Il meridione uscito dalla penna di Omar Di Monopoli proietta la tradizione criminale al centro di una bolla immaginifica che unisce più influenze, dal sud più efferato e torbido di una certa narrativa statunitense alle acrobazie truculente e visionarie di autori e registi che vanno da Sam Peckinpah a Robert Rodriguez.
Parole come inflorescenze spontanee o come tasselli di un disegno stilistico? Spuma torrentizia o articolazione di senso? In che modo inquadrare Nella perfida terra di Dio, quali dettagli possono aiutarci a individuare una sorgente, una radice che affondi in un’intenzionalità riconoscibile? Affidarsi alla scrittura e così sia, verrebbe da dire, perché sta nell’oscillazione armonica di paesaggi, dialoghi e caratteri, la verità sull’opera pubblicata da Adelphi. Affidarsi, perché fin dalle prime pagine il passepartout emozionale apre uno spiraglio attraverso cui ammirare la parata sfarzosa, godibile e articolata nel medesimo tempo, ritmata e caleidoscopica.
Tornando alla tradizione criminale, verrebbe da pensare a una sorta di esplosione controllata di figure caratteristiche e contorsioni di potere, a una deflagrazione in mille parti che toccano i confini del grottesco. La maschera apposta su personaggi assolutamente credibili, materiale umano da cronaca nera, consente una messa a fuoco ancora più precisa di malvagità e scelleratezze. È la mano dello scrittore a determinare angolazioni e miscelatura delle luci, a orchestrare la finzione altre i margini dell’oggettività, rimanendone al contempo fedele.
Il tutto danza davanti a un fondale da commedia dell’arte, e dio solo sa di quanta commedia dell’arte rivisitata e di carattere, e di attitudine allo sberleffo, abbiano bisogno i nostri tempi. Sulla tela scenografica non mancano riferimenti pulsanti alla realtà odierna: dallo stoccaggio irregolare di rifiuti tossici, reso possibile da politica e malavita in combutta, alla presenza di un tristemente noto polo siderurgico, il cui fetore “è una delle forme manifeste dell’incuria”.
La trama prende corpo da un canovaccio “spaghetti- western”.
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