martedì 13 gennaio 2015

10 film southern-gothic che devi assolutamente vedere...

chi è di casa in questi lidi sa perfettamente quanta venerazione nutriamo per il gotico meridionale, genere letterario tipico degli Stati Uniti del sud che discende direttamente dalle danse macabre dei vari Le Fanu, Shelley e Poe per spogliarle d'ogni orpello sovrannaturale (via i vecchi castelli vittoriani cadenti, sciò alle candele baluginanti nonché alle sagome claudicanti degli spettri) ma restituendone intatto il cuore oscuro in una idea malata - quanto torrida e fascinosa - di una società in inequivocabile disfacimento morale. Esso trova nei sommi William Faulkner e Flannery O'Connor i suoi più fulgidi e maestosi bardi, e può considerarsi, senza timore di smentita, il padre di buona parte dell'horror di successo degli ultimi decenni (dai vampiri affamati di True Blood sino ai revenantes della Georgia di Kirkman).
Per puro diletto abbiamo così provato a stilare dieci capisaldi cinematografici di non recentissima fattura - per lo più classici direttamente discendenti da opere letterarie apicali del filone - che ogni cultore di questa particolare tipologia di racconto dovrebbe assolutamente conservare nella propria videoteca:

La palude della morte (Jean Renoir, 1941)
Primo esperimento a stelle e strisce per il grande cineasta parigino Renoir, il film è basato sull'ottimo romanzo Swamp Water di Vereen Bell. La vicenda vede Tom Keefer (W. Brennan) condannato per un omicidio che non ha commesso. L'uomo si rifugia quindi nelle paludi di Okefenokee (Georgia) facendo perdere le sue tracce. Cinque anni dopo alcuni cacciatori lo trovano, ma uno di loro (D. Andrews), convinto della sua innocenza, identifica i veri colpevoli.
Storia ad alto gradiente ritmico che può contare su una sceneggiatura impeccabile, la pellicola contiene numerose splendide scene, tutte da manuale: in primis la magnifica ambientazione nella fitta foresta con la caduta nelle sabbie mobili. Ma è notevole anche l'approccio sensibile e sofisticato con cui il regista francese si cimenta coi topoi del cinema USA. Unico neo: la rappresentazione delle figure femminili è datata nonché figlia dei peggiori stereotipi, ma stiamo parlano di un'opera di quasi un secolo fa. VOTO: 9

• La morte corre sul fiume (Charles Laughton, 1955)
Meravigliosa e purtroppo unica prova dietro la mdp dell'attore Charles Laughton con un magnetico Robert Mitchum nei panni di un reverendo protestante che uccide alcune vedove per insaccare i loro tesori. Quando gli toccherà di assassinare Willa Harper, la coppia di figlioletti della povera sventurata diventeranno la sua spina nel fianco. Riusciti a fuggire dalle grinfie del viscido villain a bordo una barca, infatti, in loro soccorso giungerà una cara vecchietta, Rachel, e la situazione degenererà sino alla resa dei conti.
Grande fiaba orrorifica - più per atmosfera che per il portato di violenza - resa convincente da una regia secca e originale, il film si guadagna in questo decalogo una menzione specialissima per la fotografia in bianco e nero opera di Stanley Cortez che, rifacendosi con ammirazione all'espressionismo tedesco, è una vera festa per gli occhi. Tratto da un incredibile, bellissimo romanzo del 1953 di Davis Grubb, noi ne parlammo con immutata veemenza quiVOTO: 10

• Il buio oltre la siepe (Robert Mulligan, 1962)
C'è davvero bisogno di presentazioni per questo must assoluto della cinematografia in bianco e nero? Nell'Alabama più retrograda e segregazionista un avvocato di elevati principi morali difende un nero accusato di aver violentato una ragazza bianca. Il nero viene condannato da una giuria di razzisti, ma il padre della ragazza cerca ugualmente di vendicarsi dell'avvocato aggredendo i suoi figli. Verrà ucciso da un giovane ritardato mentale. Che dire? Peck perfetto per la parte nonostante i dubbi della produzione, atmosfera incredibilmente fedele al capolavoro di Harper Lee da cui la pellicola è tratta. Una delizia che si rivede sempre volentieri. VOTO: 10

• Un tram che si chiama desiderio (Elia Kazan, 1951)
Basato sull'omonimo dramma del 1947 firmato da Tennessee Williams, talentuosissimo drammaturgo la cui figura ben si incastona in quell'Olimpo di scrittori southern cui accennavamo in apertura del post, il copione della pellicola subì numerose revisioni per rimuovere alcuni tra i tanti riferimenti all'omosessualità. Blanche Dubois si trasferisce a New Orleans dopo il suicidio del marito, in casa della sorella minore Stella, con la quale ha condiviso una fanciulezza felice. Ma quella è la casa di Stanley, il marito della sorella. Nel corpo di quell'uomo - giovane ed affamato di vita, di cibo, di sesso - è raffigurato tutto ciò che Blanche detesta e che le fa orrore. Eppure un'irresistibile attrazione la spinge verso di lui ed inconsapevolmente la forza a sfidarlo, fino a provocarne la violenza più cieca, fino allo stupro. Con la sua animalesca presenza scenica, l'incredibile mimica facciale, la volgarità ostentata dei jeans e della t-shirt attillati, Brando disegnò un'icona che avrebbe ispirato tutto il ribellismo a venire e Kazan firmò uno dei sue due o tre capolavori. Nel 1999 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. VOTO: 10

• Violenza per una giovane (Luis Buñuel, 1961)
Basato sul racconto Travelin' Man di Peter Matthiessen, è la storia di Traver, un musicista jazz di colore accusato di aver violentato una donna bianca, che fugge con un motoscafo rifugiandosi in un'isola semi-deserta. Qui abita Ewie, un'orfana affidata al guardiacaccia e da questi violentata proprio il giorno dello sbarco del fuggitivo. Si apre una caccia all'uomo intrisa di violenza e razzismo che tuttavia non condurrà al sacrificio di un innocente.
Pacato nella sua violenza implosa, disteso nella sua estrema tensione, complesso nella sua semplicità, il lungometraggio americano del grande maestro spagnolo unisce con rara armonia il surrealismo (di cui fu esponente primigenio) a Defoe e a Rousseau, dimostrando come l'ipocrisia, la religione e il razzismo non resistano a un vero contatto tra gli uomini. Bello e profondo, come sempre quando dietro la mdp si scorge la mano di un genio.VOTO: 10

• La saggezza nel sangue (John Huston, 1979)
Il vecchio John Huston, regista sempre di altissimo livello, a settant'anni suonati riesce ancora a dare la zampata del leone in questa brillante trasposizione di uno dei due (troppo pochi, dannazione) romanzi di Flannery O'Connor. L'America ordinaria e mentecatta di una media cittadina del sonnolento sud vista con gli occhi folleggianti di un giovane predicatore che si autodistrugge in un delirio di mortificazione, e che, in una giungla di scaltri pastori che usano la parola divina per fare soldi, vuole fondare la «Chiesa di Cristo senza Cristo». Amaro e disperato apologo sui bisogni dell'uomo, in tutto fedele alla fonte originaria e recitato magnificamente da Brad Dourif e Harry Dean Stanton. VOTO: 9

• Angel Heart (Alan Parker, 1989)
Pellicola cult dei tardi ottanta con uno strepitoso cast di stelle (De Niro, Rourke, Charlotte Rampling e la splendida Lisa Bonet) che pare - è notizia di questi giorni - essere la prossima vittima della discutibile febbre da remake che da un decennio circa sta affliggendo Hollywood. La storia (arcinota) s'impernia sulle vicende del detective Harry Angel incaricato da un dandy luciferino (e che si scoprirà essere il diavolo in persona) di ritrovare Johnny Favorite, un musicista scomparso nel nulla. Il poliziotto privato verrà risucchiato dalle indagini ritrovandosi nella più torrida Louisiana, in mezzo a cadaveri mutilati e stregoni voodoo fino all'inquietante, sulfurea tappa finale.
Il film, scritto e diretto dal talentuoso regista britannico Alan Parker adottando uno stile cupo, esteticamente rapinoso, a metà tra l'horror e il noir, si basa su un robusto racconto (anche se un po' banale nello stile) di William Hjortsberg. Mickey Rourke, con le sue cicatrici, l’aria trascurata, la sigaretta sempre accesa, lascia di sé una traccia maledetta, sorniona e sfatta (Mickey, 'orcogiuda, dove cazzo sei finito? A boxare per finta in Russia con la faccia di un altro!). E Bob De Niro è un riuscito demonio che esala zolfo ad ogni suo gesto. Da sturbo! VOTO: 10

• Cape Fear (Martin Scorsese, 1991)
Efficace remake di Il promontorio della paura di J. Lee Thompson (e quindi qui i titoli segnalati diventano due, perché anche l'originale è uno strepitoso southern-movie capace di regalare allo spettatore numerosi momenti di pura, perturbante tensione), della pellicola precedente mantiene Gregory Peck e Robert Mitchum (nomi evidentemente indissolubilmente legati alla tematica del gotico del sud) che tornano qui in piccole parti, ribaltando i precedenti ruoli: il criminale di ieri oggi fa il poliziotto, il perseguitato qui difende il persecutore. Il personaggio di De Niro, un ex galeotto tornato in libertà ed affamato di vendetta, ingaggia un vero duello fisico e psicologico con il suo ex avvocato (personaggio per molti versi riprovevole quanto lui) ed alcuni momenti (quali la seduzione verbale di Juliette Lewis) sono molto, molto efficaci.
Al di là di alcune riserve stilistiche (talvolta il remake esagera con i tecnicismi, sembra quasi un film di De Palma) e di un finale un po' tirato via, gli interpreti sono davvero in stato di grazia (oltre a un De Niro ancora in forma smagliante, Nick Nolte e Jessica Lange sono monumentali). La musica rielaborata è la stessa del precedente, cioè di Bernard Herrmann, collaboratore di Hitchcock. I titoli di testa sono uguali a Psycho e la fotografia è del mago del terrore Freddie FrancisVOTO: 8

Un tranquillo weekend di paura (John Boorman, 1972)
Tratto dal romanzo Lungo il fiume di James Dickey, il film è considerato oggi un cult assoluto. Il succo della storia è noto: per disintossicarsi dei miasmi urbani, quattro americani di città organizzano una discesa in canoa del fiume Catooga, nella Georgia del Nord. I luoghi sono selvaggi, come la popolazione. La discesa si trasforma in un incubo: uno dei giovani, Bonny, viene violentato da un montanaro; un altro, Lewis, si rompe una gamba; un terzo, Drew, annega nelle rapide. Dopo essersi piegati, volenti o nolenti, alla dura legge della foresta, i tre sopravvissuti tornano verso la civiltà, ma il ricordo della loro avventura non li abbandonerà così presto. Giramondo hemingwayano, lo scrittore Dickey adattatò egli stesso per lo schermo il suo best-seller, in cui (come per l’autore di Il vecchio e il mare) si erigeva un monumento alle virtù terapeutiche della competizione sportiva, che forgerebbe il carattere.
Ma la visione del regista del film è invece più cruda: «La violenza», dice, «non rende migliori. Piuttosto degrada!». Questa divergenza in fatto di etica rese la collaborazione tra scrittore e cineasta molto appassionante, lasciando raffiorare una certa ambiguità: la civiltà, a conti fatti, non è poi una cosa così brutta. Non si tratta di rinnegarla, ma di ridarle un senso, attraverso un lavoro su di sé. L’inglese John Boorman (nato nel 1933) ci propone, film dopo film, prove iniziatiche sul tipo di questa. Si tratta ogni volta di un ritorno alle sorgenti da cui l’eroe - un uomo comune - uscirà bastonato ma purificato. Quello dei quattro cittadini di Un tranquillo weekend... diventa quindi un viaggio negli inferi dell'inconscio, del pre-storico, del mito in un contesto di dolore e di morte. Tra le diverse scene memorabili da citare almeno il duetto di banjo e chitarra all'inizio (vedi su). Ottima fotografia di V. ZsigmondVOTO: 10

21 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

" Gregoriopecco Gregoriopecco: cosa ci troverete voi donne ? mah !" è il dubbio meno che amletico di un Totò a cui la sposa Ave Ninchi chiede cosa ne penserebbe il Principe se le donne passassero il tempo a rimirare una delle Tre Facce Oneste dell'America ( le altre due sono di Fonda e Tracy ) come lo sposo si lustra gli occhi con le donnine delle riviste. Io non arrivo a tanto, ma confesso che non sono mai stato un fan dell'attore
( anche se ammetto che in Io Ti Salverò è tale e quale al Dylan Dog di Ambrosini ) e mi piace giusto nella siepe ( consiglio a chi non lo avesse ancora fatto di leggere il romanzo di Harper Lee ).

CREPASCOLO ha detto...

Charles Laughton beve champagne da un calice che abbandona a bordo piscina prima di entrarci come un uovo sodo assunto con gioia insostenibile da un diavolo barbuto ed un unghiuto ed attende che sfilino uno dietro l'altro gli aspiranti modelli x il pupazzetto Big Jim della Mattel. Un lavoro alimentare x uno dei massimi esperti di messa in scena elisabettiana negli USA. Peck è troppo delicato, quasi un Farley Granger puntuto e privo di ironia , Mitch ha qualcosa del boxeur a fine carriera o del crooner bolso, Brando sembra un manifesto stealth della revisione del riferimento all'omosessualità - bella frase che non significa nulla, riflette Charles - e De Niro sembra Mr Punch cosplayer di Mona Lisa. Burt è perfetto. Quella cosa dell'arco è difficile da riprodurre con i gadgets del giocattolo. Meglio un machete.
Brad Dourif ci resta malissimo ed esce piangendo perchè la mamma ci resterà malissimo. So goes life.

CREPASCOLO ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
CREPASCOLO ha detto...

Antonio de Curtis non ha mai ceduto nella possibilità che i suoi films sfondassero all'estero - in una intervista spiega che il suo monologo in Totò d' Arabia che comincia con " Guarda Omar tuo quanto è bello e finisce con sprizza tanto sentimento " non può funzionare in Francia dove è imposibile mantenere il riferimento al song Torna a Sorrento - e cede al suo amico Charles dopo che quest'ultimo se lo è lavorato ai fianchi x mesi quando accetta di tradurre il suo song Malafemmena in un Stranger in Town x il mercato inglese. Si cerca un attore che nel video interpreti un giovine Totò, stessa mascella deragliata, stessa espressione tragicomica. Brad è perfetto. Charles ha scelto di mettere in scena un Romeo + Juliet in un nosocomio. Brad De Curtis ama Stella l'infermiera che gli preferisce un predicatore farisaico. Batte il record di presenza in billboard di The Dark Knight of The Moon. Dave Gilmour non la prende benissimo, decide di lasciare la musica e di passare al teatro. Il suo Stanley nel tram chiamato desiderio cancella il ricordo di quello di Brando. Brando non la prende benissimo, compra un atollo e si ritira a vivere in una capanna circondata da siepi.Esce solo dopo il crepuscolo, nel buio. Peccato.

sartoris ha detto...

@Crepa, se Henry Fonda ci pensò Sergio Leone a farlo diventare cattivo (con grandissimo successo) in C'ERA UNA VOLTA IL WEST, per «gregoriopecco» toccò aspettare il 1979 con Franklin J. Schaffner, che lo trasformò in un inarrivabile Dottor Morte (Mengele) per il thriller I RAGAZZI VENUTI DAL BRASILE :-)

(Tracy, invece, che io ricordi non ha mai fatto il villain)

CREPASCOLO ha detto...

Mmm. Direi Il dottor Jekyll e Mr. Hyde del 1941. Sempre che tu sia x una lettura classica del racconto di Stevenson. In caso contrario, potremmo azzardare che il buon dottore sia un cocktail di inibizioni vittoriane ( tra i tanti commentatori orientati in questa direzione mi passa x la mente Vieri Grazzini ) e che Hyde sia semplicemente uno homunculus senza sovrastrutture, non tanto il male incarnato quanto ciò che resta dell'equazione se asportiamo chimicamente la civiltà ( chissà cosa ne penserebbe John Boorman ).
Considerato che sei principalmente un cartoonist , segnalo alla attenzione di coloro che seguono il tuo blog solo x i consigli sull'arte sequenziale la versione a fumetti dipinta con pastelli grassi da Mattotti che riesce a rendere la reazione rettile di chiunque, nel racconto, di fronte a Hyde.
Nella Lega dei Gentiluomini Straordinari ( team di supereroi dell'ottocento come Nemo e l'Uomo Invisibile ) Alan Moore accenna al fatto che l'alter ego di Jekyll è una mezza porzione di scimmietta e non un colosso ipertricotico, ma x esigenze della storia Kev O'Neill disegna il personaggio come il missing link tra Hulk ed il Salvatore de Il Nome della Rosa. Pazienza.

sartoris ha detto...

@Crepa: se proprio vogliamo fare i nerd, direi che da decenni l'iconografia cinematografica e fumettistica di Mr Hyde tonfa clamorosamente con la descrizione stevensionana, la quale, effettivamente, ha più a che vedere con la scimmietta (la deformità del doppio è infatti principalmente intima: ma ovviamente dal punto di vista scenico un bruto simile a Hulk è decisamente più efficace!!!)

PS citazione ultra-nerd: Giorgio Albertazzi trasse per la tv in b/n degli anni 60 una stupenda versione di Hyde che, semplicemente, non mutava per niente nell'aspetto rispetto alla sua controparte buona, ma erano le sue azioni a connotarlo come la quintessenza della malvagità!

Anonimo ha detto...

ehm, volate troppo alto per me, mi sa (^-^)
PIPPO

CREPASCOLO ha detto...

Se non sbaglio, mutava a causa delle radiazioni ( ne ha parlato qualche tempo fa lo stesso Geo Albertazzi in uno show televisivo ) come quasi tutti i picchiatelli in costume che tanto piacciono a Crepascolino.

CREPASCOLO ha detto...

Caro Pippo, perdona i deliri di due fumettari prestati ad altra disciplina - il ns anfitrione sta scrivendo una bio di The Fonz come fosse una persona vera ed io ho passato gli ultimi trent'anni scrivendo un romanzo su Lory del Santo come fosse un personaggio inventato - ma il racconto di Stevenson è il classico sassolino che provoca una valanga. Personalmente ritengo che tutta la sua carica stia nella consideraz del buon dottore sul fatto che studi successivi al suo bizzarro esperimento, a suo avviso, chiariranno che siamo la somma di tante cosine diverse, non necessariamente tutte speziate come Hyde. Freud prima di Freud.
Io sono contento sia così xchè con tutte le vocine nella zucca non mi sento mai solo anche quando sbobino chilometri di Santa Lory che guarda in camera e dice una battuta allo spettatore del Drive In...

sartoris ha detto...

@PIPPO dai non paracularci :-)

@Crepa: sì, qualcosa del genere (ché poi io Albertazzi lo odio, troppo "attorone", ma in quel caso mi colpì molto l'originalità)(sia chiaro, io l'ho visto postumo, ché sono del '71 e alla messa in onda del programma ero solo un'idea nella mente di mia madre - non aggiungo invece in quale parte del corpo fossi di mio padre:-))))

CREPASCOLO ha detto...

Io sono nato nel '68 e sono stato progettato nel '67 quindi ho l'età dell'originale televisivo di Geo Alertazzi, ma non l'ho mai visto. Non è detto che prima o poi...

Anonimo ha detto...

Io il '68 l'ho fatto all'Università di Firenze e un po' mi gira i coglioni che siate più giovani.
Fabio

sartoris ha detto...

Fabio suvvia. I gradi di "boss" li hai conquistati anche perché sei il nostro fratello maggiore :-)

Gigistar ha detto...

Bella 'sta classifica, Omar! In un' ipotetica lista dall'11 al 20 potremmo forse infilarci anche "Mezzanotte nel Giardino del Bene e del Male"... con un sempre maiuscolo Kevin Spacey, tratto da un romanzo di John Berendt? O divaghiamo?

sartoris ha detto...

@Gigistar è bello stanarti, ogni tanto :-) per la classifica come no? Ci sono un sacco di altri titoli che ho dovuto tener fuori per stare nei 10 che mi ero imposto (pensa a BABYDOLL del 1956 di Kazan, che non può non dirsi appartenente alla genia, oppure a PIANO PIANO DOLCE CARLOTTA tutto ambientato in Lousiana ma anche LA LUNGA ESTATE CALDA tratta da Faulkner... insomma ho dovuto fare una scelta perché questo era il gioco, ma sono un bel po' di titoli da considerare oltre a questi :-)

sartoris ha detto...

PS anzi, a dirla tutta, credo che quanto prima pubblicherò anche una seconda lista, "gli altri e dieci titoli che devi assolutamente vedere per completezza sull'argomento" :-)

Antonella Giuliano ha detto...

Io, per il momento ho visto solo Il buio oltre la siepe di cui adoro il libro e Cape Fear che mi lascia sempre un sottile stato d'ansia ( la faccia grottesca di De Niro non la si può scordare). Certo sono solo un ospite di passaggio del tutto ignara rispetto a voi altri; però il blog può servire anche a far conoscere!
Ciao Omar

sartoris ha detto...

@Anto in primis non sei "solo" una ospite di passaggio (o meglio, lo sono tutti, persino io stesso) e comunque sei sempre bene accetta (anzi, ti prego di passare più spesso). In secundis, il blog lo tengo attivo proprio per potermi confrontare con chi queste cose che ho letto/visto/sentito non le ha necessariamente già conosciute. In definitiva, se questo post servirà ad avvicinarti a una qualsiasi di queste pellicole, per me sarà una grande vittoria!!! :-)

LUIGI BICCO ha detto...

Oh, i primi tre su tutti, eh, c'è poco da fare. Non che gli altri siano meno meritevoli, anzi. Insomma, una classifica di 10 classici da 10 (come sottolinei con i tuoi voti).

Però sai cosa? Mi unisco al coretto qui sopra che vuole (pretende) l'ampliamento della classifica fino a 20 titoli. Questi sono molto noti e più o meno li si è visti tutti. Ma visto che sei un intenditore, mi piacerebbe venisse fuori qualche vecchio titolo che mi è sempre sfuggito o uno di quei film di nicchia che nessuno avrebbe mai visto (beata ignoranza).

Che dici?

sartoris ha detto...

@BICCO certo, ne sono convinto anch'io e lo farò sicuramente. Appena ho a disposizione qualche ora libero tornerò a stilare elenchi (fantastico! magari mi pagassero per fare questo tutto il giorno:-)