domenica 12 ottobre 2014

quanto cazzo è bravo Lagioia?

«Una pallida luna di tre quarti illuminava la statale alle due del mattino. La strada collegava la provincia di Taran­to a Bari, e a quell’ora era di solito deserta. Correndo ver­so nord la carreggiata entrava e usciva da un asse immagi­nario, lasciandosi alle spalle uliveti e vitigni e brevi file di capannoni simili ad aviorimesse. Al chilometro trentotto compariva una stazione di servizio. Non ce n’erano altre per parecchio, e oltre al self-service erano da poco attivi i distributori automatici di caffè e cibi freddi. Per segna­lare la novità, il proprietario aveva fatto piazzare uno sky dancer sul tetto dell’autofficina. Uno di quei pupazzi alti cinque metri, alimentati da grossi motori a ventola.
Il piazzista gonfiabile ondeggiava nel vuoto e avrebbe continuato a farlo fino alle luci del mattino. Più che altro, dava l’idea di un fantasma senza pace.
Superata la strana apparizione il paesaggio continuava piatto e uniforme per chilometri. Sembrava quasi di avan­zare nel deserto. Poi, in lontananza, un diadema sfrigolan­te segnalava la città. Oltre il guardrail c’erano invece cam­pi incolti, alberi da frutto e poche ville ben nascoste dalle siepi. Tra quegli spazi si muovevano gli animali notturni.
Gli allocchi tracciavano nell’aria lunghe linee oblique. Planavano fino a sbattere le ali a pochi palmi dal suolo, in modo che gli insetti, spaventati dalla tempesta di arbusti e foglie morte, venissero allo scoperto decretando la pro­pria stessa fine. Un grillo disallineava le antenne su una foglia di gelsomino. E impalpabile, tutt’intorno, simile a una grande marea sospesa nel vuoto, una flotta di falene si muoveva nella luce polarizzata della volta celeste.
Identiche a se stesse da milioni di anni, le piccole crea­ture dalle ali pelose erano tutt’uno con la formula che ga­rantiva la stabilità del loro volo. Attaccate al filo invisibile della luna, perlustravano il territorio a migliaia, ondeggian­do da un lato all’altro per evitare gli attacchi dei rapaci. Poi, come accadeva ogni notte da una ventina d’anni, al­cune centinaia di unità staccarono i contatti con il cielo. Credendo di avere ancora a che fare con la luna, puntarono i faretti di un piccolo gruppo di ville. Avvicinandosi alle luci artificiali, l’inclinazione aurea del loro volo si spezza­va. Il movimento diventava un’ossessiva danza circolare che solo la morte poteva interrompere.
Un mucchio nerastro di insetti giaceva nella veranda della prima di queste abitazioni».

Nicola Lagioia (Ed. Einaudi)

15 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

Ha un bel nome - ma perchè la Star Comics non lancia un personaggio che si chiama Nico Lagioia invece di cose come Dr Morgue o Valter
( sic: non Walter )Buio - ed una bella faccia da Coliandro televisivo ( che quello dei racconti e dei comics è molto + buzzurro ), ma ci son cose nel suo lavoro che hanno fatto scattare la Stramaledetta Maestrina dalla Penna Ross che è uno dei miei lati oscuri + detestabili. Pinzillacchere, sia chiaro.
1) Prima di " e a quell’ora " non metterei la virgola.
2)Dopo " Correndo ver­so nord " metterei una virgola.
3)Sono della vecchia scuola
( diciottesimo secolo, temo ) e non amo la overdose di " c'era e ce n’erano " nello scritto ( comincio automaticamente a canticchiare Sette Fili di Canapa di Mario Castelnuovo qualsiasi cosa stia facendo - in questo momento sto intonando " C'erano sette fili di canapa / e un Abele da uccidere, /
sotto il cielo di rame /C'erano sette medici a tavola ..." anche se sto disinnescando una bomba nanite nei pressi del cuore di uno scienziato che ha scovato il buen retiro della Partcella Fantasma )
4) "Un grillo disallineava le
( sue, aggiungerei ) antenne su una foglia di gelsomino " : nel crepascolverso le foglie di gelso hanno le antenne, ma sono anche sicari capaci di mettere una bomba vicino al cuore di un impiccione che sa troppo.
Altro mi piace e parecchio come " il piazzista gonfiabile " e " l'ossessiva danza circolare ".
Ora che ci penso, nel primo numero della sua miniserie, Nico Lagioia, il Chirurgo Multidimensionale, potrebbe salvare il pancreas di una attivista per i diritti dei Pierrot di strada dalla ossessiva danza circolare di un derviscio microscopico che assomiglia al Willy Loman di Miller, ma sorride come il pupazzone che fronteggia i Ghostbusters.
Buon lunedì.

sartoris ha detto...

@Crepa: a voler correggere Lagioia (autore pluripremiato, direttore editoriale di Minimum Fax) non ci arrivo, grazie!

(leggilo, te lo consiglio, odio ammetterlo perché è uno scrittore pugliese e quindi l'argomento mi chiama in campo in prima persona, ma è davvero uno con le palle!)

Anonimo ha detto...

leggendo l'incipit mi chiedo: ma pallida non è l'aggettivo più ovvio del mondo da mettere vicino a luna? dunque se l'autore comincia il suo romanzo con le parole "una pallida luna", che cosa sta cercando di fare?
(la risposta che mi do: un romanzo di genere. forse una parodia. è come cominciare con "era una notte buia e tempestosa")
per il resto noto solo che un vitigno non è un vigneto. è una qualità di uva. ma "uliveti e vigneti" non si poteva scrivere per via della rima.

sartoris ha detto...

@Anonimo: non credo si possa valutare così il lavoro di uno scrittore. Un aggettivo può essere o meno condivisibile, in fondo è un arbitrio, ma sarei propenso a consigliare di valutare l'opera nel suo complesso (io l'ho trovata meravigliosa, e mi sento di promuoverla in pieno). La visione d'insieme di Lagioia, la "visione" che si porta appresso la sua scrittura è di gran lunga superiore a qualsiasi analisi del dettaglio... (detto tra noi, quanti aggettivi di Gadda, Faulkner, McCarthy e altri mille mila Dei della narrativa massimalista sono suscettibili di perplessità, eppure ciò che ha reso grandi quegli scrittori è la potenza della loro voce nonché la solidità del loro impianto artistico: secondo me uno come Lagioia aspira a quella grandezza, ed è una presunzione che mi colpisce:-)

CREPASCOLO ha detto...

Lo leggerò. A proposito: ho comperato qualche giorno fa La Fine è Nota , romanzo di cui avevo sentito parlare la prima volta quando era nella sale il film della Comencini liberamente tratto dal romanzo. Lo leggerò non appena avrò terminato i due /tre libri che sto leggendo in questi gg.

Anonimo ha detto...

L’aggettivo “pallida” riferito alla luna è già stato usato talmente tante volte che, per una forma di istintiva ribellione, può essere ripreso addirittura come novità (pensavate che non lo usassi perché consunto e invece…). E poi il “pallore” ha, come negli umani, cause diverse e può infondere nel lettore sensazioni diverse secondo il contesto in cui si esprime. Sulle virgole lascerei stare.
Fabio Lotti

CREPASCOLO ha detto...

Le virgole sono importanti, secondo il mio sindacabilissimo parere, perchè dettano il respiro della frase al pari dei punti, punti a capo e punto e virgola per dirla con Totò e Peppino. E' comunque vero che la ns lingua - la ns probabilmente + di altre - è in continua trasformazione e relega - giustamente, lo dico senza alcuna ironia - in un cantuccio dove non arriva mai la luce, nemmen la domenica, le obiezioni di ruderi arrugginiti dal tempo e dai chilometri, come il sottoscritto, che si ostinano a cercare nel testo, in qualsiasi testo e financo un e-mail commerciale , quella luccicanza che è la stimmate con cui sono marchiati da qualche parte tutti coloro che danno un senso allo scrivere & leggere.
Io mi commuovo come nemmeno Crepascola davanti ad una parmigiana decente quando Crepascolino azzecca un congiuntivo solo con la Forza del suo essere uno Jedi della Crusca.
E so che un giorno sarà in un angolo, come il Pavido Parker della prima tavola di Amazing Fantasy n 15, dileggiato da adolescenti che si sganasciano come cavalli di fronte a quel biondino che non sbaglia un periodo ipotetico della irrealtà nemmeno sotto minaccia di rappresaglie. Tristezza.

sartoris ha detto...

Trovo sacrosanta la battaglia per la virgola (leggo da decenni La Stampa e ancora mi si stringe il cuore quando a volte fior di firme sembrano eludere senza preoccupazioni le regole basilari della composizione della frase). Però starei attento ad estendere tale legittimo integralismo grammar-nazi alla letteratura: Saramago ha scritto interi capolavori senza virgole e gli hanno dato il Nobel :-)))

CREPASCOLO ha detto...

Concordo.
E potremmo continuare per ore - non lo faremo perchè io sono ancora in sala operatoria con la bomba lillipuziana e tu stai sicuramente scrivendo La Legge di Auard Canningam o Non Aspettarti il Paradiso - con le licenze di Charles Bukowski, James Joyce e Cormac McCarthy, to name a few.
Quando Nico Lagioia sarà a Stoccolma x ritirare il premio, spero che non inizi il suo discorso di ringraziamento brindando sarcasticamente a quei grammar-partigiani che hanno osato, per celia, di sindacare le sue scelte in materia di punteggiatura...

LUIGI BICCO ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
LUIGI BICCO ha detto...

E' da parecchi giorni che twitter è letteralmente invaso di messaggi di gente che legge quest'ultima fatica di Lagioia. E' sempre stato un ottimo scrittore dalla prosa fascinosa (e un ottimo direttore editoriale, anche nei modi, assaporati via mail ai tempi delle mie collaborazioni con la Minimum Fax).

Mi chiedevo appunto quando ne avresti parlato, visto che il romanzo si svolge dalle tue parti.

Mi sa che è da leggere, comunque, si :)

sartoris ha detto...

@Luigi che se ne parli tanto me lo renderebbe un libro verso il quale nutrirei generalmente un certo atteggiamento guardingo. Ma conosco Lagioia e lo stimo quindi mi son gettato a capofitto dell''opera sperando in cuor mio di venirne deluso (per invidia, in fondo è un concorrente:-). Ma niente Nicola è bravo. Ci sa fare. Punto. (Dannato!!:-)

Anonimo ha detto...

Mi riferivo solo al contesto dell’incipit che mi pare buono. Che poi la virgola sia quasi sempre essenziale al testo sono d’accordo (quante battaglie con i miei alunni!). Ce lo rammenta la famosa profezia della Sibilla Ibis redibis non morieris in bello dove la Nostra (prima o dopo il “non”?) decide le sorti dell’esterrefatto richiedente.
Fabio Lotti

sartoris ha detto...

Boss, voi vecchi insegnanti (vecchi nel senso di formazione, non mi permetterei mai di riferirmi al dato anagrafico) siete la croce e la delizia di chi (cerca) di fare il mio lavoro: qualche volta siete troppo fiscali, ma vi considero senza ombra di dubbio una risorsa perché ci fate riflettere...

Annalisa ha detto...

Le virgole, per la maggior parte dei giornalisti che leggo, di qualunque quotidiano, stanno diventando o un optional oppure un prezzemolo (ne mettiamo una manciata: qualcuna cadrà nel punto giusto; per le altre, chissà.

(potrei spezzare una lancia CONTRO la virgola messa ormai sempre più spesso tra soggetto e predicato?)