martedì 11 febbraio 2014

Wright: black-boy.

Richard Wright, nato nel 1908 in una piantagione nei dintorni di Natchez, (Mississippi) con Ragazzo negro non ha semplicemente contribuito in maniera seminale all'integrazione sociale dei neri d'America: ha raccontato se stesso e la sua vita in maniera limpida ed appassionante. Nel descrivere la sua dolorosa crescita, la sua precarietà psicologica, i crampi della fame che lo attanagliavano senza mai abbandonarlo, l'autore è stato in grado di mostrare senza finzioni il dramma del razzismo negli Stati Uniti del sud negli anni Venti. L'esperienza di vivere nelle cose, scoprire le parole come arma di liberazione: il coraggio di progettare la propria esistenza proiettandola verso il viaggio dell'utopia come scelta d'una fuga che non è più passiva sconfitta. 
«Ogni volta che il mio ambiente aveva mancato di sostenermi o di nutrirmi, io mi ero afferrato ai libri… Erano state le mie letture occasionali di opere di fantasia e di critica letteraria a suscitare in me vaghe immagini delle possibilità della vita. Questi libri - scritti da uomini come Dreiser, Masters, Mencken, Anderson e Lewis -sembravano esercitare una critica positiva del ristretto ambiente americano. E fu per questi romanzi, racconti e articoli, per l’impulso morale di costruzioni fantastiche, di gesta eroiche o tragiche, che sentii sul mio viso il leggero calore d’una luce invisibile; e con la mia partenza io mi dirigevo brancolando verso questa luce…»

Ragazzo negro
Richard Wright - (Edizioni Einaudi)

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