lunedì 6 gennaio 2014

Carter torna, spara e se ne va...

Carter (1971) di Mike Hodges era un classico inglese minore, uno di quei film d'azione vecchio stampo che diventano cult per una serie di ragioni abbastanza inspiegabili, magari semplicemente per l'interpretazione azzeccata dell'attore protagonista (l'allora trentottenne Michael Caine nel ruolo del malavitoso laconico, che torna nella nativa Newcastle e fa una strage per vendicare il fratello ucciso). Tratto dal romanzo Jack's Return Home, pubblicato nel 1970 da Ted Lewis, il film impattò subito con i gusti del pubblico al punto che a ruota ne realizzarono una - sbiadita - variante americana con attori neri, Hit Man. Nel remake del 2000, La vendetta di Carter di Stephen Kay, c’è ancora una volta (in poche autoironiche scene ben recitate) Michael Caine, anche se stavolta nella parte del cattivone; il Jack Carter del titolo a 'sto giro è invece Sylvester Stallone e come l'originale non è propriamente uno stinco di santo: infatti redime a suon di pallettoni chi ha dimenticato di saldare i debiti. Alla notizia che il fratello è deceduto in uno strano incidente automobilistico, il gangster molla Las Vegas per raggiungere cognata e nipotina in una Seattle plumbea e piovigginosa.
Come da manuale, l'accoglienza non è delle migliori, ma lui si mette lo stesso ad indagare nell’ambiente frequentato dal fratello, tranquillo barista capitato in uno strano giro di festini ambigui al cui vertice si trova il losco Cyrus Paice (un imponente Mickey Rourke nella prima, tiepida fase del suo rilancio sul grande schermo). Ci metterà parecchio a mettere a posto ogni tassello della storia, ma alla fine l’unica cosa che Carter si vedrà costretto a fare è diventare il randello armato d'una implacabile vendetta. Sly, truccato leggero come uno dei tre tenori, non smuove granché la rinomata fissità del suo sguardo. Il film possiede tuttavia una prima parte adrenalinica e appassionante, che purtroppo via via si sfilaccia diventando sicuramente inferiore al modello (ma questa è quasi una legge non scritta della Settima Arte). Sceneggiato da David McKenna, più a suo agio con gli skin-heads di American history X, la pellicola offre in saldo una splendida scena di corpo a corpo tra Stallone (il pugile finto Rocky) e Rourke (il pugile vero che ha dovuto ricostruirsi il volto per i cazzotti ricevuti sul ring) ed esalta gli ultimi «okay, tutto bene!» cui ci aveva abituato il doppiatore Ferruccio Amendola, di lì a un anno scomparso prematuramente. Strepitosa la colonna sonora, con l'ammodernamento in chiave noise del sound anni settanta.

7 commenti:

LC ha detto...

Comunque il Carter originale è un gran bel film, a mio avviso uno dei migliori esempi del noir britannico, e oltre alla colossale prestazione di Caine permette di vedere anche John Osborne (uno dei più importanti commediografi britannici del Novecento) in una notevole interpretazione: è lui il cattivo.

Tra l'altro, Carter è il film che più di tutti ha influenzato i "crime movies" inglesi degli ultimi anni (Lock, Stock and Two Smoking Barrels di Guy Ritchie, Slevin di McGuigan e moltissimi altri).

Ma è bello soprattutto il romanzo, che meriterebbe finalmente una ristampa; lo sfortunatissimo Ted Lewis era uno scrittore coi fiocchi.

sartoris ha detto...

Purtroppo non ho letto il Ted Lewis originale ed essendo il mio inglese decisamente «zoppo» leggerlo in lingua mi risulterà impossibile. Auspico quindi anch'io ristampa italiana. Comunque Sly nei panni di Carter (quasi mi vergogno ad ammetterlo) non mi è propriamente dispiaciuto...

LC ha detto...

Sono d'accordo. Dopo "Copland" (che è comunque di ben altro livello) mi sembra la cosa migliore di Stallone.

Anonimo ha detto...

very good!

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Goliarda ha detto...

A proposito di Sly.....Cosa ne pensi de Il grande match.....???

sartoris ha detto...

Mah mi fa un po' tristezza se devo dire la verità :-(

(Ciao Goliardissima)