lunedì 2 febbraio 2015

un detective senza palle

No, non si tratta di un detective timoroso e fifone. Non si tratta di una metafora. Yashim Togalu è proprio senza palle. Gliele hanno tagliate. Un eunuco, insomma, che vive ed opera nella Istanbul dell’Ottocento (fine degli anni Trenta e parte dei Quaranta) con incarichi investigativi e politici alla corte del Sultano. «Era un uomo alto e robusto sulla quarantina, con una gran massa di boccoli neri e qualche filo bianco; niente barba, ma baffi neri ricciuti. Aveva gli zigomi alti da turco e grigi occhi a mandorla di un popolo che viveva millenni sulla grande steppa eurasiatica». Possiede parecchie doti «fascino innato, disposizione per le lingue, e la capacità di sgranare quei suoi occhi grigi all’improvviso. Gli uomini e le donne rimanevano stranamente ipnotizzati dalla sua voce, prima ancora di capire chi stesse parlando». Colto, raffinato, bibliofilo, chef per diletto è il personaggio riuscitissimo dello scrittore Jason Goodwin, appassionato di storia bizantina, che lo ha infilato in diversi libri di grande successo (L’albero dei giannizzeri, Il serpente di pietra, Il ritratto Bellini, L’occhio del diavolo, I cospiratori del Baklava, tutti pubblicati dalla Einaudi Stile libero Big).
Aggiungiamo altri particolari. Parla quando occorre, altrimenti risponde a gesti, sbatte le palpebre o si stringe nelle spalle. Sensibile, delicato, arrossisce spesso. Sa rendersi invisibile nel senso che la sua presenza è diafana. Sempre pulito ed ordinato, agile e silenzioso. Ottimo cuoco e buongustaio, gli piace il caffè nero, dolce e denso senza spezie. Fuma preparandosi la sigaretta da solo, come gli aveva insegnato un mercante di cavalli albanese «arricciandone una estremità e infilando un pezzetto di carbone dall’altra». Conduce una vita tranquilla, spesso in gellaba e pantofole. Il suo sogno è di avere un appartamento più grande con una bella biblioteca. I libri sono bene allineati sugli scaffali, i tappeti anatomici ben distesi sul pavimento. Quando c’è bisogno è veloce nel prendere le decisioni, vedi, per esempio, se deve domare un incendio scoppiato vicino alla sua casa. Ha digerito la sua menomazione che lo aveva fatto soffrire. «Era vivo. Bastava questo». E vince il dolore con il distacco e l’ironia.
Nelle sue avventure troviamo un bel po’ di cucina orientale: il già citato caffè nero privo di spezie con una punta di zucchero, zuppa di trippa senza l’innovazione del coriandolo tritato che «l’innovazione porta all’inferno», dolce tè alla menta, pesce e verdura, fegato d’agnello, bistecche di pesce spada, cipolle rosse, aneto e prezzemolo, semi di nigella, noci, aglio, pane bianco, ciotolina d’olio e olive e prelibatezze varie (per chi le ritiene tali). D’altra parte la cucina è un ingrediente (viene a fagiolo) di molti romanzi di successo i cui personaggi principali sono attratti dalla buona tavola. Vedi Nero Wolfe, Maigret, Montalbano, Pepe Carvalho, tanto per citare i più noti, ma si possono trovare belle sorprese (mio articoletto «Mangiando bene si indaga meglio» qui).
Ritornando a bomba Yashim nella prima storia se la deve vedere con una serie di misteriosi delitti, tra cui quello di una bella ragazza dell’harem e di quattro ufficiali della Nuova Guardia che ha sostituito il corpo scelto dei giannizzeri. Nella seconda rischia addirittura di essere sospettato di alcuni strani omicidi e deve beccare velocemente l’assassino per togliersi dai guai. Il titolo fa riferimento alla Colonna Serpentina costruita in Grecia, eretta a Delfi e trasportata dai bizantini a Costantinopoli dove le teste bronzee di serpente sparirono alla fine del ‘700. Spunto colto per un intrigo, come è già stato sottolineato, tra l’archeologico, il politico e il mistico ricco di citazioni colte. Nella terza si ritrova addirittura a Venezia alla ricerca di un dipinto che il Sultano vuole a tutti i costi. Grande affresco della città sotto il tallone austriaco, il ghetto degli ebrei, i barnabotti nobili decaduti, incontri e scontri, morti assassinati, una testa trovata sull’altare di una chiesa, quadri veri e contraffatti. «Politica, arte e giallo avvinti come l’edera» scrissi al termine della lettura. Nella quarta deve scoprire il motivo del tradimento dell’ammiraglio della flotta ottomana che è passato al nemico. Praticamente un viaggio nel serraglio del Sultano dominato dalla paura, dall’ambizione e dalla superstizione. Finalmente nell’ultima che ho sottomano (ma sarà veramente l’ultima?) Yashim si innamora. C’è una banda di cospiratori (la Piuma) in giro ma lui è rapito da certe grazie femminili…
Altro personaggio importante la Istanbul dell’Ottocento con i suoi vicoli impenetrabili, i profumi delle spezie, gli odori, i sapori, i canti del muezzin. Viva e pulsante.
Jason Goodwin è uno scrittore, uno studioso dell’impero Ottomano, un ricercatore di razza che dà corpo e vita a personaggi veri, credibili, incorniciati in una ricerca storica pregevole su un ambiente tumultuosamente vario, ricco di fascino antico e misterioso . Già, la storia, una delle mie grandi passioni. E allora lasciatemi ricordare e salutare, con un misto di invidia e tenerezza (anche con un po’ di commozione, via), quel giovane ragazzo di paese che ascoltava rapito le lezioni del grande Giorgio Spini sui cui libri aveva studiato.
[by Fabio «Boss» Lotti]

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