L'ultimo vero bacio è un grandissimo noir, con l'unico difetto di essere pieno zeppo di refusi: un difetto quindi non riconducibile all'autore James Crumley (che è un fottutissimo Signor Scrittore!) ma alla sua beneamata casa editrice Einaudi, la quale ogni due-tre pagine regala al lettore qualche bello sfondone tipografico - il che fa incazzare, e non poco! Detto questo, il romanzo tiene, tiene, tiene. Consideriamo che è stato scritto nel 1978, quindi più di 25 anni fa. In quell’anno, probabilmente, non giravano troppi libri scritti in questa maniera. Il «genere» era naturalmente - ieri come oggi - vivo e popolare, ma c'è una tristezza, una malinconia di fondo che rende unica la scrittura di questa storia. La trama è esile, con colpi di scena che si susseguono a ritmo piuttosto incalzante, ma è la prosa scintillante dell'autore che convince a voltare le pagine con avidità crescente. Il romanzo, pur essendo scritto in prima persona, denota una cura maniacale nella caratterizzazione dei comprimari. Particolarità evidente soprattutto nei primi capitoli, quando, con poche pennellate ci vengono presentati alcuni dei personaggi centrali. Tra loro resta sicuramente nel cuore Fireball Roberts: il cane ubriacone, ma tutte le comparse sono assolutamente splendide, tipo il vecchietto artritico che incontriamo verso la fine del romanzo. Crumley gli dedica poco più di tre righe, ma pare di averlo davanti agli occhi.
C’è una sorta di insoddisfazione esistenziale, un prurito incontrollabile che pervade lo scorrere degli eventi di questo romanzo. C’è una donna da ritrovare. Una madre preoccupata. Un uomo schiacciato dalle sue debolezze. E il tutto germina all'interno d'una delle più classiche road-stories: il protagonista percorre centinaia di chilometri sul suo pickup, si sbronza senza ritegno, parla sporco, picchia, spara e insomma fa tutto (o quasi) quello che ci si aspetta da un investigatore un po' loser visto in dozzine di film americani… (reduce dal Vietnam, il protagonista è un uomo rozzo, dai sistemi poco ortodossi, un tipetto che potrebbe avere più di un grado di parentela con quel Jim Bob Luke presente in Freddo a Luglio di Lansdale. Inutile aggiungere che Lansdale, la cui produzione è successiva, probabilmente ha letto Crumley e ne ha fagocitato l'essenza sino quasi al plagio). Molti i periodi memorabili: «la gioventù resiste a tutto, ai re e alle poesie e all’amore. A tutto, ma non al tempo», «le storie sono come istantanee, immagini che immobilizzano il tempo, dai margini nitidi e ben definiti. Ma questa è vita vera, e la vita comincia e finisce in una sporca pozza di sangue, dal ventre materno alla tomba, un unico grande casino, un barattolo di vermi lasciati al sole». Crumley in un intervista ha detto: «Sono il figlio illegittimo di R. Chandler. Se lui non fosse mai esistito, i miei libri sarebbero completamente diversi. Lui batteva le strade buie di L.A., io l’intrico di autostrade e superstrade che tagliano le montagne del west. Ciò che ci distingue, tuttavia, è soprattutto il diverso atteggiamento nei confronti della morale. A differenza di Chandler, io ho vissuto la guerra del Vietnam e i profondi cambiamenti che essa ha operato nella coscienza sociale degli Stati Uniti. E’ per questo che i miei investigatori non se la passano tanto bene, con la morale corrente, come invece succedeva a P. Marlowe». (fonte parziale: la rete)
Nessun commento:
Posta un commento