martedì 1 luglio 2014

...su Puglialibre

Omar Di Monopoli è uno dei più apprezzati scrittori noir del panorama nazionale e nella raccolta di racconti Aspettati l’inferno (Isbn Edizioni, pp. 176, euro 18) conferma la sua capacità di confrontarsi con la scrittura di genere, reinventandone le norme stilistiche: come sempre nelle sue opere, il dialetto e il gergo salentino sono impastati senza stridore con un lessico ricercato, in una sintassi ipotattica dal ritmo comunque incalzante.
Tuttavia, se i suoi precedenti romanzi sono tutti riconducibili al thriller e all’hard-boiled, alcuni dei testi di Aspettati l’inferno sperimentano nuovi generi in cui irrompe l’irrazionale: il finale di Sputazza from outer space vira verso la fantascienza, mentre sono degli horror Zanne, Figli della palude e Rave party - quest’ultimo è una rilettura in salsa salentina del celebre film Tremors, di Ron Underwood.
I racconti più convincenti, però, sono quelli dal taglio narrativo a cui Di Monopoli ci ha abituato, ossia in cui uno scenario pugliese degradato fa da sfondo a rese dei conti tra criminali e a episodi di gratuita brutalità. Tra questi spiccano Nostro Signore l’Uomo Purpu (già pubblicato nell’antologia Meridione d’inchiostro), storia di mare, di malavita e di superstizione, ma anche del legame fortissimo tra due fratelli; Cenere alla cenere, che vede uno sciamano alla corte dei caporali nelle piantagioni del Gargano; Maledetta Maciàra (già pubblicato nell’antologia Sangu), che narra di una fattucchiera di paese incolpata dell’assassinio di un bambino - ma come sempre il finale riserva più d’una sorpresa. Davvero riuscito, infine, il racconto che dà il titolo alla raccolta, Aspettati l’inferno, in cui un impacciato ragazzo si trova a fronteggiare dei delinquenti per proteggere un’avvenente ragazza russa capitatagli tra i piedi; si tratta di una storia ben architettata, con momenti comici, sangue a volontà e un incipit insolitamente romantico:
«Me mi bastava solo di guardarla.
Dormirci affianco senza disturbare, le mani a posto, non una pa­rola, solo riempirmi il naso del profumo suo.
Portarci il caffè bollente di mattina presto, per vederla girar­si tra mille strimìgni dall’altra parte, sotterrandosi nelle coperte come ’na vagnuncèdda che non le sconfinfera di andare a scuola.
E io zitto. Muto. Ad aspettare.»
(l'originale qui)

9 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

Me mi bastava solo di guardarla. Da lontano, senza disturbarla, le mani a dirigere, una volta tanto, una orchestra come Tizio potrebbe mettere assieme, quando non è da un'altra parte a combattere un Tale che era stato a bottega, si era stufato e si era messo in proprio.
Il papà non l'ho mai conosciuto e la mamma si è rovinata le ginocchia a lavare i pavimenti dei padroni perchè facessi le scuole alte ed imparassi a suonare il piano. Non ho mai avuto il cuore di dirle che, per campare, compongo le musichette delle pubblicità che rompono i cosiddetti a chi ascolta le radioline in campagna mentre pensa alla sua bella. Quando mi ha chiesto cosa faccio x vivere, le ho risposto che vendo granate a frammentazione travestite da bambola. Forse la cosa l'ha stecchita , non so. I dottori dissero che era stato il troppo lavor. Questo, però, ai suoi occhi giustificava i soldi che ho fatto per aver venduto la mia anima scrivendo cose come Profumo suo/ Profumo Sao/ di Sao Caffè. Vita sociale: zero. Ogni tanto una cena con il mio capo, che vive come un recluso nella sua radiolina che se potesse si porterebbe dietro come la casetta della lumaca.

Era seduta a bere una cosa nel bar di fronte e non avevo mai inciampato in una cosa così. Mi sentivo tutto rimescolato come l'ovetto sbattuto che mi faceva mamma. In sala di registraz c'era un poster di un quadro di un certo Botero: era lei , fatta e finita. Come la bambola + grande di una matrioska e conteneva tutte le donne che avevo sempre aspettato e che mi erano sempre passate davanti sventolandomi il due di picche.
Non riuscivo a crederci, ma Zanna Purpu mi stava incollata come una camicia a mezzogiorno a Ferragosto. Mettevo le mani e l'anima dove mi pareva. Mi sembrò giusto presentarle la mia famiglia, solo che la mamma era al Camposanto da anni quindi pensai al mio capo. Una cenetta a casa sua, cioè la radio. Dopo i crodini, Zanna fruga nella borsetta, prende una pistola e spara tra gli occhi del capo. Non sono mai stato un fulmine di guerra, ma capisco al volo che ci sarà stata una ragione se non stava tanto in giro. Guardo il mio amore che mi dice che il suo motto sta tutto nella considerazione che un testimone ci sta bene solo se si corre la staffetta e me resto zitto ad aspettare.

sartoris ha detto...

Crepa ma ti rendi conto che tutto il tempo che dedichi a quest'attività di rielaborazione creativa dei miei/nostri post è tempo sottratto al tuo Grande Romanzo Crepascoliano? :-)

CREPASCOLO ha detto...

Nah. Ho rubato la storia di Zanna Purpu dal tavolo dello studio di Peppe Ferrandino. Si è alzato un attimo per andare a prendere la sua radiolina in cucina ed io sono entrato dalla finestra, ho preso quanto mi ero ripromesso di prendere e sono ritornato nella sede della Carlino's Way giusto in tempo per spiegare a Gabe Garko che è possible fare di lui un altro Drupi, nel senso del cagnetto dei cartoni, non del singer.

sartoris ha detto...

(«Gabe» Garko mi piace come suona!)

CREPASCOLO ha detto...

Un tascabile anni sessanta in b/n, mensile. Pubblicato in giorni in cui si poteva e si doveva scrivere Blek e non Black. Geib Garko è un rivoluzionario nella solito futuro prossimo distopico. Di giorno tosa i cagnolini dei potenti in una bottega gestita dalla crudele Mater Oska, ma di notte compone e trasmette musica atonale subliminale da un aereo stealth sobillando i neuroni sopiti.

CREPASCOLO ha detto...

Gheib Garko strisciò dalla camera da letto fino al bagno e contemplò nello specchio un rudere come nemmeno uno degli Stones dopo una settimana di gozzoviglie. Nessuno avrebbe detto mai che aveva poco + di trent'anni. Come fa il Duca Bianco ? Cosa assume Gianni Morandi ? GG promise a voce alta che quella era l'ultimo tour dei Puglialibre. Sarebbe tornato a fare il chirurgo plastico, sempre che fosse riuscito ad impedire alle sue mani di ballare la tarantella. Una volta cesellava come nemmeno Botero, ora a colpi di bisturi avrebbe fatto di Olivia Wilde un Picasso. Qualcuno bussò. Era già il crepuscolo. Tempo di suonare. Di bruciare tutto il bruciabile come un bastimento inseguito dai pirati. Mai la fine.

CREPASCOLO ha detto...

La chiamavano Olivia la Selvaggia , dietro le spalle, perchè era lunga lunga e con i piedoni e non aveva nulla delle caratteristiche che attirano lo sguardo degli uomini e lo trattengono. Leggeva manoscritti per la Laterzi Editore - micro publisher specializzato in mielose love stories - e ne bocciava il 99% quando era in buona. Gheib Garko era un cane di attore con la luccicanza per il raccontare, sempre che lo potesse fare con una penna in mano e non in scena, che stava cercando di piazzare una bio condita di ironia in cui, senza pietà, inanellava i suoi flop. Aveva inviato una copia del suo Un fiasco dietro l'altro e sono astemio a tutti gli editori sulla guida ed erano stati tutti due di picche se non consideriamo un tizio che voleva farne un fumetto in b/n tascabile. Olivia lesse quella roba ed entrò immediatamente in sintonìa con quella epidemia di fallimenti. Fu amore a prima vista, delle parole cioè. Chiese al sio capo, il signor Laterzi che viveva come un recluso e solo x il suo lavoro di pubblicare la storia di GG, anche se esulava dal loro specifico. Nada de nada. Lo Implorò. Come sopra. Prese dalla borsetta una micropistola e lo colpì in mezzo agli occhi. Nascose il corpo non si sa dove, anche se per qualche tempo la carta pulp dei loro libri acquistò in consistenza. Pubblicò il libro. Bestseller per mesi. Garko partì in tour per firmare le copie, conobbe una fan , una tizia che viveva tosando cagnolini, se ne innamorò e la sposò. Cattivo.

LUIGI BICCO ha detto...

Stai raccogliendo applausoni, ragazzo. Molto molto bene. E mi fa piacere che un po' alla volta vengano fuori particolari così interessanti sull'opera:"rilettura in salsa salentina del celebre film Tremors", questo lo leggerò con MOLTA attenzione ;)

sartoris ha detto...

@Luigi, quello - RAVE PARTY - è il racconto più gettonato. Non vedo l'ora di sapere che ne pensi ;-)