martedì 2 dicembre 2014

...leggete di tutto, mascalzoni!

In primis furono le camere chiuse, ma chiuse chiuse, dove non passava nemmeno uno spillo a contenere morti ammazzati che ti facevano saltare in aria il cervello a forza di spremerti per capire l’inghippo (come aveva fatto l’autore a infilarli lì dentro?). E allora non c’era altro che aspettare con ansia crescente la famosa riunione finale in cui formidabili segugi, capaci di far passare dalla cruna dell’ago il classico cammello insieme a un brancata d’elefanti, ti risolvevano il problema lasciandoti a bocca spalancata (ma guarda un po’, non ci avevo pensato), anche se qualche volta la soluzione si presentava talmente cervellotica che ti scappava giulivo un vaffa di tutto cuore.
Erano, quelli, i tempi d’oro (l’ho già scritto ma lo ripeto) dei lungagnoni elementari, dei ciccioni orchideati, dei nobili monocolati, delle zitelle marpleolate, sferruzzanti e cavalline, dei pretucoli ombrelliferi, dei vocioni arcontoni, delle teste d’uovo, dei piccoletti fumantini, dei dottoroni sanscritoni, degli scienziatoni belloni che avrei concesso un matto affogato all’avversario sulla scacchiera per essere lì, a seguirli nelle loro diaboliche imprese.
E che imprese! Con gli occhi fissi sul maggiordomo sospetto, la polizia dall’aria perennemente ebete, i gemelli che ogni tanto spuntavano improvvisi, lettere anonime esplosive, il passato tremendo che non ne voleva sapere di rimanere lì dov’era e ritornava funesto, una miscela robusta di veleni che irrigidivano al solo fiuto, false piste, insieme ad un incrociarsi di orari inestricabili da far perdere la bussola al lettore più smaliziato. E, insomma, tutti fermi e immobili, qualche passeggiatina, via, senza troppa fatica, la pioggia, il lampo, il tuono il miagolio del gatto, un pizzico di gotico a scivolare brividoso lungo la schiena. Chi correva a rotta di collo erano le famose cellule grigie che non stavano ferme un minuto, tutte a ballonzolare come in una frenetica macarena.
Il movimento venne dopo con gli assatanati della hard boiled americana che se si riposavano un attimo era per riprendere fiato. Il delitto riportato alla gente che lo commette (ovvia!), come disse quel tizio niente male. Una sbirciatina dentro ai personaggi e poi tutto fuori, corse, agguati, inseguimenti, da un posto all’altro da una città all’altra. Che ci sia il sole, la neve, il vento o la burrasca importa assai. Basta mulinar gambe o pigiare sull’ acceleratore. E cazzottoni, ginocchiate nelle palle, manganellate in testa, pistolettate impazzite. Già, la pistola, che diventava quasi un personaggio pure lei dotato di vita propria, per toglierla agli altri.
Via il villaggio antico e sonnolento, largo alla città terribile e selvaggia. Via ai pasticcini, al tè, al rosolio, alle torte fatte in casa, largo alle bistecche al sangue, alle patatine fritte, ai salsicciotti fumanti, al whisky, al bourbon, al cognac, ai liquori forti che ti spaccano lo stomaco insieme al fumo denso di sigarette micidiali che fanno tossire anche il lettore. Via alle zitelle pettegole, agli omini buffi coi baffi, agli strimpellamenti violineschi, al bon ton, al lindore, alla pulizia, largo al maschione virilone o malinconico, bastardo o integerrimo, stravaccato in uffici polverosi con i piedi sulla scrivania, a femmine fatali, a bambole che ti fanno girare la testa, a scontro di bande sanguinolente, a poliziotti marci, a locali notturni gremiti di fauna animalesca, al linguaggio duro e violento. D’accordo, ho banalizzato semplificando all’eccesso. D’altra parte, per esempio, il creatore del ciccione orchideato ha messo insieme, furbescamente, i due aspetti infilando, accanto al pachiderma poltronista, un puledro che non sta mai fermo.
Poi (uso il “poi”, solo per convenienza, che spesso le letture sono in concomitanza) mi sono buttato sugli oscuri meandri della psiche, sul giallo cosiddetto psicologico. Con un pizzico di tremore che qualche problemetto ancestrale me lo devo essere portato dietro sin dalla nascita. Dicevo del giallo psicologico e psicanalitico, dove all’autore non interessa tanto il fattore esterno della vicenda, quanto quello interno dei personaggi: i loro sogni, i desideri, i dubbi, le paure, gli incubi. Del presente e, soprattutto, del passato che riemerge (anche qui) sempre terribile con l’angoscia che ti stringe alla gola ad ogni voltar di pagina e grassa se alla fine rimani soltanto con un allegro tremore alle mani.
Aggiungo il giallo umoristico che solleticava la mia innata natura paesana alla risata, allo scherno, alla presa in giro (sempre in tono amichevole e perfino affettuoso). Non che in altri libri, pure della golden age, manchi l’umorismo. Basta seguire certi tipi che il sorriso l’hanno stampato addosso. Parlo del giallo (inteso in senso lato) sgangherato, cucito su personaggi strambi e sgangherati che ti fanno sganasciare con i loro piani geniali immancabilmente buttati all’aria. Parlo di quelle storie pulpesche dove l’incasinamento verbale mischia insieme l’assurdo, il grottesco, l’horror e chi più ne ha più ne metta come in una frenetica cavalcata selvaggia.
Non mi sono fatto mancare niente. Neppure i polpettoni dalle caterve di sangue e sperma e di morti ammazzati, sparati, spaccati, sbudellati, segati, randellati, sezionati che ti sbucano da tutte le parti, perfino dal water nel momento più delicato e intimo della giornata. E nemmeno i gialli storici che spaziano per ogni dove, dal paleolitico ai giorni nostri, in cui celeberrimi personaggi, in altre faccende affaccendati, sono costretti a seguire, obtorto collo, orme sanguinose (e mi immagino gli accidenti sottovoce).
Voglio dire che ho battuto diverse strade, diverse vie piuttosto dissimili fra loro. E, dunque, il pistolotto finale è solo un invito a chi mi segue a non adagiarsi su un solo cliché di lettura. Siate curiosi, sperimentate, amate la diversità delle storie e della vita.
Insomma, leggete di tutto, mascalzoni!                         [by Fabio Lotti]

7 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

Isolde Steiner ha uno di quei binoccoli con cui dice che guarda la migrazione delle otarie, ma in paese tutti ridacchiano xchè l'ornitologia è una cosa seria da quelle parti, anche se è il prossimo ed i suoi traffici, possibilmente roba che non tolleri la luce del sole, ad affascinare il suo occhietto color cipollina sott'aceto. Da tempo sorveglia il villino della signora Agatha e questa sera, dopo il crepuscolo, vede finalmente entrare Dash, di cui al chiaro di luna riconosce il bel volto e Ray, con quella sua aria di blanda deboscia. Dash è in terapia da anni xchè non si è ancora ripreso da uno sciopero che ha contribuito a sedare, nel modo peggiore, quando era un pulotto privato. La signorina Steiner non dovrebbe saperlo , ma scambia confidenze con quell'altra zitella inacidita di Miranda Colak, segretaria ed infermiera del dottor Zigma Froid, il celeberrimo psichiatra che ha scelto di lasciare la metropoli e le sue seducenti sirene x la tranquillità di Blekville, un paesotto così tranquillo che lo sbadigliar delle pecore è di un qualche interesse x i sismologi.
Un menage a trois tra quella vecchina dai capelli di zucchero filato che si bisbiglia trafficasse in veleni durante WWI, quel tizio, Ray, che vedeva da tempo il mondo da dentro un bicchiere ripieno di liquido ambrato e quell'ex sbirro che aveva ancora gli incubi x qualche manganellata ( " neanche le avesse prese lui ! " ) era lo scoop dell'anno, del decennio, x la amica delle otarie.
Era tanto presa dal bird watching in the twilight che non si accorse dei mascalzoni che entrarono nel suo garage x prendere un paio di Goya negligentemente buttati tra le altre anticaglie. La signorina Colak era stata la segretaria anche di un critico che con i suoi scritti aveva contribuito ad inquadrare l'importanza di alcuni pittori di corte spagnoli mentre tutto intorno il mondo cambiava. Nessuno ti protegge dagli amici...

Anonimo ha detto...

Ho scritto questo pezzo anche per avere un commento da Crepa. Credo di avere capito qualcosa ma non mi azzardo... :-)
Fabio

CREPASCOLO ha detto...

Lusingatissimo. Ammetto che il mio stile di scrittura fa pensare + a Stray Toasters ( ermetico graphic novel di Bill Sienkiewicsz che mettere alla prova un lettore morso da un James Joyce radioattivo ) che al Grande Blek.
La semplicità è un dono, una luccicanza di pochi. Ammetto di non essere parte del club, sebbene abbia bussato forsennatamente x anni alla porta, senza che qualcuno mi facesse entrare. Cattivi.

CREPASCOLO ha detto...

Una curiosità: Beppe Severgnini, in uno dei mille libri che ha scritto, racconta come ai suoi tempi i comics fossero roba come Blek ( un tizio con un animale morto sulla zucca )e che non è da stupirsi quindi del grado di ingenuità di tanti nella sua generazione ( i born in the fifties di una delle prime canzoni dei Police ).

sartoris ha detto...

Crepa, pensa invece alla nostra, di generazione, cresciuta flippatissima con STray Toasters :-)

CREPASCOLO ha detto...

Ammesso che fosse morto. Non seguo le ristampe attualmente in edicola, che contengono anche storie relativamente recenti realizzate in altri paesi, ma se fossi io a scrivere e disegnare Il Grande Blek del 21mo secolo ogni storia sarebbe introdotta da un disclaimer che rassicuri il cliente sul fatto che nessun animaletto da pelliccia è stato vulnerato nella produzione del fumetto e che tutti i simpatici quadrupedi sono maggiorenni e consenzienti.

CREPASCOLO ha detto...

Ti dirò che in realtà il trip di Stray Toasters è derivato in parte dalla eccessiva frammentazione con cui, la prima volta, la storia è stata pubblicata in Italia ( prime parti su All American Comics e le successive, considerato quanto ostico era il fumetto x il pubblico dei primi anni novanta, parecchio dopo sullo zine Comic Art ).
Immagino che Bill, considerato il flop ( amche X-Chris scherza sulla cosa facendo disegnare a Marc Silvestri, se non ricordo male , una pila di graphic novel invendute ed abbandonate a margine di una delle sue storie mutanti ), oggi scriverebbe la storia seguendo non il suo personale stream of weirdness, ma in modo + lineare. Chissà. Resta il fatto che il buon Bill - se non consideriamo la incompiuta a cui stava lavorando con Moore sulla vita in un centro commerciale- ha passato gli anni novanta inchiostrando Sal Buscema su Spiderman o Jim Aparo su Bats. So goes life.