mercoledì 2 settembre 2015

arrivano i nostri!

un breve viaggio tra i racconti. Ultimamente ho ripreso in mano quelli di Maupassant che sono fra i migliori in assoluto. Ma questa è un’altra storia. Mi riferisco, invece, ai racconti dove il morto ammazzato è di casa e di bottega. Cito tre libri di autori italiani che fino a qualche tempo fa venivano snobbati rispetto a certi mandrilloni stranieri: Delitti in giallo, Delitti in vacanza e Delitti di ferragosto (per quelli invernali aspettiamo Natale).
Ritrovo in gran parte autori e personaggi già conosciuti. Vedi, per esempio, Sebastiano “Bas” Salieri di Stefano Di Marino alle prese con omicidi truculenti in una regione cosparsa di superstizione e streghe. (Apro una parente alla maniera di Totò. Chi desidera leggere scene angoscianti ecco dieci racconti di Joe. R. Lansdale in Altamente esplosivo, Fanucci 2010, dove impera il grottesco e l’assurdo, l’horror con l’atmosfera di attesa e terrore, i fantasmi, i lupi e i vampiri che ti saltano addosso). Ribecco pure monsignor Attilio Verzi di Andrea Franco, dotato di un odorato miracoloso, alla caccia di un giovane miliziano (siamo nel 1846) sparito nel nulla e che incarna un problema di grande attualità. E il vespista Enrico Radeski di Paolo Roversi che è come ritrovare un amico. Al tempo della vespa e della lambretta, tra l’altro, ero decisamente dalla parte della prima. E vedere questo free-lance sfrecciare sopra la mitica mi ha fatto ritornare quasi ragazzo. Qui, sempre a Milano, è alle prese con un “barbone stecchito alla mensa dei poveri”. Dita e lingua bluastre. Tipico avvelenamento da arsenico. Che poi tanto barbone non sembra, essendo curato, troppo curato. In tandem con il vicequestore Sebastiani, integerrimo puttaniere. Di mezzo ragazza bionda da capogiro. Bucatini, tonnarelli, abbacchio, focaccia, caffè e Montenegro con ghiaccio prima di risolvere il mistero. Peccato che il barbone che non è barbone sia ormai un personaggio da trama logora e consunta. Ma Radeski resta sempre simpatico.
Tra i vari scrittori mi piace citare Dianona Lamona (Diana Lama) che ha tirato fuori un casino buffo. Sogno e realtà che serpeggiano e intrecciano insieme. Kalya, passerona nera abbarbicata sul pezzo di un cinquantenne sposato. Chiara, moglie del suddetto cinquantenne, luminare della medicina, remissiva e sottomessa. La golosona possessona e la pecorona struggentona. Due figure indimenticabili. E poi che fa? Ti si butta sul classico. Sala ristorante di Villa Pertusa sopra Positano. Leopoldo, critico enogastronomico, osserva chi gli gira intorno. Soprattutto la bella al tavolo, Clara Mandòrla, scrittrice di thriller e potente attrattiva. Una sera non scende a cena. L’hanno ritrovata in piscina con un colpo in testa e poi annegata. Indaga il maresciallo Borriello, massiccio e imponente, aiutato dal nostro Leopoldo, piuttosto altezzoso (lo dice lui stesso). Tutti sospettati compresi i camerieri, ciascuno dei quali dice qualcosa di utile. Colpone finalone a sorpresona con Dianona Lamona che, novella Agathona, se la spassa che è una meraviglia.
C’è di tutto e di più in questa lunga catena di racconti: varietà di trame e personaggi, di stili (troviamo pure il dialetto), di atmosfere, di ambienti e del tempo stesso. Temi di scottante attualità e cito il pezzo di Divier Nelli. Un padre ce l’ha con i froci e i finocchi, si ubriaca, urla e picchia la moglie. Il figlio, che ha scoperto di essere proprio lui gay, ha due amici del cuore e un suo amante. Vita dura, impossibile, soprattutto quando viene lasciato dal compagno. Ora può rivelarsi a suo padre, gridargli in faccia con orgoglio il suo essere. E vediamo come finisce.
Vicende brividose e stranianti come quella di Gianluca Morozzi. Lo scrittore di “altalenanti successi” Giulio Maspero tradisce la fidanzata Francesca, a sua volta tradito dal cellulare. Via di casa. Aiutato da Mauro Britos, disegnatore incontrato al pub Old Bridge. Può vivere nel suo appartamento con l’unico obbligo di innaffiare le piante che non ci sono (strano…). E gli inquilini sembra che sappiano tutto di lui. L’immagine di un puzzle: due bambini davanti ad un campo di grano ripresi di spalle. C’è in giro qualcosa di irreale…
Pure “strano” quello di Mario Mazzanti. Racconta l’uccisore del giudice Sertile. E’ uscito dalla galera e può sfruttare la casa della sorella per il mese d’agosto (lei è in Spagna). Milano. Incontro e sorriso di una donna, Patrizia, per tutti Patty. Amore furioso ma la mattina dopo scompare. Arriva la polizia. Due omicidi, fra cui quello di un suo ex socio in affari. Sono guai e lui un perfetto capro espiatorio, il classico utile idiota. Ma per chi?...
Qualche inevitabile ripetizione di schemi come nel racconto di Francesca Bertuzzi. Da una parte gli animali, da una parte l’uomo che li violenta, li tormenta, li uccide. Da una parte l’aguzzino o il vendicatore, scegliete voi, dall’altra il tormentato, il peccatore (chiamiamolo così). Pensieri dei due che si alternano alle torture con il peccatore che cerca di ricordare i suoi misfatti e di capire chi è lì davanti a lui. In crescendo sulla falsariga di un altro tormento del citato Gianluca Morozzi.
E poi misteri su misteri, teste mozzate, corpi che volano nel vuoto, colpi di pistola e di forbici, tradimenti, vendette, sparizioni (come quella della figlia di Cardosa a Marsiglia di Carlo Parri), polizia marcia, citazioni di libri e canzoni, riecheggiamento di film famosi e, occhio a chi porta le pizze! (mi ricorda pure un bel film). Commissari maschili e femminili conosciuti e meno conosciuti (anche gay, vedi il commissario Sangallo di Piergiorgio Di Cara), detective privati con le loro manie e con tutto il contorno necessario di personaggi standard a creare contrappunti seri e ironici.
Accanto all’ansia, alla paura al tremore, il dubbio, l’assillo, il lavorio delle cellule grigie, il movimento anche crudo al bisogno, il colpo a sorpresa, la luce che si accende improvvisa, gli amori, il sesso che si infila dove meno te lo aspetti, le passioni, gli odi, l’attimo di raccoglimento sulla vita. Una alternanza di soluzioni che rendono le antologie appetibili per qualsiasi lettore.
Però… però ho qui davanti a me Tracce d’America a cura di Scott Turow con Deaver, Leonard, McBain, Lippman, Lee Burke e compagnia bella. Racconti letti una decina di anni fa. E (a denti stretti) il mandrillone straniero se la ride sotto i baffi. Mortacci sua! 
(post by Fabio Lotti)

3 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

" Qui, sempre a Milano, è alle prese con un “barbone stecchito alla mensa dei poveri”. Dita e lingua bluastre. Tipico avvelenamento da arsenico. Che poi tanto barbone non sembra, essendo curato, troppo curato. "
Non ho letto il racconto, ma sarei disposto a scommettere le bozze del Teorema di Potsie ( in uscita nel 2016 - non importa come ne sono entrato in possesso, diciamo che un tizio in Feltrinelli mi deve un favore ) che Paolo Roversi cita Peter Wimsey e il cadavere sconosciuto ( Whose Body? ) di Dorothy Sayers. E' il primo caso con Lord Peter. Ricordo la cover del
n. 500 dei GM - 1986, credo di averlo comprato nei gg in cui attendevo la maggior età, con un tizio che sembrava una combo di Alberto Lionello e Michael Douglas con i capelli biondicci incollati alla zucca dalla brillantina. Non proprio una istantanea del nostro che, nel ritratto della sua "mamma", aveva qualcosa di Dan Luttazzi e qualcosa di Fred Astaire.
Iacono era bravissimo, ma si prendeva della licenze: ricordo anche un Archie Goodwin con il muso di Gary Cooper ( quando pare nelle intenzioni di Stout dovesse assomgliare ad uno scanzonato Bogey ). Notevole invece il suo Donald Lam con il faccino ambiguo di Alan Ladd. Naturalmente Ray Burr era Perry Mason. Sempre. Il bimbo che fui era perplesso xchè Gardner era ripieno di stereotipi pulp ed il suo avvocato del diavolo aveva " un profilo di granito " ed un destro da evitare, anche se sfoggiato raramente. Con il senno di poi doveva essere una via di mezzo tra il Marv di Sin City e Kirk Douglas. Allora i protagonisti erano tosti. Oggi possiamo leggere anche una bella storia in cui il perno è il tontolone di Happy Days. Se abbiamo fame possiamo mangiare messicano o cinese. Meglio così.

Anonimo ha detto...

Naturalmente in romanesco è "Mortacci sua!".
Ancora ammirato per le belle icone.
Fabio

Anonimo ha detto...

In "Peter Wimsey e il cadavere sconosciuto", citato dal nostro Crepa, c'è anche una citazione degli amati scacchi. L’assassino, nella lettera con cui confessa i suoi misfatti, inizia dicendo: “Caro lord Peter, quando ero un giovanotto, avevo l’abitudine di giocare a scacchi con un vecchio amico di mio padre. Era un giocatore pessimo e molto lento, non riusciva mai ad accorgersi quando lo scacco matto era inevitabile, ma insisteva ugualmente nel giocare ogni mossa fino ad arrivarci. Io non ho mai avuto pazienza con un atteggiamento simile e adesso sono pronto ad ammettere apertamente che il gioco è vostro.” Qui http://www.scacchierando.it/editoria-e-dintorni/tra-re-regine-e-morti-ammazzati-iv mi potete vedere anche con i miei nipotini.
Il 4 partirò per il torneo internazionale di scacchi a Cesenatico. Pregate per me!
Fabio