lunedì 12 ottobre 2015

una luce in fondo al tunnel

con dubbio incorporato…
Gli scrittori di romanzi polizieschi intesi in senso lato sono ottimisti o pessimisti nei riguardi dell’animo umano? Stando ai loro parti mostruosi di morti ammazzati da tutte le parti verrebbe da considerarli più pessimisti dei filosofi più pessimisti. In molti casi il nero dell’uomo persiste fino all’ultima pagina. In altri, invece, proprio al termine dei loro massacri, ecco spuntare una luce nel buio. Una luce in fondo al tunnel.
Naturalmente non è una novità ed il sottoscritto riporta solo qualche esempio tratto da recenti letture. Partiamo da Perfidia di James Ellroy, un librone mastodontico che mette angoscia solo a guardarlo. Spunti veloci. Los Angeles. Sta arrivando la seconda guerra mondiale. Quattro rapine in un mese ed uno stupratore in giro. Alla loro caccia Hideo Ashida, giapponese di seconda generazione, laureato in biologia e chimica, poliziotto insieme a Pinker, Blanchard, Meeks ed altri personaggi più o meno citati in precedenti libri dell’autore. Poi ecco quattro giapponesi sventrati della famiglia Watanabe, quattro spade sporche di sangue. Suicidio o omicidio? Non la faccio lunga. Tradimenti, documenti falsi, accordi illegali, barbarie, si uccide, ci si ammazza di botte, si frutta l’altro amico o nemico, impasticcamenti, droghe, sesso dappertutto, il marcio dell’uomo che dilaga come una puzzolente chiazza di petrolio nell’America in guerra. Mitragliate di parole a getto continuo, a volte anche nelle parti basse.
Ma l’amore, il sentimento d’amore, quello vero, quello del cuore? Si può trovare in questo orrido miscuglio di merda? Si può trovare. In fondo. Proprio in fondo all’ultima pagina. William Parker, uno dei tanti poliziotti fradici (alcolizzato), entra in casa di Katherine Ann Lake (infiltrata). Un colpo di vento attizzò la fiamma del camino e illuminò di rosso i suoi capelli. Parker sentì l’odore della prateria e disse :- Katherine, amore. Come a dire che c’è sempre speranza. Speriamo.
Si continua con Scarafaggi di Jo Nesbø. Bangkok, gennaio 1998. Dim, prostituta sventurata come tante altre. Appuntamento con un cliente. Solo che lo trova “sdraiato sul letto a pancia in giù” con un coltello che spunta dalla giacca. Un pezzo grosso, Atle Mones, diplomatico norvegese, cosa assai spiacevole per l’attuale governo. Occorre qualcuno che vada laggiù e risolva il caso “in silenzio”, ovvero Harry Hole sbevazzone spilungone dai capelli chiari tagliati corti. Accetta solo se gli danno mano libera sul caso dello stupro della sorella down non risolto. Tra una indagine e l’altra, non priva di movimento, di suspense e pericolo per il nostro Harry, ecco spiattellata una società dove emergono: la prostituzione di ogni genere compresa quella infantile, i gay, i travestiti, le scommesse, la boxe thailandese (colpi con ogni arto), i fumatori d’oppio, i combattimenti di galli a porte chiuse. Relazioni sessuali a go-go e situazioni inconcepibili rese del tutto normali, polizia marcia o che chiude un occhio. Scontri e scontri, botte da orbi e pistolettate. Finale in crescendo (Harry si incazza di brutto) e una specie di sogno provocato dall’oppio. Una ragazza, quella di cui si era innamorato in piedi, sulla veranda. Un tuffo nell’acqua. Poi si fece silenzio e l’acqua verde rifletté nuovamente il cielo, come se lei non fosse mai esistita. Lui aspirò un’ultima volta prima di sdraiarsi sulla stuoia di bambù e chiudere gli occhi. Poi sentì il battere smussato delle bracciate. Ah, l’amore…
L’incanto delle sirene di Gianni Biondillo. Milano, settembre e caldo boia. L’ispettore Ferraro in piscina per togliersi qualche chilo di troppo (la figlia Giulia lo tratta come una palla di lardo), lui che, giovanotto secco secco, era chiamato Chiodo dagli amici del quartiere. Vorrebbe defilarsi un po’ da tutto ma questa volta deve vedersela con l’omicidio di una modella, una di quelle “sirene” o “divinità iperuranie” che volteggiano sinuose nella sfilata di moda del noto Varaldi. In effetti il colpo di fucile (un M24 SWS con mirino ottico) doveva toccare proprio a lui ma si è chinato al momento giusto a raccogliere delle orchidee. Da qui l’indagine che Ferraro conduce soprattutto per l’insistenza di una vecchia amica nel mondo della moda, Luisa Donnaciva, con la quale si ritrova abbracciato nella doccia come dieci anni prima (corsi e ricorsi storici). Una pista potrebbe essere quella di uno sgarro che il suddetto Varaldi avrebbe fatto a chi gli forniva la droga.
Accanto all’indagine la storia di Aisha, nove anni, riccioli ribelli e due occhioni azzurri (Occhiblù) e il fratello Mu’ammar costretti a lasciare il proprio paese bombardato per l’Italia dove vive un altro fratello. La bambina si ritroverà sola lungo il viaggio, avrà l’aiuto del clochard Baffo (Oreste) che vuole ritornare a casa perché sente giungere la sua fine e anche quello della prostituta Marta che accoglie i suddetti al momento del bisogno (da fiaba).
Al termine di un quadro desolante della nostra società (non sto a raccontarvi tutto) arriva Ferraro che nulla lo turba, nulla lo infastidisce. Lui non crede alla storia della livella. Siamo tutti diversi, anche nella morte. Ma qualcosa all’improvviso si rompe nel suo petto proprio davanti ad una bara. Ferraro si accorse che stava singhiozzando, sempre più forte. Senza freni.
Senza ragione apparente di Grazia Verasani. Siamo a Bologna con l’investigatrice Giorgia Cantini. Caso da seguire un suicidio di uno studente senza ragione apparente come da titolo. Ma la madre vuole vederci chiaro. Allora via attraverso il mondo degli adolescenti, il loro rapporto con il sesso, le trasgressioni, le inquietudini, incertezze e paure. Le indagini per scoprire la verità sono un pretesto per un altro tipo di indagine sugli altri e su noi stessi, sulla nostra umanità. Finale con rete ingarbugliata di sentimenti, tristezza grigia e piovosa come il tempo con qualche sprazzo di luce.
Alla fine del libro Mattia, il figlio sedicenne del capo della Omicidi Luca Bruni, compagno attuale dell’investigatrice Giorgia Cantini, corona il suo sogno d’amore con Celeste. In prima persona dalla suddetta Oh, cazzo dico ad alta voce, e mi sfrego gli occhi ridendo. Oh, cazzo. Poi mi metto a piangere.
Qualcosa che si smuove dentro di noi, un raggio di speranza, una luce in fondo al tunnel, dicevo. Magari con pianto liberatorio.
P.S. Piccolo dubbio. Speranza vera dello scrittore o trucchetto per “sciogliere” il lettore dopo l’esposizione di tanto male e tenerselo caro per il futuro? D’accordo, sono cattivo. [Fabio Lotti]

10 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

Secondo una teoria che ho trovato citata, se non ricordo male, in un libro o in una intervista di Dan Luttazzi, i police procedurals , i medical dramas e l'immagine che si ricompone nei pixel di uno schermo assolvono alla stessa funzione catartica ovvero la presentazione di un dramma che si scioglie ( o meglio si ricompone ) tranquillizzando lo spettatore.

sartoris ha detto...

@Crepa direi che tale affermazione può essere vera per molti dei prodotti d'intrattenimento contemporanei (per lo meno di quelli a largo consumo, ché poi graziaddio certi film e libri non ci regalano necessariamente il lieto fine, proprio come la vita vera :-)))

CREPASCOLO ha detto...

Angela Lansbury continua meccanicamente a correggere il trucco, lo sguardo assente di chi è altrove, mentre lo specchio riflette la porta alle sue spalle chiusa come le chiese del suo amico Antonello Venditti quando ti vuoi confessare. Al piano di sotto del suo home la festa x i suoi 90 anni è già iniziata e Geo Clooney e Matt Damon stanno mettendo in scena Ocean 101 con tutti i dalmati di Glenn Close e Ralph Fiennes gira con una parrucca pompadour cantando a squarciagola Amadeus di Falco.
Qualcuno tira del ghiaietto alla sua finestra. Angie si affaccia e vede James Ellroy che sorride dalla sua Torpedo Blu. Scendere di sotto e ritornare uno tra tanti pixel che compongono l'immagine fino alla catarsi o perdersi nel crepuscolo e nel caos come non ci fosse un domani ? Angie decise in meno tempo di quanto ne sia servito a me x scrivere la domanda...

Anonimo ha detto...

Il dubbio volutamente ingenuo (qualcosa sulla catarsi la conosco anche io) mi è servito per presentare velocemente quattro libri interessanti.

Anonimo ha detto...

Naturalmente sono io.
Fabio

CREPASCOLO ha detto...

A me basta x agitarmi leggere una intervista di Jimmie Ellroy che dice che si chiude in una stanza a scrivere e comincia a comporre dei bigliettini con i nomi dei personaggi e poi si mette ad unirli con delle righe su di un foglio e penso che prima o poi passerà al lino e da fuori , diciamo sbirciando da una finestra, sembrerà di assistere ad una rappresentazione di un vecchio mito africano sugli uomini ragno che raggiungono la luna e mi pare di vedere Ascanio Celestini e Marco Paolini che lo sbirciano dalla finestra e poi scrivono la storia di un tizio che si chiude in casa x sfuggire non si sa cosa, forse la coscrizione obbligatoria o uno tsunami e tutto sembra quel vecchio, velocissimo racconto di Steve King con un tizio che si chiude in una camera blindata dopo la apocalissi ed è l'ultimo essere umano sul pianeta e sente bussare.

CREPASCOLO ha detto...

Se fossi l'ultimo uomo sul pianeta dopo una apocalisse e sentissi bussare sono sicuro che aprirei x trovarmi davanti Steve King.

CREPASCOLO ha detto...

E mi andrebbe anche bene: ho letto che Lucarelli ha intervistato Ellroy dopo aver letto che spesso si lascia prendere da una sorta di raptus e saltella in giro e ringhia e che aveva paura x tutto il tempo che il suo ospite saltellasse in giro ringhiando.

Steve king si chiude in una camera blindata dopo la solita apocalissi nucleari e fuori ci sono clowns assassini, cagnoloni rabbiosi ed infermiere poco raccomandabili e quando si è messo al tavolo a ragionare di catarsi qualcuno bussa alla porta ed è Lucarelli inseguito da Ellroy.

sartoris ha detto...

@Fabio ovviamente non c'era alcuna venatura critica nella mia notazione, spero si sia capito :-)

Anonimo ha detto...

Sì, sì l'ho capito. Per ora mi dimentico solo dei nomi. Per ora...
Fabio