venerdì 9 aprile 2010

L'ironia amara di Sozzo...

Seconda prova narrativa per Tony Sozzo, giovane autore salentino, che pubblica Nolente ancora una volta per Lupo Editore. Dopo L’eterna cosa peggiore, ritorna la prosa limpida e secca, con l’irrinunciabile gusto per l’allusione - più che per la citazione esplicita - di uno scrittore che ammette senza remore di amare le opere in cui sia distinguibile la voce dell’autore. Ed è innegabile che nei testi di Sozzo, anche nei racconti brevi pubblicati in giro, sia forte la presenza di un io che assorbe, mastica e rimanda al lettore ogni brandello di realtà circostante. Ogni cosa - l’intera storia - viene filtrata attraverso l’esercizio continuo (estenuante?) dell’ironia amara e spiazzante del protagonista. Un protagonista che, come nel primo romanzo di Sozzo, ha consapevolezza e orgoglio a proposito della propria condizione di inetto moderno. Inadatto alla vita, un po’ arreso e barricato dietro la propria cultura senza confini. Che sia Dante o l’Uomo Ragno, cambia poco: essenziale è mettersi al riparo. Anche sotto un letto che, in fondo, è il posto più vicino al centro della terra.
Val poco parlare della trama, dell’intreccio: primo, perché accade pochissimo, e i pochi colpi di scena vanno lasciati lì dove sono, dietro gli angoli, senza rovinare la sorpresa al lettore; secondo, perché appunto non è tanto l’intreccio che interessa a Tony Sozzo; la «trama» qui è quella intrapresa dal fiume interiore, dall’epica tutta interna del protagonista, che solo dentro se stesso è capace di assumere un profilo - perché no - in qualche modo eroico. Purché tutto, per merito di quell’ironia che crea ponti tra mondi lontanissimi, tutto possa essere rovesciato e sacrificato sull’altare della leggerezza. (contributo di Marco Montanaro)

Tony Sozzo Nolente (LUPO Editore)

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