mercoledì 19 luglio 2017

Caneschi su CriticaLetteraria...

Torniamo a parlare di scrittura, finalmente. Non di storie. O di un libro. Di scrittura. E nel panorama nazionale non è semplice né scontato. Mi era capitata la stessa sensazione con i cinghiali di Giordano Meacci. Saranno fissazioni le mie ma oramai prediligo lo sforzo dell’autore in vista di un linguaggio che sia di sana e robusta costituzione, aspetto rilevante dell’opera e voce dell’autore stesso.
Nel folgorante romanzo di Omar Di Monopoli, una scoperta dagli esiti straordinari, le costruzioni sintattiche vernacolari, di matrice messapico-campana, si fondono con un italiano elevato per giungere a un dialetto unico che non è il salentino puro anche se siamo nel cuore del triangolo Lecce-Brindisi-Taranto. Gli somiglia. Ciò che importa, tuttavia, è che diventi un suono costante e inconfondibile, fin dalla prima riga.
Questo lessico, da insolito, in un battibaleno diventa familiare, ha il pregio di non stancare, anzi permette di addentrarci nell’ipnotico sviluppo della trama fino a convincerci che è la sola lingua possibile per creare la giusta atmosfera. Stavolta non posso esimermi dal riportare un esempio concreto. Proprio l’incipit:
«L’impronta rancida della malattia non voleva saperne di abbandonare la stanza in cui il vecchio mbà Nuzzo aveva tirato le cuoia tre giorni prima, allignando ostinata anche nel soggiorno ronzante di mosche incattivite dal caldo, quando il pick-up color caffellatte, un Volkswagen sbiadito e smarmittato che sembrava pronto per il ferravecchio, spuntò oltre il limite del cancello e si fece strada lentamente sul vialetto soffiando neri sbuffi di gas di scarico e smuovendo piastre di fango raggrumato».
Le mosche incattivite dal caldo potrebbero benissimo essere quelle delle scene iniziali di C’era una volta il west, con Charles Bronson-Armonica che prova a catturarle in una fetida stazione. Il mezzo, seppur moderno, che si fa strada lentamente sul vialetto fa balenare alla mente le carovane o i gruppi di gangster che arrancano o cavalcano nelle strade polverose dinanzi ai saloon e agli uffici dello sceriffo. Sì, siamo di fronte a un western ma non ho intenzione di indulgere su questo aspetto perché l’ho già letto da più parti. Soltanto su un passaggio voglio soffermarmi per dare conferma di un libro alla Sergio Leone. (continua qui)

13 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

Mai associato il concetto di pusillanimità alla monica di Monza al tempo in cui mi addormentavo poco dopo il crepuscolo maledicendo il Manzoni per lo stramaledetto capitolo sulla biblio di don Ferrante. Non che andassi a scuola in un quartiere difficile - liceo nella parallela del Palazzo di Giustizia - ma accusare di avere una anima a scartamento ridotto un personaggio dei Promessi Sposi non era igienico perchè la nostra prof, sebbene assomigliasse alla Mina dei sixties , aveva un che del Bronson di Leone quando difendeva tutti quei caratteri western nel romanzo e cioè il comeparlifrate che in un duello era precipitato e da lì risalito e l'Innominato ovvero il primo di una lunga serie di cattivoni in attesa di catarsi come Darth Vader e Magneto.
Ho sempre pensato che la sventurata fosse precipitata in un duello con la vita ed il tempo e che la sua catarsi era in un capitolo che il Gran Lombardo ( non Beppe Viola ndr ) aveva dimenticato da qualche parte e che il suo papà ed il suo tempo fossero davvero la prova che per alcuni il padreterno da qualche parte si azzoppa ed arriva troppo tardi bardatu di Provvidenza.

sartoris ha detto...

@crepa vecchio mio, tue considerazioni a parte, questa è una delle recensioni più centrate che abbia mai ricevuto;-)

CREPASCOLO ha detto...

Ne parlavo l'altra sera con Stan Lee e Steve Ditko che - in modo diverso - hanno le loro perplessità su Spiderman: Homecoming in cui Michael Keaton nei panni del cattivone The Vulture è un piccolo imprenditore che ha cominciato a trafficare in tecnologia aliena per sopravvivere in una America in cui i ricchi mercanti di armi, come Tony Stark /Iron Man , lasciano ai sanculotti 2.0 solo le briciole che cadono dal tavolo e la rumenta.
Io ho preso la parola e ho detto che nel nostro Paese la contrapposizione tra grande crimine e chi in qualche modo cerca di ricavarsi una nicchia è raccontato in un romanzo che piace e fa discutere. Se ti chiama il Sorridente per chiederti di scrivere il prossimo - ennesimo - reboot di The Punisher come fosse un western sergioleonico con suore ed armoniche e sparatorie nelle biblioteche, sai chi devi ringraziare...

CREPASCOLO ha detto...

Cambiando argomento, ammetto che le prime righe del signor Caneschi sulla necessità di rivendicare una centralità sulla scrittura come (ri)creazione di una lingua che sia personale e vivace mi hanno dato materiale sul quale è opportuno rifletta.

sartoris ha detto...

@crepa quando abbandoni la tua consueta surrealta' situazionista per commentare seriamente mi stupisci sempre;-) in positivo, sia chiaro;-):-P

Anonimo ha detto...

Anche la mia, diciamolo, non era male, ancorché nato il 1° maggio. L'impasto linguistico dimonopoliano si presta davvero ad un sacco di suggestioni. Un saluto a Crepa che mi incasina sempre con un altro tipo di linguaggio. Lunga vita ad entrambi (la mia è agli sgoccioli).
Fabio

sartoris ha detto...

@Fabio, infatti ho scritto UNA DELLE RECENSIONI, tra le altre ben riuscite c'era anche la tua, ovvio :-) (poi guarda, ogni recensione fornisce spunti di riflessione ad un autore, anche quelle più malevole e decentrate - con quest'ultimo libro fortunatamente di questo tipo ancora non ne ho riscontrate!!!!)

Anonimo ha detto...

D'accordo. L'ho fatto per ricevere un complimento. Da vecchietti tirano su.
Fabio

sartoris ha detto...

@Fabio, per farti gongolare allora ti rimando a questo link. L'agenzia estera che mi rappresenta per Adelphi ha scelto la tua recensione oltre a quella di Repubblica per promuovere il mio libro :-)

Anonimo ha detto...

Li mortacci! Chissà quanto guadagnerò. Di sicuro mi sposto in una villa.
Fabio

Anonimo ha detto...

Lasciando da parte le battute sono contento di contribuire in minima parte al successo di un gran bel libro.
Fabio

sartoris ha detto...

@fabio tranquillo, la villa in cui ti trasferirai sarà Villa Arzilla (Sorry, boss, me l'hai servita su un piatto d'argento;-)

Anonimo ha detto...

OK! In toscana se non accetti le battute sei un uomo morto.
Fabio