Sulla discussa figura di Jesse il bandito si è pubblicato davvero di tutto, soprattutto in patria: decine e decine di libri a sostegno di questa o quell'altra reboante tesi. Attivo durante la seconda metà del '800 assieme al fratello Frank, il giovane James (con un gruppo di ribelli al seguito) seppe trasformare alcune sue specifiche competenze criminali - come lo svaligiare banche e treni - in una sorta di vero e proprio «mestiere», per di più molto redditizio, sfruttando la fragilità delle istituzioni ancora impantanate nella crisi della Guerra Civile. La cosa degna di nota è che questo fatto assunse in breve una rilevanza anche politica, poiché i treni che spostavano denaro da un capo all'altro del Nordamerica costituivano di fatto le «arterie dell'Unione», i canali in cui fluiva l'alimentazione primigenia del Capitale: un fenomeno che produceva meraviglia ma anche sconcerto e timore, soprattutto presso coloro i quali tendevano a sentirsi vittime di quelle trasformazioni che un certo Sud neghittoso percepiva come imposizioni. E se è vero che una visione ammantata di nostalgia vuole che, fin dalla loro prima rapina al treno, quelli della banda James contrapponessero al «grido del mostro di metallo» il rebel yell, l'urlo di battaglia degli incursori sudisti contro gli odiatissimi yankee, risulta abbastanza lampante quanto questi «cavalieri dalle lunghe ombre» fossero nella realtà individui molto poco cavallereschi e invece tanto «reazionari»: bifolchi incapaci di rassegnarsi a un processo di trasformazione economica oramai inarrestabile. E non è un caso che l'etichetta di chivalry of crime (cavalleria del crimine) escogitata per conferire un'allure romantica alle scorribande dei fratelli James si riferisse a un'arte del delitto in grado di sfruttare alcuni aspetti di quello stesso processo di modernizzazione che la banda di ladri pretendeva di contrastare, a cominciare dal miglioramento delle armi da fuoco. In questo bel saggio si compie una analisi documentata e puntuale di questa e di molte altre delle innumerevoli contraddizioni che si addensano sulla figura del bandito. L'autore T. J. Stiles dà il giusto peso all'aspetto del ladro d'onore, deciso a «vendicare» i torti subiti da famiglia e proprietà. «Bandito d' onore», «bandito di professione» e «bandito sociale», se non addirittura «espropriatore degli espropriatori» o combattente nostalgico del bel tempo che fu: tutte categorie in cui l'anti-eroe Jesse James, almeno in superficie, può essere relegato. Ma la ricerca di Stiles, così ricca di dati e così attenta al contesto, mostra quanto tutte queste non fossero altro che maschere che il fuorilegge era il primo a utilizzare con forte senso della «propaganda». Il risultato finale è una fulgida, appassionante visione (complessa) di un personaggio sfaccettato, una personalità in cui seppero confluire aspirazioni revansciste di un Sud sconfitto ma anche un certo romanticismo d'accatto e, soprattutto, la ferocia criminale lasciata dalla guerra sui corpi e nelle menti di una nazione sfasciata.
Jesse James - T. J. Stiles (Ed. Il Saggiatore)
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