martedì 15 settembre 2015

danza di morte...

Verso il finire degli anni settanta un amico editor suggerì al venerabile maestro dell'Horror di stilare una sorta di tassonomia del genere da lui rappresentato, cercando di contestualizzarla all'interno della cultura americana. Essendo un argomento sterminato, Stephen King si limitò a considerare il periodo che va, grossomodo, dagli anni cinquanta fino alla fine degli anni settanta (ma poi, nel successivo On writing il re del brivido in qualche maniera allargò e portò a fine l'analisi): il risultato è questo seminale Danse Macabre, un saggio in cui, oltre alla critica elencazione di film, telefilm, radiodrammi e romanzi dell'orrore che lo hanno formato, lo scrittore ci regala spezzoni autobiografici sulla sua personale attività di narratore e una serie di istruttive riflessioni sul genere e sulla letteratura tout court. Danse macabre contribuisce, inoltre, a fare piazza pulita di un pregiudizio che, scrive King, abbiamo tutti ben piantato nel cervello, cioè che «l'interesse per l'orrore non è sano ed è aberrante».
Secondo l'autore gli archetipi che costituiscono il germoglio di gran parte delle creazioni del genere sono sinteticamente riassumibili in tre blocchi - definiti da King le «carte dei tarocchi» dell'orrore. Il primo blocco è il "vampiro", alla cui base c'è il romanzo di Bram Stoker Dracula. Il secondo è invece il "lupo mannaro" - inteso, in senso più ampio, come l'individuo che cela il turpe al di sotto delle sue sembianze normali -, rappresentato in primis dal Dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson. Il terzo blocco è, infine, "la cosa senza nome", il cui prototipo è ovviamente il Frankenstein di Mary Shelley (o, per essere più precisi, la creatura a cui dà la vita il dottor Frankenstein). Ci sarebbe, in realtà, anche un quarto archetipo, quello del "fantasma", ma questo è in realtà più antico e diffuso e il romanzo che meglio lo descrive - Il giro di vite di Henry James - esula dalla letteratura di genere per la sontuosità dello stile narrativo e per il valore «altro» dell'opera. Nei capitoli a seguire King ripercorre quindi con grande acume la storia più o meno recente di cinema e narrativa dell'orrore cercando di rilevare la declinazione di questi archetipi originari.
«[I film dell'orrore] non celebrano la deformità, ma indugiando sulla deformità cantano la salute e l'energia. Mostrandoci le miserie dei dannati, ci aiutano a riscoprire le gioie minori (ma mai meschine) delle nostre vite. Sono le sanguisughe da barbiere della psiche che, invece di succhiarci via il sangue cattivo, ci succhiano via l'ansia... per un po', almeno».
La lettura di Danse macabre è indubitabilmente utilissimo strumento per chiunque voglia cimentarsi con la scrittura; attraverso questa sorta di cornucopia King ci offre numerosi spunti sull'Arte, conducendoci in un viaggio alla scoperta delle migliori menti del genere e sulla metodologia di costruzione di una storia ad effetto. Il penultimo capitolo è dedicato a quelli che, secondo Stephen King, sono i dieci migliori romanzi dell'orrore del periodo in questione, analizzati con piglio mai baronale e anzi molto accessibile e gustoso. Altrove invece si concentra sulla pellicola dell'orrore come «cibo spazzatura» e si diverte a fornirci lista degli esempi peggiori del genere (bellissima la discussione su film come Robot Monster del 1953). In chiusura: guida ragionata alle opere che non possono mancare nelle nostre video/biblioteche.

Danse Macabre - Stephen King (Ed. Frassinelli)

1 commento:

CREPASCOLO ha detto...

Non l'ho letto, a differenza di On Writing, ma prima o poi rimedierò, lo so. Devo solo attendere il momento in cui il volume salterà da uno scaffale della libreria in cui mi starò aggirando e mi colpirà al cuore come un paletto di frassin-elli, parodiando la scena iniziale del primo Ghostbusters. Non sono tanto d'accordo con il mio amico ed ex allievo Steve sul lupo mannaro che associo al desiderio inconscio di tornare l'animale libero e selvaggio che riposa in tanti e non in tutti: personalmente non riesco a concepire una giornata che non passi x una colaz con brioche salata, il disegno di una foglia con la polvere di cacao sul cappuccino e la notizia che si traduca l'opera omnia di Mike Parobeck, ma ammetto sia possibile altri in cuor loro vorrebbero correre nudi e pelosi dopo il crepuscolo e cibarsi di Bambi. Il vecchio Frank, sempre secondo il mio sindacabilissimo parere, non è tanto la " cosa senza nome " che è invece , per quel che mi riguarda, la spezia Ics con cui la mia dirimpettaia continua imperterrita a condire le pietanze nononstante le lettere anonime di cui naturalmente non so nulla, quanto il tentativo di superare il Creatore sulla corsìa di emergenza, fazzoletto che sporge dal finestrino del passeggero, e cucinare un accettabile succedaneo di vita.
Segnalo un capitolo mancante di On Writing in cui Steve spiega che, dopo la lieta novella del contratto x Carrie e dopo che anche la sua sposa ha realizzato che ora avevano i dindi sufficienti " a comperare un asciugacapelli nuovo " ( dal testo ndr ) ed altro ancora , il dinamico duo è uscito a festeggiare e ha bevuto una quantità invereconda di doppio malto. La signora King ha rotto una vetrina di un negozio specializzato in maschere di Halloween ed il signor King, in costume adamitico e con la maschera di Boris Karloff come si vede in Arsenico e Vecchi Merletti, si è messo a correre x il bosco intorno a Bangor. Clive Barker era in campeggio da quelle parti con la scuola e ha visto, al chiarore del fuoco davanti alla tenda, un tizio biotto dal muso patibolare che saltellava intorno inseguito da una donna con un phon ed un chilometro di prolunga ed ancora oggi non si sa spiegare di cosa è stato testimone. So goes life.