Abruzzese, direttore artistico della rassegna ortonese ESTATE LETTERARIA, Romano De Marco esordisce nel 2009 nella collana Giallo Mondadori con il romanzo Ferro & Fuoco, ripubblicato nel 2012 dalla bolognese Pendragon. Nel 2011 è uscito Milano a mano armata, per Foschi Editore (premio Lomellina in Giallo 2012), con la prefazione di Eraldo Baldini. Scrive articoli per le collane Mondadori da edicola e per le riviste Action e Writer's Magazine Italia, entrambe edite da Delos Books.
In questi giorni è arrivato in libreria il suo nuovo - e travolgente - A casa del diavolo: un romanzo che si sviluppa attorno ai misteri d'una remota e sperduta provincia montanara col quale la TimeCRIME, costola «gialla» della rinomata casa editrice Fanucci, inaugura il progetto «Nero Italiano», una collana di pubblicazioni made in Italy rigorosamente "di genere". Lo abbiamo incontrato...
Partiamo da «Nero Italiano». Hai voglia di illustrarci per sommi capi le coordinate del progetto, raccontandoci magari come sei arrivato a farne parte?
Ciao Omar e grazie per l’ospitalità in questo tuo spazio. Il progetto «Nero Italiano» è il naturale proseguimento dell’esperienza TimeCRIME, ovvero una offerta di narrativa di genere thriller-noir di grande qualità, a un prezzo popolare e in una edizione molto curata. Dopo l’exploit di Giuliano Pasini (primo italiano a pubblicare con TimeCRIME, per 14 settimane in classifica col suo Venti corpi nella neve) Sergio Fanucci ha pensato di riservare uno spazio specifico agli autori nostrani, sforzandosi di continuare a contenere il prezzo che, sulla serie “regolare” TimeCRIME, è stato costretto a ritoccare per questioni contingenti. Come sono entrato a far parte del progetto? Semplicemente il mio romanzo è piaciuto a Giovanna De Angelis (editor di Fanucci) e a Sergio Fanucci stesso. Hanno voluto incontrarmi, a Roma, e nel giro di poche settimane mi hanno messo sotto contratto.
A casa del diavolo è un romanzo a suo modo strepitoso, capace di modulare in chiave assai originale tutt'una serie di cliché per certi versi archetipici (il paese di provincia popolato di montanari scontrosi, la diffidenza nei confronti dello straniero, il Male che alligna nei meandri della società arcaica e impermeabile al cambiamento) e non stupisce vedere in quarta di copertina il nome di Eraldo Baldini: molte delle atmosfere del «Grande Gotico Padano» sembrano essere state da te metabolizzate e poi rimasticate attraverso un'abile prospettiva personale: da quale tradizione letteraria hai attinto e quanta documentazione necessita un tema come quello del Satanismo, attualissimo e allo stesso tempo antico, radicato nella più oscura Storia dell'uomo?
Come giustamente sottolinei, le suggestioni e le atmosfere di A casa del diavolo attingono a piene mani da maestri del “Gotico padano” quali Eraldo Baldini e Pupi Avati, due nomi che, non a caso, ho esplicitamente citato nei ringraziamenti. Ovviamente non mi interessava una banale operazione di copia-incolla, così ho cercato di rielaborare il genere introducendo nuovi elementi (come, ad esempio, la questione della truffa bancaria) e ambientando la storia in una location alternativa e abbastanza inedita (le montagne abruzzesi). Sicuramente è presente l’ispirazione, peraltro dichiarata, a modelli celebri, ma con la dignità di una visione personale e, spero, originale. Il Satanismo, in realtà, è un tema più marginale di quanto non sembri all’interno del romanzo. La mia documentazione si è limitata alla lettura di un testo e a parecchie sedute di ricerca in rete. Non mi interessava fare una storia di Satanismo, e del titolo mi piaceva soprattutto il doppio senso che richiama a una località sperduta e difficilmente raggiungibile.
Il personaggio principale, Terenzi, è un giovane bancario rampante trasferito in un paesello tra le montagne a causa di una relazione clandestina con una collega più anziana: finirà travolto da un a nube di foschi accadimenti e di primitivi rituali che daranno luogo a un twist sanguinolento assai spettacolare. La vicenda è narrata in prima persona e oggettivamente, attraverso i pensieri del protagonista, il lettore viene sin dalle prime righe a conoscenza della sua natura di sincero, inguaribile «stronzetto». Una persona che fa leva sulle insicurezze degli altri per andare avanti nella vita. Ciò nonostante sei stato abilissimo nel compiere quel miracolo in cui eccelleva la monumentale Patricia Highsmith: far empatizzare chi legge con un personaggio antipatico se non odioso. Hai incontrato spesso gente di questa fattispecie nel mondo bancario da cui - se ho ben capito dalla tua biografia - provieni oppure è una semplice (ancorché riuscitissima) finzione narrativa?
Ti ringrazio particolarmente per l’ardito parallelo con la Highsmith, una autrice immensa che venero e che molti sedicenti noiristi dell’ultima ora dovrebbero leggere e rileggere ogni sera, prima di auto fustigarsi per espiare le loro colpe. Terenzi è stato una scommessa, un po’ come lo sbirro Matteo Serra nel mio precedente romanzo Milano a mano armata. Un personaggio negativo nel quale il lettore si immedesima e col quale empatizza, al punto da fare il tifo per lui, nonostante si tratti di un vero e proprio bastardo. Riguardo alla tua domanda… sono entrato nel mondo bancario quasi venti anni fa, dopo aver lavorato in tutt’altro ambito, e ti assicuro che personaggi come il fighetto in carriera Terenzi, il capo del personale Paolantoni, la collega Milf Magda Battiston, sono all’ordine del giorno. Mi piacerebbe, prima o poi, cimentarmi in un romanzo che racconti proprio le dinamiche di questo particolare ambiente lavorativo, ma mi frena la consapevolezza che lo abbiano già fatto altri in maniera talmente sublime dal rendere improbabile l’ipotesi che io possa reggere il confronto. Parlo, soprattutto, di Giuseppe Pontiggia con il suo La morte in banca e di Andrea Carraro col più recente Il sorcio.
Parliamo di stile: personalmente sono ossessionato dalla cifra linguistica al punto di essermi meritato sovente l'appellativo di «scrittore barocco», ma ho guardato con somma ammirazione al lavoro di sottrazione cui hai sottoposto la narrazione di A casa del diavolo. Sin da pagina uno la storia prende quota senza rallentamenti di sorta e il ritmo è sempre serratissimo, al punto che si arriva alla fine quasi senza rendersene conto. Non c'è una parola fuori posto, praticamente. Quanto conta il mestiere, in una prova di questa fattura, e quanto è importante la trama per uno scrittore di genere?
Per uno scrittore di genere in generale (scusa il gioco di parole) non lo so, ma posso assicurarti che per me la trama è tutto. La mia scrittura è assolutamente funzionale alla storia, non ho mai neanche lontanamente pensato di voler inventare un nuovo linguaggio o di poter dire una parola originale sullo stile. A me interessa raccontare le mie storie tenendo il lettore incollato alla pagina. Mi onora il fatto che tu parli di “sottrazione” nella narrazione, in realtà è sempre stato quello il mio obiettivo. Per questo detesto i giallisti scandinavi (ai quali sono stato accusato, una volta, di non somigliare…). Il mio obiettivo è raccontare storie criminali come lo faceva la buonanima di Westlake nella sua incarnazione Richard Stark, ovvero senza fronzoli, senza troppe digressioni senza rinunciare nemmeno per una pagine alla tensione narrativa. Riguardo alla scrittura, per la cronaca, il mio modello di irraggiungibile perfezione è la prosa di Raul Montanari, levigata come una roccia di fiume e preziosa come un diamante purissimo, ma so per certo che non arriverò mai neanche lontanamente a raggiungere quei livelli. E mi sta bene, perché ai modelli bisogna tendere idealmente, non cercare di raggiungerli nella realtà.
Per uno scrittore di genere in generale (scusa il gioco di parole) non lo so, ma posso assicurarti che per me la trama è tutto. La mia scrittura è assolutamente funzionale alla storia, non ho mai neanche lontanamente pensato di voler inventare un nuovo linguaggio o di poter dire una parola originale sullo stile. A me interessa raccontare le mie storie tenendo il lettore incollato alla pagina. Mi onora il fatto che tu parli di “sottrazione” nella narrazione, in realtà è sempre stato quello il mio obiettivo. Per questo detesto i giallisti scandinavi (ai quali sono stato accusato, una volta, di non somigliare…). Il mio obiettivo è raccontare storie criminali come lo faceva la buonanima di Westlake nella sua incarnazione Richard Stark, ovvero senza fronzoli, senza troppe digressioni senza rinunciare nemmeno per una pagine alla tensione narrativa. Riguardo alla scrittura, per la cronaca, il mio modello di irraggiungibile perfezione è la prosa di Raul Montanari, levigata come una roccia di fiume e preziosa come un diamante purissimo, ma so per certo che non arriverò mai neanche lontanamente a raggiungere quei livelli. E mi sta bene, perché ai modelli bisogna tendere idealmente, non cercare di raggiungerli nella realtà.
A cosa stai lavorando attualmente e soprattutto: come ti sei permesso a chiamare un tuo precedente romanzo con il medesimo titolo della seconda opera di chi ti sta intervistando?
Guarda, a mia discolpa posso dire che Ferro e Fuoco (il mio…) è stato registrato alla SIAE nel 2006, quindi due anni prima dell’uscita del tuo! Comunque, essendo un romanzo che mi ha dato più di una soddisfazione, sto pensando di intitolare il prossimo La legge di Fonzi… Scherzi a parte, attualmente ho tre inediti pronti. Il primo è il seguito di Ferro e Fuoco (sempre il mio…) che probabilmente uscirà in estate con Pendragon di Bologna (con la quale avevo fatto un contratto per entrambi i titoli prima di entrare in Fanucci). Gli altri due sono thriller italiani diversi fra loro ma entrambi pieni di tensione, azione e colpi di scena. Nei prossimi mesi si deciderà se l’avventura con Fanucci avrà un seguito o meno (e dipenderà sicuramente anche da come verrà accolto A casa del diavolo). Io mi auguro proprio di si perché lo trovo un editore molto dinamico e competitivo, che cura con passione i libri che pubblica e rispetta i suoi autori. Una qualità rarissima nel panorama editoriale italiano, anche fra i colossi dell’editoria.
8 commenti:
Fanucci si sta rivelando casa editrice dalla vista lunga, complimenti ;)
PIPPO
Interessante. Davvero parecchio. Quindi mi sa che devo mettere anche questo libro in conto acquisti. Maledetto Omar, tu, i tuoi libri e le tue segnalazione dei libri degli altri, mi state costando un capitale :D
@Pippo: Fanucci è un mito, non ci dimentichiamo che dobbiamo a lui il successo di Lansdale (e di Dick e di tanti altri) in Italy...
@Luigi, lo so, capita anche a me, vorrei esser capace di starmene nel mio spazio senza visitare nessun altro sito (incluso il tuo) per salvaguardare i miei risparmi, ma poi non ce la faccio e getto un occhio ovunque, ritrovandomi puntualmente con la lista degli acquisti stra-strapiena, dannato internetto!!!
mi sa che lo prendo...
A.M.
E non dimentichiamo Daniel Woodreel, che Fanucci ha rilanciato dopo l'oblio di Bompiani...
(Questo A casa del diavolo intriga parecchio, speriamo non sia tutto fumo)
Jessica 6
Ho letto diversi libri della timeCrime e ne sono rimasto soddisfatto, ad eccezione di "L'ermellino di porpora" che non mi ha sconfinferato per niente. Alla Feltrinelli di Siena ho preso pure in mano i libri citati ma poi ho preferito "La svolta" di Connelly. Ci ritornerò.
Fabio
@A.M. e fai bene...
@Jessica 6: Woodreel, un mio mito personale, trovi numerose recensioni nel blog (e il riferimento al gigantesco film THE WINTER'S BONE tratto da un suo romanzo)
@Fabio: e già, ricordo la faccenda de L'ermellino, ma su TimeCRIME un esperto come te deve tornarci, aspetto in futuro qualche recensione della collana!
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