venerdì 27 marzo 2015

anime disidratate...

Jake Paltrow, fratello minore della ben più nota Gwyneth, torna alla regia (dopo aver scritto libri e girato The Good Night) con questa interessante pellicola di fantascienza minimal intitolata Young Ones, presentata con grande successo di critica al Sundance Film Festival dell'anno scorso.
La storia, girata nelle suggestive lande naturali e desertificate del Sudafrica, nella regione del Namaqualand,  è ambientata in un futuro prossimo in cui le risorse idriche sono ridotte al lumicino: qui un agricoltore (Michael Shannon, decisamente una garanzia) resta tenacemente attaccato alla propria terra, un tempo fertile ed ora trasformata in un deserto arido e letale. Alla sua morte (violenta) il figlio quattordicenne sarà costretto a scoprire che l'assassino del genitore ruota da tempo pericolosamente attorno alla sua famiglia.
Attingendo molto - e con fruttuoso risultato - dall'immaginario western, il film mette in scena una distopia assai credibile nelle premesse, ma che purtroppo sulla lunga durata finisce un po' per sbriciolare i propri intenti (nessun emulo di Mad Max, per intenderci!) travestendosi da dramma cupo e postmoderno (non a caso è un film da Sundance), tanto che quello che si preannunciava come il fulcro del racconto (la penuria d'acqua e la battaglia quotidiana degli uomini per incamerarne quanta più possibile) diventa presto un fattore secondario in una storia di vendette e riflessioni personali, molto intime e (per quanto ben allestite) dall'appeal modesto per il pubblico.
Ciò non toglie che, al netto di un discreto numero di scene davvero affascinanti e cazzute (la tesa e rimbombante sparatoria iniziale ci mostra cosa avrebbe potuto fare di un plot simile un regista come George Miller), la pellicola si faccia guardare senza intoppi, anche grazie ad un cast efficace composto da attori di rilievo come Nicholas Hoult (era il bimbo di About a boy, qui reduce dal successo di X-Men Giorni di un Futuro Passato), Elle Fanning (la giovane star di Maleficent sorella di cotanta Dakota), Kody Smit-McPhee e il già citato Michael Shannon a cui se avessero lasciato più spazio per fare il suo consueto ruolo di picchiatello forse l'economia complessiva del racconto avrebbe tratto giovamento. Resta un'attenzione incredibile per l'aspetto grafico e visivo (scenario mozzafiato a parte, come non innamorarsi del mulo meccanico?) e a fine visione, pur delusi dalla scarsità di colluttazioni e scontri che la trama lasciava presagire, un senso di appagamento s'insinua comunque nel pubblico in sala. Consigliato ma con riserve, astenersi amanti dell'action e di Kenshiro.

2 commenti:

LUIGI BICCO ha detto...

Questo sembra davvero parecchio interessante. Certi minimalismi desertici "post-apolattici" ci piacciono assai. Ottima segnalazione. In qualche modo cercherò di dargli un occhio. Poi Michael Shannon val sempre la pena, direi.

P.S.: Avrei scritto anche io "sorella di cotanta Dakota". Suona grasso ma giusto :)

sartoris ha detto...

@Luigi che poi a dirla tutta la cara Dakota mi sembra si stia spegnendo, da ragazzina era bravissima, da adulta forse un po' meno :-)))