Libro scritto in giovinezza e più volte rielaborato, rivisto, rimaneggiato e rimasticato dal suo autore, Brucia, Troia è un romanzo pressoché innocuo che - oltre a non aggiungere niente di sostanziale alla complessa macchina narrativa messa a punto in questi anni da Sandro Veronesi - soffre forse per l'eccessiva sedimentazione trasudando ora una molesta ampollosità, ora una certa vacuità espressiva. La pur interessante vicenda si svolge nella periferia suburbana di una generica provincia italica (che forse è Prato ma potrebbe trattarsi d'una borgata romana, quindi giocoforza pasoliniana), a cavallo tra i cinquanta e i sessanta e si conclude - in un'apoteosi pirotecnica - nel 1970, anno che coincide con l'estinguersi del boom economico e lo start dei moti in cui flotte di sconfitti danno voce alla loro disperazione. Il romanzo procede inframezzando le vicende degli abitanti di due mondi al confine, antitetici ma speculari. Da una parte il Cantiere, ghetto diruto e miserabile, abitato da disadattati che vivono di furtarelli e prostituzione (puro Pasolini, appunto!). Dall'altra il brefotrofio dei Cherubini, rifugio salvifico per trovatelli dove impera - con metodi da Gestapo - la figura apocalittica di padre Spartaco, ex missionario e profeta carismatico. Questi due mondi si intersecano dapprima con Salvatore, fuggitivo che al Cantiere trova rifugio venendo adottato da un ricettatore mezzo orbo e, alla morte di quest'ultimo, dall'amico Miccina, piromane che sbarca il lunario dando fuoco (su richiesta dei proprietari smaniosi del premio assicurativo) alle fabbriche in fallimento. Salvatore cresce scimmiottando le gesta dei suoi protettori sino al giorno in cui riesce ad assumere il cognome e l'identità del camionista morto Rolando Morgante. Nel frattempo padre Spartaco, sempre più ossessionato dalla costruzione di un grande santuario mariano dove officiare riti pagani di sua invenzione, lascia l'amministrazione dell'istituto dei trovatelli dedicandosi completamente al suo progetto. Sarà Pampa, adolescente del Cantiere e nuovo pard di Morgante, a oltrepassare ancora una volta i confini per vendicare le violenze subite nel lager di padre Spartaco, provocando l'incendio del brefotrofio - che distruggerà anche l'impalcatura futurista del santuario insieme alla rispettabilità del convento e all'aureola di santità del missionario.
Il tentativo del primo Veronesi è quindi qui lampante: non padroneggiando ancora l'universo borghese che contraddistinguerà la sua futura cifra (e che farà la sua fortuna, leggasi Caos calmo), lo scrittore ai suoi esordi prova a descrivere con una prosa aspra (ma non priva di artifici) un'umanità scalena e borderline. Ma il bersaglio non viene centrato e il romanzo nel complesso gronda un distacco che impedisce qualsiasi empatia con i protagonisti della storia. Peccato. Occasione persa. Titolo sublime, però (rubato da una canzone di Capossela).
Brucia, Troia - Sandro Veronesi (Ed. Bompiani)
2 commenti:
Ho amato Veronesi, ma condivido tutto. Leggibile, ma niente di che. Tirato fuori dal cassetto sicuro di vendere, avendo venduto prima.
Annalisa, difficile darci torto, e infatti è opinione condivisa dalla critica e dal pubblico, circa questo romanzo ;-)))
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