«La domenica mattina, o il sabato pomeriggio, Mastre e Veronio aprivano la gabbia a Panterina, che usciva nel verziere. Avvicinatasi al tronco d’un fico, lo incideva con gli artigli. Poi fiutava i muri, guardando in alto. Pareva ammirasse il cielo. In contrasto col manto nero, gli occhi gialli erano pepite d’oro. E anche il collare d’acciaio brillava in maniera insolita. Alla carne macinata, preferiva polli e conigli, che loro compravano al supermercato. Talvolta glieli strappava di mano con una zampata, addentatoli. Le ossa scricchiolavano tra le mandibole. Delle galline, lasciava zampe e testa, dei conigli soltanto la testa. Dopo, entrava in casa. Sdraiata sul divano, s’assopiva. Alle loro carezze restava assai distaccata. Avessero insistito, li avrebbe guardati coi suoi occhi traversati da un riverbero cupo. Se invece era lei a voler giocare, gli accostava collo e schiena alle gambe. Durante uno di questi giochi, profittando del fatto che Veronio voleva allargarle il collare, se lo sfilò tirandosi indietro di scatto. Adesso non sapevano come fare per riportarla nella gabbia. Provarono mettendovi della carne. Sazia, la ignorò. Andò dentro, passata mezzanotte.
Venne freddo. Il sole batteva nel suo angolo solo al mattino. Teneva gli occhi socchiusi, il corpo percorso da un tremito. Mastre e Veronio pensarono fosse ammalata. Chiesero a Michelangela se conosceva un veterinario di cui fidarsi. Il veterinario consigliò di metterle paglia nella stia. Animali assai umorali, male accettavano l’inverno, specie in cattività. Loro tanto fecero. Ma lei ammucchiò la paglia in un angolo, muovendo le zampe anteriori alla stregua di braccia. Voleva stare sulla terra nuda. Come di consuetudine, un sabato pomeriggio la liberarono. Uscì, stiracchiandosi e sbadigliando. Poi, salita sul fico, dai rami alti scavalcò il muro, scomparendo. Esterrefatti, Veronio e Mastre si guardarono in silenzio. Dalle case vicine provenne qualche grido, che pareva più di meraviglia che di paura. Colti dal panico, decisero disfarsi della gabbia che, in breve, ridussero a ferraglia. Poi, col furgone, andarono a gettarla in una discarica abusiva, vicina al Tevere. Tornando indietro, trovarono nel quartiere le macchine della polizia.»
da “La sfida e la pantera”
in Il viaggio dell'orsa
Vincenzo Pardini (Ed. Fandango)
2 commenti:
Anni di elettrocuzione e chirurgia sperimentale - come direbbe Lucio Dalla - avevano fatto di Druuga una panterona combo di bronzo-di-Riace-guerriero- della-Pace ( copyright Mino Reitano ) e Giasone Facciadirame, l'esploratore dell'ignoto dalla epidermide sberlusc dei comics che leggeva quando era una bimba prigioniera nel corpo di una bimbo.
Si era poi innamorata di Nato Guttuso, cantante pop e pittore pop, al punto di lasciare un lavoro appagante come controfigura di Mel Gibson in "Mad Max XXX : 50 sfumature dell'Outback" x scrivere come ghost writer la bio del suo amor e "Re Nato Zero" era stato un bestseller come nemmeno il corso di salto sopra lo squalo di The Fonz.
NG si era comportato come un bastardo - come tutti gli uomini secondo Druuga - e l'aveva mollata x Marzo Marz8, leader sindacale delle mondine sulle colonie extramondo. Druuga l'aveva presa bene - la vita è breve come la permanenza in edicola di Saguaro: non ha senso fingere che durerà come quella di Tex - e si era messa in viaggio, dopo il crepuscolo, alla volta della Barriera Dimensionale alla fine del Mondo dove avrebbe potuto comperare un passaggio x un altroquando in cui tutti gli eroi erano belli e buoni e la loro camicia gialla visibile da lontano anche nei rari giorni di pioggia a sud di Nogales.
Era in coda davanti allo sportello di Master Veronio, primo coordinatore dei dislocatori, quando tutta quella birra doppio malto assunta x farsi coraggio chiese di poter guadagnare l'uscita. Sullo scontrino della sua corsa verso il West era un codice x accedere alla toilette. A volte bastare digitare un tastierino x allontanarsi dai propri pensieri. In piedi davanti ad uno specchio, Druuga vide un guerriero mascelluto e dalla chioma non totalmente domata. Non era ancora il momento di arrendersi. Di scappare. La pantera può tornare nella sua tana e leccarsi le ferite, ma quando scende la notte è il momento di cacciare. Master non ne volle sapere di rimborsarle il biglietto , ma le diede un buono x altra merce e Druuga comperò una miniserie Vertigo - mai uscita nel suo universo - con il dottor Christian Szell che cura le carie di Predator e Alien senza anestesia ( Omar di Monopoli/ Paolo Eleuteri Serpieri ndr ). Adoro il lieto fine.
@Crepa, oh, quando non ti fai vivo per qualche giorno sto in ansia!!! ;-)
Posta un commento