Clayton, ex sceriffo di Jefferson, salva dall'assedio di alcuni bounty killer il giovane Philip, che è stato ingiustamente accusato dai tre prepotenti fratelli Saxon di aver ucciso il loro padre. Credendo però che anche Clayton sia un cacciatore di taglie, Philip cerca di stargli alla larga. Finisce nelle mani dei Saxon, uno dei quali dà ordine di procedere alla sua impiccagione. Clayton allora interviene, confessando ai fratelli Saxon di essere stato lui a uccidere il loro crudele padre. Questo condurrà la vicenda all'epilogo in un furioso, splendido duello risolutivo.
Non solo il bel tema musicale (non a caso morricononiano) di Bacalov ha recentemente rivissuto di nuova linfa grazie alla scelta (pare arbitraria) di Tarantino come accompagnamento per la feroce sequenza anime del suo Kill Bill, ma l'intero Il grande duello (è del 1973, quindi si può considerare sicuramente un tardo spaghetti) merita - meriterebbe - una riscoperta, specie per le leoniane sequenze d'apertura e chiusura. Il regista Giancarlo Santi fu infatti aiuto di Sergio Leone e si vede (stesso respiro, stesso ritmo, forse pure troppa enfasi per una storia in fondo banale e priva di reale mordente: lo sviluppo «giallo», in cui l'assassino si rivela solo nel finale, rallenta parecchio la parte centrale).
Ma è nei colori e nella messa in scena che il lungometraggio si riscatta, con sequenze epiche e suggestive, in seguito scopiazzate di continuo (le sagome nere in mezzo al fumo della stazione, il duello finale tra i corrales vuoti). Il protagonista è un grande Lee Van Cleef (altra inarrivabile icona leoniana) mentre al suo fianco compare un giovane Alberto Dentice, che presto abbandonerà il cinema per diventare un noto giornalista. Per i cultori del genere.
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