risposto alle domande accademiche dei critici usando il suo repertorio internazionale noto ad alcuni di noi: che lui non era uno scrittore ma un contadino, che quello che gli piaceva dell'Italia erano il pane e le donne, che non conosceva nessuno scrittore italiano. Aveva voluto venire a cena con me, che lo avevo conosciuto a Parigi, mettendoci in gravissimo imbarazzo perché né mio marito né io, a quei tempi della nostra felice boheme, avevamo di che pagargliela, la cena; ma il caro Franco, direttore del Don Lisander di allora, ci aveva fatto credito fino all'indomani. Era cominciata una conversazione deliziosa basata sui ricordi dei cibi che ciascuno di noi aveva provato nei nostri molti viaggi, e conclusa poi in un'esplosione del suo humour quando aveva inventato uno sketch sulla famiglia della signora Tesio, dove doveva andare l'indomani, immaginandola tutta mobilitata a lucidare le argenterie, pulire i tappeti, stirare le tovaglie. Non era stato facile farcelo andare, a quella colazione, ma il 15 settembre '55 aveva finito per ubbidire all'editore italiano e, accompagnato da Guido Lopez, direttore dell'ufficio stampa della Mondadori, si era lasciato trasportare alla famosa scuderia Tesio a Dormelletto, vicino al lago Maggiore, dove la gentile signora lo aveva accolto dicendogli: «Mi dicono che lei parla un po' d'inglese, mr. Faulkner»; al che Faulkner, impassibile, aveva risposto: «A little bit, madam», (un pochino, signora). Il 17 settembre era partito per Monaco. L'avevo accompagnato alla stazione, dove ho fatto la piu' buffa gaffe della mia vita offrendogli una bottiglia di acqua minerale per il viaggio. Mi aveva guardato sbalordito e aveva aperto lo zaino, suo unico bagaglio, per mostrarmi che conteneva solo quattro bottiglie di Bourbon. In Italia non e' piu' venuto, l'Opera Omnia non si e' pubblicata. I nostri giornali quell'anno scrissero che «la presenza di Faulkner in Italia e' stata il principale avvenimento dell'estate». Fernanda Pivano (fonte: la rete)

2 commenti:

LUIGI BICCO ha detto...

Bellissimo articolo. Ne avrà viste Faulkner. Ma pure la Pivano, eh, che ha visto e messo le mani sul meglio del meglio della letteratura di tutti i tempi.

sartoris ha detto...

Faulkner? Un monumento (io ogni sera gli faccio una preghierina prima di andare a nanna;-). La Pivano una grande, certo, anche se negli ultimi anni, prima di lasciarci, stava secondo me un po' sbalestrando (scriveva prefazioni e articoli abbastanza strampalati, a dirla tutta, ma le si perdona questo e altro ;-))))