Quando il giallo e gli scacchi si incontrano…
• L’uomo degli scacchi di Peter May, Einaudi 2015.
Isola di Lewis delle Ebridi esterne. “Era un piccolo velivolo, a motore singolo, che giaceva in mezzo a un cumulo di sassi piegato con una leggera angolazione”. Scomparso diciassette anni prima con Roddy Mackenzie. Ora irriconoscibile. Trovato da Fin e l’amico Whistler. Non è un incidente perché si tratta di omicidio.
Da qui la storia di Fin Macleod, ex poliziotto a Edimburgo ritornato nella sua isola, capelli ricci biondi, occhi verdi, ora pagato da un facoltoso locale per tenere lontano i cacciatori di frodo. Sposato con Mona ed un figlio perduto per un incidente d’auto, al momento legato a Marsaili.
Ricordi e ricordi della sua vita, della sua famiglia, dei suoi amici, della band musicale il cui capo era proprio Roddy, degli scontri tra maschi, soprattutto per la bella Mairead Morrison suscitatrice di famelici ormoni. Ricordi e ricordi intrecciati al presente, con un fondo di asciutta malinconia per quello che si vuole essere e che non siamo. Per quello che si vuole dire e non diciamo. Rapporto difficile padre-figlia, il giudizio sul prete che ha ucciso per salvare altre persone, la natura con i suoi spazi immensi, i suoi loch, i lampi, la pioggia, le amicizie che si rompono e ricompongono, gli amori che si accendono e appassiscono. Il lato bello e quello oscuro dell’uomo.
E gli scacchi. Gli scacchi giganti di Whistler (servono per una partita sulla spiaggia) che rappresentano fieri vichinghi e che diventeranno, addirittura, un mezzo per scoprire l’assassino (anche se questa non è una novità) attraverso l’immagine di una fotografia.
Tutto scorre ineluttabile. Spinge una maledetta voglia di lasciarsi andare ma c’è sempre qualcuno, là fuori, che ha bisogno di noi.
Quella degli scacchi come disvelamento dell’assassino non è una novità, dicevo, perché in Assassinio alla scacchiera di Alessandro Cuppini l’allineamento dei pezzi sulla scacchiera lasciato dalla vittima, e cioè: Cavallo, Alfiere, Re, Torre, e Alfiere indicano il cognome Carta dell’omicida. Ugualmente dicasi per Scacco all’assassino di Giuseppe Porta. Il signor Bozzini è stato trovato cadavere davanti alla scacchiera ucciso da un colpo di pistola al petto. In mano tiene due pezzi bianchi: il Re e la Torre. Per l’elefantiaco (centoventi chili!) commissario De Carli la soluzione è semplice. L’assassino è la moglie Annalisa Rocco il cui cognome fa venire in mente l’arrocco, l’unico movimento o mossa che si può fare spostando due pezzi. Precisamente solo con il Re e la Torre.
• Di Peter May avevo già letto L’isola dei cacciatori di uccelli Einaudi 2012.
Trattasi di Lewis, al largo della costa occidentale della Scozia, “spazzata dal vento, dura e inospitale”. Qui, più precisamente nel villaggio di Crobost, avviene un delitto che presenta un modus operandi identico a quello scoperto da due ragazzini ad Edimburgo: un impiccato sbudellato. E qui, proprio nel suo paese natio, viene spedito ad indagare l’ispettore Finlay (Fin) Macleod che ben conosce la vittima. In depressione e fuori servizio da tempo per avere perso un figlio e con un matrimonio logoro che sta finendo.
È l’inizio di un percorso a ritroso nel tempo che lo porta a rivivere momenti importanti della sua vita e a ritrovare le persone della propria infanzia e giovinezza: soprattutto l’amico del cuore Artair e la bella Marsaili con la quale aveva avuto una storia, insieme ad altri compagni di strada.
Il primo elemento da sottolineare sono i ricordi espressi in prima persona. Ricordi vivi che si alternano alla vicenda presente in terza persona: la scuola, gli amici, la morte del padre e della madre, la vita con la zia, il massacro della guga, nome gaelico delle giovani sule che venivano cacciate ogni anno, la festa dei falò e del grosso copertone da bruciare, il bacio di Marsaili, l’influenza, lo spinello, gli esami per l’università, la lotta con il mare…
In secondo luogo il tempo, potente e inesorabile che cambia le speranze “Tutti quei sogni infantili persi per sempre come le lacrime nella pioggia”, che trasforma le persone dentro e fuori. Ed è di una tristezza indicibile l’incontro di Fin con i vecchi amici così diversi anche nell’aspetto fisico.
Poi le cadute dell’uomo insieme alle sue riprese come la storia del pastore Donald Murray, i terribili segreti familiari, il problema della pedofilia, la critica alla caccia alla guga e quella alle varie chiese protestanti sull’isola, tante, troppe, ognuna scissione della precedente “testimonianza dell’incapacità degli uomini di andare d’accordo con gli altri uomini”.
Lungo tutto il percorso la natura che si inserisce prepotente con la sua terra aspra, il suo cielo, il vento, le nubi, il mare possente. Non c’è fatica di lettura perché il racconto è “voce” che viene su dai meandri dell’animo. Passioni che si incrociano, bugie, rancori, odio, vendetta, gli “incontri dolorosi con i fantasmi del passato”, un senso di impotenza e ineluttabilità che tutto avvolge.
L’indagine vera e propria, con qualche sfilacciatura nella composizione, è lì da una parte che si fa piccola di fronte alla forza delle emozioni e concreta allo stesso tempo (vedi, per esempio, l’autopsia di Angus Wilson presentata nei minimi particolari) e spinge verso un finale ricco di azione e continue sorprese.
Non manca un accenno agli scacchi. Per quanto riguarda la casa di un personaggio, James Minto, “Il salottino era spartano e pulito, privo di foto o ninnoli, fatta eccezione per una scacchiera su un tavolo vicino alla finestra, con gli scacchi disposti in varie posizioni sui quadrati avorio e neri” (259). Gioca per telefono con il suo ex comandante (nell’ultimo libro attraverso le mail). Sono scacchi di Lewis i cui originali (alcuni pezzi) “sono in mostra al Museo nazionale scozzese di Edimburgo” (260).
Non la faccio lunga per non ripetere le stesse cose (i tre libri per molti versi si assomigliano). Nell’isola di Lewis viene trovato un cadavere di un ragazzo nella torba con profonde ferite. Qui è ritornato l’ex detective Fin Macleod (ha abbandonato la polizia di Edimburgo) che decide di seguire questo nuovo caso. Dal Dna del cadavere si scopre che esso presenta diversi punti in comune con quello di Tormod Macdonald, padre di una sua vecchia fiamma…
Anche in questo libro troviamo passato e presente fortemente intrecciati, il rapporto straniante tra l’apparire e l’essere, quello dell’uomo-natura sempre in grande rilievo, il bullismo, la demenza senile, il duro mondo degli orfani, rimorsi, rimpianti, segreti, e insomma il solito povero essere umano sviscerato nei suoi numerosi e contrastanti aspetti.
P.S.
Devo essere sincero (perdonatemi). I tre libri sono buoni, anzi ottimi, mi sono piaciuti, anche se qualche volta (solo qualche volta) in certi tormentati meandri sono stato lì, lì per scoppiare “Du’ palle!”.
(articolo di Fabio Lotti)
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