Charles Bukowski lo scrittore sboccato, il vagabondo incapace di misura, lo sbevazzone che consuma le sue giornate fotocopia alle corse dei cavalli con l'inseparabile bottiglia in mano; Bukowski l’aggressivo che offende e schernisce il pubblico durante i reading, che perde i posti di lavoro e tradisce chi lo ama; ma anche quello più intimo e privato, il ragazzo solitario e l’adulto insicuro, l'uomo capace di spropositato affetto nei confronti della figlia Marina. Questo e altro ancora in questa variegata, corposa biografia fotografica a cura di Howard Sounes (scrittore inglese famoso anche per una sua celebre biografia di Bob Dylan). Molti i luoghi comuni sottratti alla leggenda creata attorno a questo scrittore che continua a mietere successo in tutto il planisfero generando centinaia di emuli (fortunatamente fagocitati in un amen dall'oblio: di Buk, in fondo, ne basta e avanza uno!).
Ad esempio sono numerose le foto che lo ritraggono lindo e ben vestito in anni in cui egli stesso si beava di raccontarsi come un barbone completamente alla deriva (il vecchio Hank ebbe, al contrario di quanto ci si aspetterebbe, lungo l'intera sua esistenza un conto aperto in banca: quando si dice una meticolosa, riuscitissima e per questo geniale capacità di auto-marketing). E per i fan resta lo strabilio di vedere finalmente concretizzati i topoi di tanta letteratura bukowskiana: le stanze di pulciosi motel in periferia, le facce tenere e stralunate dei genitori, la California assolata e traboccante di marciume degli anni settanta, tutto ciò che ha permesso a un oscuro impiegato delle poste di Los Angeles di diventare un autore di fama internazionale con più di 45 libri tra poesia e prosa: un corpus in grado di scandagliare in maniera efficace il sottobosco disperato dell'America.
Il volume ne racconta la cronistoria attraverso duecento fotografie, in parte inedite, quasi tutte meravigliose.
Bukowski, una vita per immagini
Howard Sounes (Ed. Mondadori)
5 commenti:
Sean Penn davanti a Buk ha la stessa espressione che avrà parecchi anni dopo Valerio Mastandrea quando il suo reading di poesie di Ed Bunker è interrotto da Ed Bunker. Live. Non ci sono parole. Valerio non le trova almeno, le ha perse da qualche parte in una canzone di Ligabue.
Sean intervista Buk nei gg di post produzione di Barfly il Film. Ha la Dunaway sulle ginocchia e Faye sembra una bimba scolpita da Modigliani in braccio all'idea di un Barbapapà che potrebbe avere Hans Ruedi Giger. Io mi aggiro tutt'intorno e scatto alcune delle foto che non finiranno nel servizio di Io Donna. E' il mio primo incarico di rilievo dopo un matrimonio di cui ho curato la documentazione e x cui ho rischiato la vita - la sposa non ha capito la mia scelta di eternare il giorno + bello della sua vita con una serie di piani americani e lo sposo ha tuonato qualcosa sul fatto che la gente esiste anche sotto il ginocchio prima di minacciare di frustarmi - e non intendo bruciare la mia occasione di seguire le orme del mio idolo Helmut Newton.
Buk è brillo e racconta quanto preferisca L'Arte della Guerra di Sun Tzu all'opera omnia di Shakespeare. Mi sente accennare al mio amore x Helmut, ma fraintende e decide che vuole una sequenza di scatti con Mickey Rourke e Frank Stallone che si lanciano pere aggiornando le scoperte di Isacco Newton. Vuole un camion di Abate e Williams. Acerbe. Non ha soldi in tasca e chiede a Mickey di andare in banca al posto suo, fingendo di essere Buk, e di prevelare un migliaio di dollari. Rourke sorride ed esce. Attendiamo un paio d'ore - la filiale è a 10 minuti di moto e Motorcycle Boy corre sempre come un pipistrello in fuga dall'inferno - e poi usciamo a cercarlo: è addormentato sul chopper di Faye appena fuori dal cancello. Scatto un paio di pose al volo, ma Sean mi prende la macchina e la schianta sul marciapiede e dice qualcosa sul fatto che tanti hanno provato a strappare la mascherina a Lone Ranger, ma Tonto mai. Troppi Happy Days. Io non ho ancora finito di pagare la mia Contax G2, così faccio una battuttaccia sul fatto che The Fonz sarebbe stato fatto a striscioline, se fosse cresciuto nel mio quartiere, ma non è una buona idea. Quando torno a casa, scopro che nessuno 'zine è disposto a considerare le mie offerte di collaborazione. Non riesco a piazzare nemmeno un paio di polaroid nel tabloid di quartiere. Cattivo. Ha fatto bene Veronica Ciccone a dirgli di farsi un giro. Pfui.
@Crepa lieto che anche tu sia stato un esegeta del buk-pensiero (con tanto di dietro le quinte sulla lavorazione del film Barfly - lo vidi 12 volte, Rourke allora era il mio preferito e adoravo Bukowski - e sull'amicizia con Sean Penn). Oggi non riesco a sorbirmi più di un paio di paginette del vecchio Hank, ma a vent'anni mi sembrava un autore grandioso e inarrivabile. Gli sono affettivamente molto legato, ma penso che dal punto di vista narrativo abbia rappresentato pochissimo negli Annali della Letteratura (sicuramente però fu pioniere di un certo modo di intendere la figura del poeta maledetto e sulla possibilità di elevare quest'ultimo a epitome di alcune squilibri del mercato editoriale :-)
(l'episodio di Helmut Newton era in "Hollywood, Hollywood" vero?
Ho visto il film di Edwards anni fa e non ricordo, ma è possibile.
E' vero che a Penn il ns disse che preferiva Sun Tzu al Bardo. Vero che Faye lo coccolava. Prima annata di Sette, supplemento del Corsera del 1987/88 ( non so xchè ho scritto Io Donna : lapsus calami ). Non ero sul set del match Penn/Buk e non pensavo all'intervista da decenni.
Ho prestato Post Office ed una raccolta di racconti a mia suocera anni fa , ma lei li ha lasciati da qualche parte nel buen retiro abruzzese di mio suocero. Pazienza. Io condivido alcune tue perplessità. Temo che il piccolo borghese che sonnecchia in me dai tempi in cui ero fiero del mio astuccio gigante con alloggiamenti x financo un tubetto di colla non sia mai riuscito del tutto a scendere a patti con la deriva che suggerisce il modus vivendi di Buk. Gli sono grato x avermi racconto un'altra America, ma non sono mai riuscito ad aderire ad un modello che prevedeva sbronze perenni e l'inumazione vicino all'ippodromo. Non ho mai letto la bio pubblicata dalla Coconino Press da cui hai preso una vignetta. Capiterà prima o poi.
@Crepa, no mi riferivo a "Hollywood, Hollywood" dello stesso Bukowski, in cui racconta della lavorazione del film (con gustosi scontri/incontri tra Penne e Rourke, all'epoca rivali e oggi fratelli di sangue :-)
Ops. Sorry. Mai visto. Quindi avrei citato una sequenza che non ho visto. Mirabilia.
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