Sono poche ma invero assai interessanti le cose che funzionano in questo The Reef, thriller acquatico made in Australia firmato con mano sicura (ancorché convenzionale) dal regista Andrew Traucki e interpretato da un cast di motivati sconosciuti. La pellicola va a braccetto con l'altrettanto valido Black Water (2007), sempre dello stesso Traucki, uno che evidentemente ha il pallino delle bestie pericolose (lì era il coccodrillo, qui lo squalo). Siamo in Australia - il continente più pericoloso del mondo secondo alcune stime - dove cinque amici si avventurano per una vacanza in barca a vela. Durante il tragitto però l'imbarcazione travolge uno scoglio e si capovolge lasciando il gruppo letteralmente alla deriva. Unica possibilità di salvezza è cercare di raggiungere a nuoto l’unica isola che si trova nelle vicinanze, ma muoversi in acque frequentate dai pescecani non è certo missione da poco.
Il tema dell’attacco da parte di animali marini è ormai, cinematograficamente parlando, un argomento declinato in tutte le salse, pertanto riuscire ad imbastire una storia che sfrutti in maniera innovativa queste coordinate risulta, con tutta evidenza, una impresa ad altissimo gradiente di deja vù. Traucki ci prova con risultati non sempre all'altezza, ma lo fa con appassionata lealtà e bisogna ammettere che The Reef regala momenti di sicuro impatto. Gli squali (uno squalo bianco, più una serie di pinne improvvise e qualche rapido movimento a pelo d’acqua), sono visivamente superiori al coccodrillo della precedente pellicola (anche perché mai posticci). Se là il primo piano dell’occhio dell’alligatore bastava a definire la pericolosità della creatura, qui il non focalizzare mai in maniera nitida il bestione dei mari gli regala una maestosa e sfuggente magnificenza, una sorta di terribile "spersonalizzazione" che favorisce il coinvolgimento dello spettatore a quella sensazione di minaccia incombente che avvolge i protagonisti a mollo nell'oceano (anche perché non è possibile addomesticare uno squalo e quindi le sequenze che lo riguardano sono riprese reali, magari prelevate da qualche documentario - la storia tra l'altro sembra essere l'adattamento di un fatto vero, ma il cinema su queste cose ci gioca un po' troppo!). La mancanza di originalità zavorra talvolta, questo è indubbio, la visione dell'opera; ma non si può non menzionare l'efficacia della parte riguardante il rovesciamento della barca e della conseguente esplorazione dell’abitacolo, sommerso, alla ricerca di viveri, equipaggiamento e strumenti di segnalazione. La tensione che Traucki riesce a ingenerare là sotto gela il sangue, alternando riprese subacquee che attutiscono l’audio ad affannose emersioni. Basta una piccola scossa, la barca che ondeggia, un rumore improvviso, ed improvvisamente sembra di essere anche noi bloccati sott'acqua e in balia di ogni pericolo. Decisamente, dopo la visione, si preferisce rimanersene sulla terraferma!
5 commenti:
Complimenti da un nuovo estimatore, per la prosa schietta e franca che rifugge i fronzoli nel dare giudizi e critiche corpose. Complimenti che sgorgano spontanei nell'incontrare nel nostro profondo sud una personalità che ha saputo affermarsi a livello nazionale.
Più che sufficiente?
@martino: grazie di cuore e torna a trovarci quando vuoi (ti do del tu perche' siamo a casa mia e quaggiu' si usa cosi':-)
@silvia: per me e' un si (come direbbero a Xfactor:-)
Sartoris by Mobile
Sarà il mio animo da naturalista, ma 'sti film che prendono degli animali e ne fanno dei mostri (squali, ragni, coccodrilli, serpenti, felini vari etc) mi fanno solo incazzare. Lo squalo, il film famoso di Spielberg (giusto?) ha fatto dei danni enormi nei confronti di questo che è un animale, in tutte le sue molte specie, estremamente minacciato d'estinzione. La colpa non è del film, ovviamente, ma pensare che sia solo un terribile animalaccio, beh, magari fa essere un po' meno sensibili nei suoi confronti, a differenza, non so, del simpatico panda. Tema complesso, ma che andrebbe trattato, perchè un film ha sempre un impatto maggiore su altri tipi di informazione. E con questo non voglio imbavagliare l'arte, figuriamoci, ma attribuirle anche delle responsabilità etiche.
@Pagasus: uhelà Andrea, qual buon vento. Il discorso degli animali trasformati in mostri è una faccenda annosa e articolata: credo anche superata (nel senso che oggi il beast-movie è un genere decisamente dotato di una certa consapevolezza per cui gli squali/coccodrilli/piovre e compagnia bella sono rappresentati ad un grado tale di esagerazione che chi li guarda sa di non doverli prendere sul serio) ma THE REEF è interessante proprio perchè non dipinge il bestione come un prodotto mostruoso dell'oceano ma semplicemente per il predatore (che poi è esattamente ciò che è) abituato a mordere e cacciare per istinto più che per cattiveria!!!
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