venerdì 7 maggio 2010

Autofocus (aspettando Fonzi)...

Non è detto che i cani
abbiano sempre 4 zampe...

C’è una salina, in Puglia, nel Salento, che il comune di Languore decide di trasformare in parco naturale. Negli anni, però, abbandonata com’era, c’è stato un insediamento da parte di povera gente, molti anziani, che ormai lì, a due passi dal mare, aspettano solo di morire. Vivono in delle catapecchie, rendendo inutile la presenza di un guardiano, Nico, che, pur battendosi a suo tempo per il parco, capisce le loro esigenze. Allora però la lotta aveva un senso, oggi un’altro. A parte i poveracci che ci vivono, lo stesso parco negli anni s’è degradato, la fauna s’è più che dimezzata, la spiaggia s’è ridotta, non ci vengono neppure più le tartarughe a deporre le uova. Inoltre, Nico, vecchio militante politico, non ha dubbi sul fatto che la delibera comunale abbia a che fare con gli interessi di un costruttore edile, don Titta Scarciglia, boss della zona. Il sindaco sembra non rendersene conto. O soffoca dentro di sé i suoi dubbi. Per anni, suo padre s’era battuto, accanto al vecchio guardiano, per trasformare la salina in parco naturale. E il fatto, ora, di esserci riuscito lo riempie d’orgoglio, gli sembra di essere riuscito là dove il padre aveva fallito. Ma è quasi una rivalsa nei suoi confronti. Nico lo sa e sente il dovere di andargli a parlare. C’è un bel dialogo tra loro, un confronto teso e implacabile che misura però il tempo e le prospettive cambiate, e che si conclude con l’amaro rimprovero del sindaco: «Delle volte penso che forse non saremmo con l’acqua così alla gola se voi, tu, papà e gli altri, vi foste mossi nel senso giusto sin d’allora». L’acqua alla gola significa l’ordine di sgombro, l’invio dei vigili urbani, la sorda opposizione dei pochi, ostinati occupanti del parco. Tra questi una vecchia ostetrica. A una ragazza, Milena - fuggita al nord per sfuggire a un corteggiamento ossessivo e pericoloso, tornata di nascosto per ritrovare il padre – che la va trovare, quella racconta: «C’ho quasi ottant’anni e quello mmùcito del sindaco s’è messo in testa di mettermi in mezzo a ‘na strada, ecco come sto. E pensare che l’ho fatto nascere io, a quello, con queste mani qua. Altro che parco naturale. Era stato meglio ci lu ‘nfucava, era». Ma la rassegnazione o il rimpianto non è da tutti. C’è anche chi prende il fucile e spara. Come Pietro Lu Sorgi, noto per la sua vita solitaria, da essere soprannominato l’eremita. Spara su una coppia di vigili urbani, un uomo e una donna venuti proprio a sollecitare lo sgombro. L’uomo viene massacrato, la donna presa e segregata tra le immondizie e i topi della catapecchia in cui vive. Dopo alcune ore cominciano le ricerche. Nessuno ha visto e sentito nulla. Arriva pure un elicottero della polizia a sorvolare l’area. I due vigili urbani sembrano essersi dileguati, chissà forse una storia d’amore tra loro… Il finale lasciamolo ai lettori. Perché la storia è quella che racconta Omar Di Monopoli nel suo romanzo Uomini e cani edito da ISBN. Un romanzo dal grande ritmo narrativo, l’incedere di un western, la passione sociale, l’innesto dialettale che, nelle circostanze, rafforza la scrittura, il finale da thriller. In mezzo, tante vite, quella di Za Uccia e il suo piccolo supermercato, di Nico con il suo cane di guardia Lupone e la coscienza politica, forte di una passione delusa dall’epilogo di un sogno, e l’amico Buba, reduce dai Balcani, che ha ancora negli occhi le devastazioni, i morti, le città in fiamme, e Milena, la figlia di Sputazza, e appare bellissima mentre nuda s’immerge nel mare. Ma soprattutto c’è il boss Titta Scarciglia, che se la fa con i ragazzi. Vecchio com’è, li invita a cena con la promessa di un’assunzione e poi tenta di sedurli e, alla loro opposizione, li ricatta. «Dirò che mi hai aggredito per derubarmi». Metodi che usa con chiunque, nessun scrupolo. Come non ne ha nel cementificare la zona. La vicinanza del parco renderà più cari gli appartamenti per quanti intenderanno comprarli. Uomini e cani, appunto, dove i cani non è detto che siano quelli a quattro zampe.
(Diego Zandel per La Rinascita della Sinistra)

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