La lingua di questo nuovo romanzo di Omar è semplicemente magnifica. Un potere incredibile, sembra quasi tridimensionale. C'è dietro un lavoro sapiente e accurato, un'abilità straordinaria. Al di là di tutto, anche solo per la ricchezza - mai scontata, mai esagerata - della lingua vale la pena leggere "Nella perfida terra di Dio". Complimentissimi. Altre impressioni man mano che leggo.
Preso. Ora devo sbobinare due libri e poi mi ci butto. Però mi verrebbe voglia di iniziare così "Lasciamo da parte Peckinpah, Tarantino, Faulkner, O’Connor e compagnia bella ai quali il nostro è stato accostato. Lasciamoli riposare in pace e veniamo a Omar Di Monopoli." Fabio
@Fabio, lasciamoli riposare in pace d'accordo, questi nomoni, anche se purtroppo elencarli in bella vista serve a indirizzare chi è digiuno del buon Di Monopoli riguardo a cosa si troverà tra le mani (ché poi, tanto di cappello per i nomi citati, ci mancherebbe, modelli assoluti: ma io da Tarantino - che ritengo un grande ipercitazionista, un abile compositore di puro metacinema e un assemblatore geniale di intuizioni altrui - non ho preso davvero niente :-)))
La curiosità mi ha fatto sbolognare uno dei libri che avevo iniziato (ho il viziaccio di leggerne due o tre per volta) per inoltrarmi nel tuo. E, dunque, già mi sento di rischiare un concetto (vedremo in seguito). E cioè che il dialetto, ormai futile gingillo di giallastri nostrani (non ce n’è uno in cui non venga ficcato a forza) qui vive in perfetta simbiosi con l’impasto forte e acerbo della scrittura, formando un unicum. E qui mi fermo.
@Fabio, l'idea infatti è di fonderlo con la lingua, farne un unico grumo (si spera rovente) da servire al lettore con tutti i suoi retrogusti piccanti ed amarognoli... vabe', mi dirai alla fine dai, ora è troppo presto :-))
Anche io volevo dire, basta con definizioni, categorie e accostamenti - per quanto magnifici, almeno Faulkner, perché stiamo parlando di tempi e terre diverse, poi chi scrive è una spugna che assorbe ma butta fuori il suo, impastato di presente, possibile e personale. E sono d'accordo con Fabio, anche per l'uso del dialetto, che non è stereotipico, ma fa respirare le pagine e ti trasporta dentro. Insomma, nn sono brava a recensire i libri, ma...
Ancora un paio di osservazioni, se non rompo. Il sorriso, in una terra di ghigni crudeli, nasce improvviso da uno spunto inaspettato, grottesco, che può sfuggire al lettore frettoloso come, “La sparuta schiatta di teste spettinate…” o il semplice “ciccione” che passa per la strada. Tra la forza brutale dei sentimenti qualche spiraglio di umanità si fa largo, a forza, ricacciato subito indietro. Ci sono anche ricordi legati ad ognuno di noi lettori. Vedi il gioco del biliardo con la stecca in cui, da ragazzaccio, ero bravino. Spero di incontrare anche un accenno sugli scacchi… Fabio
13 commenti:
La lingua di questo nuovo romanzo di Omar è semplicemente magnifica. Un potere incredibile, sembra quasi tridimensionale. C'è dietro un lavoro sapiente e accurato, un'abilità straordinaria. Al di là di tutto, anche solo per la ricchezza - mai scontata, mai esagerata - della lingua vale la pena leggere "Nella perfida terra di Dio".
Complimentissimi. Altre impressioni man mano che leggo.
@Clara sono felice ti stia convincendo, e a essere sincero sinora sto ricevendo solo feedback positivi, per cui, per il momento va alla grande! :-)))
(ci vediamo spero presto)
Preso. Ora devo sbobinare due libri e poi mi ci butto. Però mi verrebbe voglia di iniziare così "Lasciamo da parte Peckinpah, Tarantino, Faulkner, O’Connor e compagnia bella ai quali il nostro è stato accostato. Lasciamoli riposare in pace e veniamo a Omar Di Monopoli."
Fabio
@Fabio, lasciamoli riposare in pace d'accordo, questi nomoni, anche se purtroppo elencarli in bella vista serve a indirizzare chi è digiuno del buon Di Monopoli riguardo a cosa si troverà tra le mani (ché poi, tanto di cappello per i nomi citati, ci mancherebbe, modelli assoluti: ma io da Tarantino - che ritengo un grande ipercitazionista, un abile compositore di puro metacinema e un assemblatore geniale di intuizioni altrui - non ho preso davvero niente :-)))
Non è detto, poi, che con questo inizio, il buon Di Monopoli non ci faccia, invece, una gran bella figura... :-)
Fabio
@Fabio, caro boss, mi dirai tu che figura ci faccio, aspetto il tuo giudizio :-)
La curiosità mi ha fatto sbolognare uno dei libri che avevo iniziato (ho il viziaccio di leggerne due o tre per volta) per inoltrarmi nel tuo. E, dunque, già mi sento di rischiare un concetto (vedremo in seguito). E cioè che il dialetto, ormai futile gingillo di giallastri nostrani (non ce n’è uno in cui non venga ficcato a forza) qui vive in perfetta simbiosi con l’impasto forte e acerbo della scrittura, formando un unicum. E qui mi fermo.
@Fabio, l'idea infatti è di fonderlo con la lingua, farne un unico grumo (si spera rovente) da servire al lettore con tutti i suoi retrogusti piccanti ed amarognoli... vabe', mi dirai alla fine dai, ora è troppo presto :-))
Anche io volevo dire, basta con definizioni, categorie e accostamenti - per quanto magnifici, almeno Faulkner, perché stiamo parlando di tempi e terre diverse, poi chi scrive è una spugna che assorbe ma butta fuori il suo, impastato di presente, possibile e personale. E sono d'accordo con Fabio, anche per l'uso del dialetto, che non è stereotipico, ma fa respirare le pagine e ti trasporta dentro.
Insomma, nn sono brava a recensire i libri, ma...
@Clara ...ma l'hai fatto benissimo, e te ne sono grato :-)
Ancora un paio di osservazioni, se non rompo. Il sorriso, in una terra di ghigni crudeli, nasce improvviso da uno spunto inaspettato, grottesco, che può sfuggire al lettore frettoloso come, “La sparuta schiatta di teste spettinate…” o il semplice “ciccione” che passa per la strada. Tra la forza brutale dei sentimenti qualche spiraglio di umanità si fa largo, a forza, ricacciato subito indietro.
Ci sono anche ricordi legati ad ognuno di noi lettori. Vedi il gioco del biliardo con la stecca in cui, da ragazzaccio, ero bravino. Spero di incontrare anche un accenno sugli scacchi…
Fabio
@fabio mi spiace gli scacchi non li nomino mai, purtroppo non ho mai imparato a giocarci e quindi tendo a escluderli dal mio immaginario:-)
Male! ... :-)
F.
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