La pubblicazione di Tutto a posto tranne me, romanzo d'esordio di Cosimo Lopalco, per i tipi della Lupo Edizioni, fornisce il destro ad una breve elencazione circa la presenza sempre più massiccia all'interno della nostra narrativa della famigerata SCU, la Sacra Corona Unita, filiazione in salsa pugliese della più nota Camorra campana che nei caldi Novanta tentò il salto della quaglia venendo violentemente mazzulata dalle forze dello Stato, senza però scomparire mai definitivamente (è comprovato infatti da periodiche indagini di polizia che cellule della malavita fondata dal boss Rogoli siano ancora in funzione e più che mai operative in vaste porzioni del Tacco d'Italia).
Ambientato nel marzo 1987 nella torpida cittadina di Mesagne (nel sud della Puglia, uno dei centri di maggiore promanazione della SCU di quel terribile decennio), il libro di Lopalco è un dolente romanzo di formazione, capace di lucidi momenti di contrasto poetico dove alla rappresentazione della vita di periferia più estrema fanno da contraltare le aspirazioni di grandezza del giovane protagonista: il biliardino diventa in queste pagine la passione prioritaria e il collante generazionale di una gioventù fiaccata dalla miseria (soprattutto morale), priva di qualsiasi sguardo che oltrepassi l'orizzonte di raggelante inconsistenza che il dominio della malavita cementifica e rende insopportabile. Il bar di Salvatore è il principale punto di ritrovo, il luogo in cui, portando nel locale il gelo di una eccezionale nevicata fuori stagione, si presenta Rudi il Cileno, ventenne boss emergente. Ma la sua sorprendente intenzione è solo quella di trovare un partner per partecipare al torneo dell'Inter Club e per Mattia Bonelli, il prescelto, si aprono giorni critici che lo vedono diviso tra una timorosa curiosità e la tentazione di una sincera amicizia.
La sua vita sembra scorrere su due binari paralleli, tra la solida e tradizionale atmosfera di casa e la strada, mentre il rapporto con Rudi rivela una insospettabile dolcezza che smuove in Mattia momenti di bilancio, ricordi sopiti e ammissioni di fragilità, riscoperta di radici.
E mentre la primavera salentina esplode in tutta la sua prepotente luminosità, a pochi giorni dalla finale del torneo di biliardino si gioca il destino dei due amici: per uno dei due il futuro sarà tutto da scrivere, dell'altro resterà una traccia di
dolente purezza.
Qua e là - come di consueto nei bildungsroman - le strade praticate dall'autore incappano nel già visto e non sempre la tenuta del ritmo è ottimale. Pure, non si può non rimanere toccati dalla struggente sincerità con cui si evocano i pomeriggi fatti di noia e musica suonata a tutto volume nelle autoradio, gli sguardi pieni di concupiscenza verso la bella del paese, la rudezza priva di filtri che anima le gerarchie tra i bulli e le mezzeseghe, la tragedia che incombe in ogni istante di vita di questi vitelloni senza direzione cui è capitata la (s)ventura di nascere ai margini di un impero che sembra lontano e irraggiungibile. Un libro vero, quindi, che regala sovente squarci di una realtà devastante (e devastata) che in pochi quaggiù hanno dimenticato.
Ma uno sguardo altrettanto caustico su quegli anni ce lo aveva regalato qualche tempo fa Mauro Chefa (ne parlammo qui) sempre per i tipi della Lupo, a riprova di come il piccolo ma combattivo editore salentino stia perseguendo (chissà quanto scientemente) una sua personale focalizzazione geo-temporale del periodo attraverso lo spettro della narrativa. E sempre su questo blog (qui) abbiamo parlato del bel libro di Clara Nubile, che attorno alla SCU è stata capace di costruire una solida e sfaccettata storia corale con Tu come tutto quello che tocchi. Impossibile inoltre non menzionare Osvaldo Capraro (qui) che nel 2005 fa ci regalò con Né Padri né Figli forse il primo vero spaccato di una terra che stramazzava sotto gli effluvi puteolenti della SCU. Infine, ultimo ma non ultimo, chi scrive con il suo La legge di Fonzi ha affrontato il tema di sghimbescio, affondando il suo western-terrone nelle medesime, ributtanti acque melmose di malavita e corruzione. Forse finalmente possiamo parlare di SCU senza prenderne semplicemente le distanze?
Tutto a posto tranne me - Cosimo Lopalco (Ed. Lupo)
Qua e là - come di consueto nei bildungsroman - le strade praticate dall'autore incappano nel già visto e non sempre la tenuta del ritmo è ottimale. Pure, non si può non rimanere toccati dalla struggente sincerità con cui si evocano i pomeriggi fatti di noia e musica suonata a tutto volume nelle autoradio, gli sguardi pieni di concupiscenza verso la bella del paese, la rudezza priva di filtri che anima le gerarchie tra i bulli e le mezzeseghe, la tragedia che incombe in ogni istante di vita di questi vitelloni senza direzione cui è capitata la (s)ventura di nascere ai margini di un impero che sembra lontano e irraggiungibile. Un libro vero, quindi, che regala sovente squarci di una realtà devastante (e devastata) che in pochi quaggiù hanno dimenticato.
Ma uno sguardo altrettanto caustico su quegli anni ce lo aveva regalato qualche tempo fa Mauro Chefa (ne parlammo qui) sempre per i tipi della Lupo, a riprova di come il piccolo ma combattivo editore salentino stia perseguendo (chissà quanto scientemente) una sua personale focalizzazione geo-temporale del periodo attraverso lo spettro della narrativa. E sempre su questo blog (qui) abbiamo parlato del bel libro di Clara Nubile, che attorno alla SCU è stata capace di costruire una solida e sfaccettata storia corale con Tu come tutto quello che tocchi. Impossibile inoltre non menzionare Osvaldo Capraro (qui) che nel 2005 fa ci regalò con Né Padri né Figli forse il primo vero spaccato di una terra che stramazzava sotto gli effluvi puteolenti della SCU. Infine, ultimo ma non ultimo, chi scrive con il suo La legge di Fonzi ha affrontato il tema di sghimbescio, affondando il suo western-terrone nelle medesime, ributtanti acque melmose di malavita e corruzione. Forse finalmente possiamo parlare di SCU senza prenderne semplicemente le distanze?
Tutto a posto tranne me - Cosimo Lopalco (Ed. Lupo)
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