domenica 5 luglio 2015

ma ‘ndo vai se la banana non ce l’hai! (II)

Secondo viaggetto leggeretto tra i viali del gialletto…
Il titolo non c’entra nulla ma l’ho già spiegato nel primo pezzo di qualche tempo fa (qui). Crisi. C’è la crisi. Non si legge, non si legge e non si legge è il grido di dolore che serpeggia dappertutto con scenari da futuro catastrofico. In compenso si scrive, si scrive e si scrive. Male. O si sta attaccati ai moderni mezzi di comunicazione (cellulari e robe varie) come il neonato alla poccia della mamma. Vero. Però non so cosa dire e ripeto quello che ho già scritto. Sono sempre stato in affanno con le interpretazioni. È un momento di trapasso da un modo di vivere ad un altro. Inutile strapparsi i capelli (per chi ce l’ha). E io ho già la prostata che mi fa girare le palle.
Dicevo della crisi che sta strozzando le case editrici. Anche i miei favolosi G.M. ne hanno risentito. Meno pubblicazioni, aumento del prezzo (puercas vaccas!). Comunque beccatevi Le indagini di Scotland Yard a cura di Mauro Boncompagni con due romanzi ed un racconto: Scandalo a High Chimney di John Dickson Carr; Il mese di Gideon di J.J. Marric e Il poliziotto innamorato di Edgar Wallace. Al di là delle trame appetitose troverete tre personaggi interessanti: Jonathan Whicher, uno dei primi investigatori della Londra ottocentesca che influì su scrittori come Dickens e Wilkie Collins; l’ispettore Gideon di Scotland Yard, “sagace e rapido nelle decisioni, ma anche umano, generoso e comprensivo” e John Gray Reeder, ex impiegato di banca che lavora come consulente investigativo per Scotland Yard. Un omettino timidino con bombetta e vecchio ombrello che porta sempre con sé (mi ricorda padre Brown di Chesterton) ma dotato di un cervello vispo come un fringuello.
Su I banchetti dei vedovi neri di Isaac Asimov non c’è nulla da dire. Nel senso che il nome dell’autore dice tutto da sé. Eleganza di scrittura, erudizione e fine umorismo a braccetto nel club più esclusivo di New York.
Il delta delle tenebre di Thomas H. Cook.
Cook è un furbo matricolato di tre cotte. Guardate un po’ come riesce a farci abboccare all’amo della curiosità e dell’interesse. Luminosa mattina di aprile del 1954. Il giovane Jack Branch accetta il posto di insegnante alla Lakeland High School, proprio dove aveva insegnato suo padre per quasi vent’anni prima dell’«incidente». Ecco la prima esca gettata. Ci parla di un “incidente” ma non ci spiega in che cosa consista (lo sapremo molto più avanti). E così di seguito. Il lettore è tenuto in continua tensione attraverso un miscuglio di tempi e di tecnica narrativa sopraffina: uso di un martellante flashback, di notizie tratte da più fonti intercalate fra loro, una attenzione particolare, per esempio, agli occhi, agli sguardi dei personaggi ora pensosi, imbronciati, belli, privi di luce, immobili, malinconici, neutrali. Thomas H. Cook è un furbo matricolato di tre cotte. Da togliersi il cappello quando pesca.
La crociera della violenza di Frances e Richard Lockridge.
Un viaggio su un piroscafo verso Cuba e le Bahamas dove avviene un omicidio e diversi momenti di pericolo. La scena, poi, si sposta all’Avana. Qui inseguimenti, balli, puntate alla roulette e finale con grido acuto che serpeggia nell’aria. Ipotesi, dubbi, momenti di tensione e perfino una punta di ironia sulla notizia dell’assassinio che si trasforma inevitabilmente di bocca in bocca.
La crociata dei bambini di Ruth Rendell è un romanzo ampio, lento, minuzioso (a volte anche troppo), in stretta relazione con problemi che si trascinano da tempo fino alla realtà di oggi. Accanto alla violenza sulle donne che campeggia in tutta la sua tragica drammaticità, altri spunti su l’adozione, il cancro, la pazzia, la pedofilia, l’inquinamento. Una società inglese ben diversa dall’immaginario che allora (ma anche oggi, direi) prevaleva.
Altri due classici su cui fare affidamento senza remore sono Troppe donne di Rex Stout (sulla copertina sono d’accordo con il nostro Crepa) e Se morisse mio marito di Agatha Christie. Al lavoro il poltronista per eccellenza e l’omino coi baffi. Se poi volete incontrare l’Investigatore per antonomasia fuori dall’Inghilterra ecco pronto Sherlock Holmes in America a cura di Martin H. Greenberg, Jon L. Lellenberg, Daniel Stashower e ne vedrete delle belle a New York e a San Francisco.
Bando alle ciance. Qualche spunto veloce per non occupare troppo spazio. Ce l’ho fatta a finire Perfidia di James Ellroy. In due mandate, ma ce l’ho fatta. Los Angeles all’inizio della seconda guerra mondiale. Casini a non finire, ritmo ultraveloce, bombardamenti, mitragliate, schizzi di parole da ogni parte (qualche volta anche dove non batte il sole), ripetizione ossessiva del soggetto, poliziotti marci, tradimenti, falsificazioni, scopate a go-go con Bette Davis (c’è pure Clark Gable a mostrare in giro una foto di Cary Grant “con un cazzo in bocca), rastrellamenti di giapponesi mentre i cinesi esultano, botte, omicidi, ruberie. Perfidia, ovvero in spagnolo “tradimento” della società americana. E, mi pare, di tutta l’umanità. Ma l’amore, il sentimento d’amore, quello vero, quello del cuore? Si può trovare in questo orrido miscuglio di merda? Si può trovare. In fondo. Proprio in fondo all’ultima pagina. Come a dire che c’è sempre speranza. Speriamo.
Il giallo (inteso in senso lato) psicologico non mi ha mai attratto in maniera assassina e l’ho letto sempre con un pizzico di tremore che qualche problemetto ancestrale me lo devo essere portato dietro sin dalla nascita. La ragazza del treno di Paula Hawkins, esaltato dalla critica internazionale, è davvero un bel prodotto anche se gonfiatello come in molti altri casi. Le false apparenze e lo spiazzamento in un casino di detto e non detto, di tormento e logoramento della vita di coppia con tre donne a propinarci la loro. E, naturalmente, ci scappa il morto ammazzato. Due punti a suo favore: una scrittura “semplice” e niente scene di sesso assatanato che va per la maggiore.
Con Più sporco della neve di Enrico Pandiani (il vecchio Panda) siamo nel thriller che tratta di omicidi ma anche di problemi attuali: il razzismo e il falso sorriso di accoglienza, il traffico dei permessi di soggiorno, la crisi, il nero, la violenza del maschio sulla donna, ma anche comprensione e aiuto che l’uomo non è solo male. Il “difetto”, se così posso definirlo, è che la realtà del libro viene continuamente superata dalla realtà della vita stessa. Lo stesso dicasi per Titoli di coda di Petros Markaris con il noto commissario Kostas Charitos. Le indagini servono ad illustrare impietosamente la situazione economica e spirituale della Grecia: povertà, miseria, negozi che chiudono, tasse, mazzette, i maneggioni che ingrassano, sfruttamento dei braccianti, odio verso gli immigrati, burocrazia infernale, “non è questa la procedura” il ritornello stucchevole per non far iniziare i lavori e il lavoro stesso “una maledizione” per i greci. E vedi un po’ la situazione nel momento in cui scrivo (che sarà superata al momento della pubblicazione).
Maurizio De Giovanni, dopo la pausa I bastardi di Pizzofalcone, attraverso Anime di vetro è ritornato alla sua prima creatura, il dolente commissario Ricciardi (siamo al tempo del fascismo), capace di percepire l'ultima frase e gli ultimi istanti di vita delle vittime di incidenti ed omicidi. D’altra parte il detective magico va di moda. Simile a Ricciardi il commissario Roberto Serra di Giuliano Pasini. Dopo la morte violenta dei genitori, avvenuta quando aveva sedici anni, è colpito da un “dono”, ovvero la capacità di “sentire” ciò che provano le vittime e i loro carnefici attraverso una “danza” particolare. Sintomo e preavviso l’odore di fiori marci. Don Attilio Verzi di Andrea Franco ha un olfatto straordinario capace di “individuare e di riconoscere i profumi e gli odori più insoliti anche se sono lievi e appena presenti”. Così come l’ispettore Marzio Santoni, detto Lupo Bianco, di Franco Matteucci, fisico splendido e splendido naso capace di avvertire i minimi odori (chi ha copiato?). C’è pure il Grifo di Massimo Pietroselli, evirato dai turchi che gli hanno ucciso anche la moglie e due figli. Ha il dono di disegnare in ogni minimo dettaglio qualunque cosa abbia visto. Tra questi preferisco Maurizione De Giovannone che ha una scrittura profonda e delicata a volte in bilico, devo dire, tra sentimento e sentimentalismo (soprattutto quando martella su alcune parole chiave), ma lui è bravo a non cascarci. Anche la Vargas, dopo alcuni anni, si è ributtata su Adamsberg e l’ha infilato in Tempi glaciali dove lo “spalatore di nuvole” e la sua squadra dovranno vedersela con la Rivoluzione francese e con le terre d’Islanda che qualche fantasma o demone ce lo devono avere (giuro). Quando un personaggio “tira” è bene non lasciarselo scappare.
Chi vuole sorridere legga Mortdecai e il complotto del secolo di Kyril Bonfiglioli, con il personaggio del titolo “mercante d’arte dissoluto e immorale” che intriga. Se si vuole qualcosa di nostrano allora ecco Bella era bella, morta era morta di Rosa Mogliasco che mi ha pure colpito per il titolo. “Bella era bella, e morta era morta”. Pure elegante, magari con le scarpe rosse “un tantino esagerate”. La prima a trovarla sulla riva di un fiume una signorina bene (munita pure di colf casalinga) con bassotto Oscar che tira dritto. Prosa leggera, ricca di fine humour, che entra nella psicologia dei personaggi con i loro dubbi sulla vita che stanno vivendo, che vorrebbero avere e che non hanno, inevitabili scontri con l’altro e gli altri che girano intorno, problemi di coppia, problemi familiari, gelosie di ragazzotte sveglie e tutti gli incasinamenti dell’esistenza di eterosessuali e gay, il cui catalizzatore è quello della succitata signora. Bisogna ritornare lì, via, per togliersi l’assillo. Sorpresona finalona e un unico vincitore: il sorriso.
Continua imperterrito il binomio giallo-scacchi. Vedi, per esempio, Pessima mossa, Maestro Petrosi di Paolo Fiorelli. Urbavia, finale torneo di scacchi. In prima scacchiera il G.M. Achille Petrosi “grossa testa quadrata”, capelli crespi, foltissime sopracciglia, un angioma in mezzo agli occhi. Ha fatto la prima mossa ma il suo avversario Vitti, il Conte, non si è ancora presentato. E non si presenterà. E’ steso all’ingresso della sua villa. Morto. Morto ammazzato da quattro coltellate. E vedi pure L’uomo degli scacchi di Peter May dove gli scacchi giganti di Whistler (servono per una partita sulla spiaggia), che rappresentano fieri vichinghi, diventeranno, addirittura, un mezzo per scoprire l’assassino. Ed allora il suddetto binomio fila via che è un piacere.
Alla prossima, ragazzi, e dai che ce la fò (anche se un’ombra inquietante si aggira alle mie spalle).
(Fabio Lotti per Sartoris)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Così questo pezzetto diventa quasi un film. Denghiu.
Fabio

sartoris ha detto...

a te Fabio :-))

Annalisa ha detto...

Certo che starvi dietro (con letture e film) è quasi un lavoro :-P
Però ne vale la pena, già.

sartoris ha detto...

@Annalisa è per questo che dirado un po' i post in questo periodo, per dare un po' di sollievo alle tue tasche :-))))