giovedì 29 maggio 2014

The Verdict di Lumet...

Frank Galvin ha un passato da avvocato brillante, ma vittima di penose circostanze familiari si è dato all'alcool riducendosi a non poter più difendere alcuna causa in tribunale; vivacchia quindi come «cacciatore di ambulanze», ossia facendosi attribuire la causa di piccoli incidenti cercando di vincerle per vie pacifiche in cambio di modeste parcelle. Il resto del tempo lo trascorre nei bar o a giocare a flipper assieme a un'accolita di vecchi amici tranquillizzanti. Ma quando gli casca un caso importante tra capo e collo, l'afflato di giustizia primigenio risorge in lui, redimendolo.
Con questo film del 1982 il grande Sidney Lumet ritornò al tema tribunalizio degli esordi (porta la sua firma infatti l'indimenticato La parola ai giurati del 1957) ma Il verdetto, oltre a restituirci integra la peculiare capacità del regista di fondere suspence e analisi sociale, è anche un ottimo esempio di cinema professionale, confezionato secondo i dettami dell'intrattenimento di Hollywood senza che questo comporti alcuno scotto in termini d'impegno autoriale. Reduce da il Principe della città, dove affrontava il (mal)funzionamento della polizia americana (l'aveva già fatto con Serpico, e con Quinto potere gli strali erano passati tutti contro mamma-Tv), il regista torna a prendersela con i medici, i magistrati, gli avvocati e gli uomini di chiesa, bersagli sgraditi al grosso dell'opinione pubblica americana che contesta i privilegi di certe corporazioni, nelle cui mani è il potere. E il film è obiettivamente intenso - al di là di certe semplicistiche accuse al sistema - per il merito congiunto del grande drammaturgo e sceneggiatore David Mamet, che forgia bei dialoghi tesi, di attori di prima classe (un Newman assolutamente in parte, credibile nel ruolo di sconfitto di valore, ma anche una brava Charlotte Rampling, qui decorativa al punto giusto) nonché appunto per la mano esperta del cineasta, che sino a poco prima della sua scomparsa ha battagliato senza perdere un'oncia del suo sguardo lucido (si veda il magnifico Onora il padre e la madre) regalandoci gioiellini di cinema. Una certa sommarietà psicologica e minuscole incongruenze narrative vengono sicuramente giustificate dalla robustezza della messinscena, che punta parecchio sull'ambientazione autunnale, sugli interni old-fashion di Boston, sui concisi ritratti e sulla bella, bellissima tensione del processo finale.

10 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

Mamet aveva in mente un altro sviluppo. Ottenere lo script mi è costato un organo che fortunatamente avevo in numero pari, ma non chiedetemi oggi di fare la maratona di New York o di fumare una ton di avana. Di seguito una sintesi: Frank non scopre che Lotte passa le info a Mason ( James e non Perry ndr ) e perde la causa. Vende un polmone e prende in gestione una bettola a Parigi dove inizia a farsi chiamare Paul, ingrassa e perde qualche capello. Serpico, lasciata la polizia, si nasconde in piena vista nel ruolo di un detective che risponde ad una hotline collegata ad una radio e trasmette da località nascosta ( combo di Lupo Solitario ed Eddie Shoestring : diavolo di un dave ! ). Incaricato da Warden di scoprire chi ha fregato il suo ex pupillo, Serpico scopre che Mason è ricattabile perchè innamorato senza speranza di una bimbetta in fiore. Ottenuta una confessione, fa riaprire il caso. Lotte, spaventata, scappa nella città della torre Eiffel e dice a Paul di aver avuto la sua notte dell'Innominato, di essere pentita e di amarlo senza speranza. Paul ci casca e la sposa. Lotte inizia una relaz con il papà di Terence Hill, ma decide di piantarlo quando realizza che al suo amante piace vegetare davanti all'ennesima replica di don Matteo. Lascia un post it in cui allude al suicidio appiccicato al 45 giri di Rettore in cui chiede una lametta per tagliarsi le vene. Paul ci casca e cade in depressione fino a che non si imbatte in Marisa Tomei in fuga da una brutta storia di fratelli-coltelli. Paul se ne innamora senza speranza. Marisa decide di piantarlo quando incontra Dave Mamet e Joe Mantegna reduci dal casino' di Montecarlo ( per loro " La Casa dei Giochi " ) , ripieni di dindi. La Tomei dice a Paul che suo cugino Vincenzo sta male e deve tornare negli USA. Paul ci casca e resta a Parigi ad attenderla , giocando a biliardo tutto il dì. So goes life.

CREPASCOLO ha detto...
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Anonimo ha detto...

@crepascolo: qualche volta lo scopo dei tuoi commenti mi risulta oscuro (Pippo)

sartoris ha detto...

@Pippo: a naso è la reazione che il buon Crepa vuole scatenare: un certo - divertito - sconcerto. :-) (non gli riesce sempre, va detto, ma quando funziona è piacevole ;-))))

CREPASCOLO ha detto...

@Pippo: è solo un gioco. La mia variante di six degrees with Kev Bacon. Nessuno scopo particolare. Solo canzonette, come diceva il Tale.

sartoris ha detto...

...Tranqui Crepa, qui sei sempre di casa ;-)

CREPASCOLO ha detto...

Grazie, Omar

Annalisa ha detto...

Io non mi sconcerto, mi diverto assai :-)

(ma avevo aperto per dire che Newman è stato il mio secondo amore, da ragazzina, durato anni e anni e anni e anni...)

sartoris ha detto...

@Annalisa: ti capisco. Anche se sono maschio e eterosessuale Newman ha colpito sempre tanto anche me. È stato, oggettivamente, un dio (bello e bravo come un dio)

sartoris ha detto...
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