domenica 13 settembre 2015

tra detective e walkers...

archiviata ormai l'estate (nonostante nel tacco peninsulare si continui a sudare parecchio) proviamo a fare un veloce punto su alcune serie televisive che ci hanno accompagnato in questi mesi. Partiamo da quella più vituperata, quella session 2 di True Detective sulla quale si può forse guardare con più lucidità ora che finalmente le ceneri della bomba critica (preceduta da un un'attesa senza pari) sembrano perlopiù essersi depositate. La prima stagione aveva preso tutti in contropiede: ogni puntata - grazie anche alla regia capace di Cary Fukunaga - era stata una sorpresa. I monologhi, la lotta tra bene e il male, gli inseguimenti, i crimini, il Re Giallo. E soprattutto le location: puro southern gothic da esportazione con tanto di acquitrini paludosi, pickup sgangherati e predicatori di campagna. Con la seconda stagione lo scrittore Pizzolatto ha voluto cambiare totalmente registro: virando su uno scenario metropolitano, ha puntato tutto sui personaggi (interpretati da Colin Farrell, Vince Vaughn, Rachel McAdams e da Taylor Kitsch) preferendoli nettamente alla trama. Il risultato finale sono stati otto episodi che il grande pubblico non ha ben capito (o non ha voluto capire, spinto com'era dal battage ostile e sardonico esploso in rete). Eppure c'era tanto di buono, in questa ennesima rivisitazione cupa dei protocolli più classici del noir. Interpreti dotati, aree urbane corrotte dal cemento e dal male e una scrittura che non si peritava di attingere ai capisaldi del genere. Forse non filava tutto liscio e nella commistione di cose messe a cuocere qualche particolare andava perduto sfilacciando il disegno complessivo, ma d'altronde non capita così di continuo anche leggendo i romanzi di Ellroy? Dacché mondo è mondo, il noir contiene molteplicità e sfaccettature raramente a somma zero: noi abbiamo apprezzato alcune trovate francamente superlative (Vaughn che morendo nel deserto parla con i fantasmi del suo passato) e il finale asprissimo solo marginalmente lenito dalla speranza [spoiler] delle due donne in fuga con prole, ma siamo disposti a sostenere che i posteri rivaluteranno l'intero prodotto, e con grande godimento.
Due parole invece su Mr. Robot, assai intrigante prodottino figlio della penna di Sam Esmail - che per ora, bontà sua, nel curriculum aveva soprattutto il fatto di essere il fidanzato di Emmy Rossum - che oltre ad aver generato un discreto nugolo di fan in tutto il mondo rappresenta anche il ritorno sul piccolo schermo di Christian Slater, attore dall’invidiabile sequela di insuccessi seriali alle spalle (Mind Games, Breaking In, The Forgotten ecc). Il protagonista però non è lui (e meno male!) bensì Rami Malek, che interpreta Elliot, un abile esperto informatico che in termini di socialità fa sembrare il vecchio dottor House un compagnone. Di giorno Elliot lavora controvoglia in un’azienda di sicurezza informatica, mentre di notte diventa una sorta di vigilante digitale, uno che ti hackera anche il telecomando della tv per sapere tutto di te e, nel caso tu non sia uno stinco di santo, smascherarti e metterti con le spalle al muro. La svolta nella cupa vita di Elliot arriva quando il misterioso Mr. Robot (che è Slater) lo recluta nel suo esaltato gruppo di hacker segreti per buttare giù una megacorporazione malvagissima, la stessa che Elliot dovrebbe proteggere al lavoro. Un fracco di cose buone, teorie complottiste e nevrosi quotidiane del mondo contemporaneo ottimamente raccontate con forse qualche scadimento onirico di troppo e un certo allentarsi del finale (i risvolti alla Fight Club sono in fondo manifesti sin dal primo episodio) ma nel complesso decisamente una signora serie!
Altro telefilm assai maltrattato è poi Fear The Walking Dead, spin-off nonché antefatto dell'acclamata (e spernacchiatassima tra i detrattori) The Walking Dead, basata sul fumetto omonimo di Robert Kirkman, Tony Moore e Charlie Adlard. Facendo faville in termini di audience con le sole due prime puntate (la terza va in onda proprio oggi) Fear... si sposta dai paesaggi verdi della Georgia e della Virginia alle aride strade di Los Angeles per raccontare come è cominciata la misteriosa apocalisse a cui Rick e soci sono sopravvissuti. Il periodo di tempo coperto è quello in cui lo sceriffo Grimes era in coma. La storia, però, ruota attorno a personaggi nuovi. La protagonista è Kim Dickens (Deadwood, House of Cards) nel ruolo di Madison, consulente scolastica di un liceo e madre di due adolescenti: Nick, con problemi di droga, e Alicia, perfetta solo all'apparenza. C'è poi il suo nuovo compagno, Travis (Cliff Curtis, già visto in mille pellicole tra cui Training Day), con cui è appena andata a vivere insieme e che insegna inglese nella stessa scuola. Anche Travis ha un figlio ribelle e imbronciato, che non digerisce la nuova vita del papà e ha deciso di restare con la madre. Il già pessimo equilibrio familiare viene sconvolto dal diffondersi di una misteriosa epidemia, che trasforma le sue vittime in zombie. Seguono prevedibili fughe, città nel panico e poliziotti inermi davanti a una minaccia sconosciuta (e a prova di proiettile).
La serie è afflitta dai soliti difetti di casa-Kirkman, ovvero una certa lentezza letale nello svolgimento e una compiaciuta tendenza a incaponirsi con le sottotrame da soap-opera, però esattamente come per la serie madre non ci si può esimere dal guardarla, magari facendo altro durante la visione ma comunque restando con gli occhi stancamente incollati agli sviluppi di quella che, nel bene e nel male, è e resterà una saga seminale nella storia del piccolo schermo. (continua)

5 commenti:

Annalisa ha detto...

Su True detective sono d'accordo (ma continuo a preferire la serie 1), su Mr. Robot innalzo un peana di ringraziamento perché oggi stiro à go go e avevo bisogno di compagnia. Grazie del suggerimento :-)

sartoris ha detto...

@Annalisa vabe' la prima di TD insuperabile certo (figurati poi per uno come il titolare che quando vede "southern" impazzisce:-)

LUIGI BICCO ha detto...

La seconda di True Detective la lascio a macerare per un po' di tempo. La vedrò con calma quando smetterà di essere argomento principale da parte della critica.
Mr. Robots mi è stata effettivamente consigliata da parecchie persone e ho tutta l'intenzione di dargli un'occhiata appena possibile.
Per "Fear", ahimé, lascio. Senza nemmeno pentirmene troppo. Ammetto di essere uno di quelli che hanno apprezzato i primi episodi della prima stagione ma di essersi annoiati parecchio subito dopo (ma io non faccio testo, visto che ho provato la stessa cosa anche quell'altro successo plantario che è Game of Thrones).
Di Kirkman aspetto invece con ansia la serie Outcast (anche se ho timore che si possa rivelare una kirkmaniata).

Ma soprattutto, inutile sottolinearlo, siamo qui ad aspettare (tu come me, immagino, visti i temi e le ambientazioni trattate), la serie tv dedicata a Preacher. Che potrà rivelarsi una serie epocale o una madornale boiata.

sartoris ha detto...

@Luigi, per Preacher stiamo in fotta totale :-) (lo annunciai proprio qui sul blog tempo fa, che stavano realizzando la serie, e se non erro tu ne venisti al corrente proprio grazie a quella mia segnalazione: allora vedi che i blog hanno ancora un senso?:-)

CREPASCOLO ha detto...

Mr. Robot accoglie i Cuccioli nella palestra della scuola. L'Uomo guarda la Donna ed il Cucciolo e pensa che ha finto x gg che non si tratti che di un training day come tanti, ma sa che è un rito di passaggio navajo senza tutta quella roba di appendersi con i ganci o fumare funghi e mangiare il cuore ancora palpitante di un bisonte stecchito nella Valleverde dall'Uomo dei Tonni in insalata. Mr. Robot divide i Cuccioli in classi e l'Uomo pensa che sia la prima malvagissima tappa di un cammino che porterà il suo cucciolo nella megacorporazione delle nevrosi quotidiane. Forse uno scadimennto onirico - l'Uomo sogna sempre, specialmente ad occhi aperti e crede tutto abbia una scadenza e butta il latte scaduto a mezzanotte ed un minuto - ma resta il fatto che forse la Donna doveva dargli retta - una volta nella vita ! - quando ha proposto un precettore di latta chiamato Mr. Robot almeno fino alla età in cui il Cucciolo potesse leggere Fight Club o il disegno complessivo sfilacciato nei romanzi di Ellroy con grande godimento, magari immaginando la storia di due donne in fuga con la prole su di un pickup sgangherato inseguite da un predicatore zombie. L'Uomo sta pensando di prendere la prole e scappare nel deserto, ma poi parla con il fantasmi del suo passato e ricorda che, tutto sommato, - spoiler - il Cucciolo è ora in un posto dove gli insegneranno a leggere e scrivere e, tutto sommato, leggere e scrivere possono portarlo a sognare ad occhi aperti cose come una malvagissima megacorporazione in cui si predica l'apologia della sequela di insuccessi seriali e si progettano serials in cui zombies saltano con la moto sopra squali o pickup sgangherati. L'Uomo ora è tranquillo e sicuro che il Cucciolo è dove dovrebbe essere. Non ha la tentazione di indossare il suo costume corazzato da supereroe nomato Somma Zero e di tornare a riprendersi il suo Cucciolo. Nonono. Proprio no. Non lo farà.