giovedì 13 marzo 2014

l'ultimo bardo dei vaccari...

Un cielo azzurro punteggiato da flottiglie di nubi che riflettono la propria ombra sulla prateria sconfinata del West. Quel cielo immenso, così indecifrabile, assurge a vero protagonista - neanche troppo celato - dell’universo letterario di uno dei più grandi narratori americani contemporanei, quel Larry McMurtry premio Pulitzer nel 1985 tornato alla ribalta internazionale nel marzo di qualche anno fa con l’Oscar per la sceneggiatura del film Brokeback Mountain di Ang Lee.
Hud Il Selvaggio rappresenta il suo esordio, essendo stato scritto nel 1961, ma il romanzo ebbe un notevole successo grazie alla trasposizione - avvenuta solo due anni dopo - in un intenso film di Martin Ritt (con un Paul Newman davvero in parte nel ruolo principale). Il libro a fine 2006 è giunto finalmente anche in Italia grazie alla traduzione della piccola ma laboriosa casa editrice Mattioli 1885 (così come già L'ultimo spettacolo, altro seminale romanzo di McMurtry da cui Peter Bogdanovich trasse uno dei suoi film migliori).
La trama si sdipana in un affastellarsi di confronti psicologici che Larry McMurtry annoda con gusto millimetrico, snocciolandoli col suo stile cesellato e musicale, capace di riportare al lettore le sensazioni e gli umori che l'imberbe sguardo di Lonnie, il giovane protagonista, riesce a decodificare. Tutto ruota attorno a Homer Bannon, anziano allevatore di bestiame che incarna i nobili principi della Frontiera, e al suo scontro con l'arroganza del figliastro Hud. Il giovane nipote Lonnie ci accompagna nella lettura, ritrovandosi attratto sia dalla forza di carattere del nonno che dal fascino ribelle di Hud: il selvaggio, violento e gradasso Hud. La tragedia aleggia sul gruppo manifestandosi in un morso di serpente a sonagli, una caduta da cavallo, uno stupro, un incidente durante il rodeo, l'afta che distrugge le mandrie, un colpo di fucile. Tragedia che puntualmente arriverà in chiusura e ridisegnerà il destino di tutte le persone che gravitano intorno alla famiglia Bannon. Un romanzo poderoso, decisamente incolume al passar del tempo, poiché a distanza di più di quarant'anni Hud Il Selvaggio parla ancora di sentimenti forti ed essenziali, merce oggi dannatamente rara in un libro.

Hud il selvaggio
Larry McMurtry (ed. Mattioli 1885)

3 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

Merce che noi bestsellers di oggi e di domani ci guardiamo bene di caricare a bordo dei ns paperbacks, caro lei. Siamo cresciuti anche noi con il vento di controvento di Filipponio e Romano Battaglia che sussurrava alle betulle e si commuoveva fino alle lacrime davanti ad un truciolato Ikea. Pfui. Sono capaci tutti di apparecchiare un drammone con un tizio in canotta che urla il nome della moglie nel crepuscolo o il sorriso e la luccicanza di un paio di scarpe di un commesso alla fine della pista. L'artista in pista si cimenta con la rumenta ( Battaglia , credo, ma potrebbe essere mia ). La vera sfida è infilare un rullo di carta nella macchina da scrivere - è una immagine, claro que si, considerato che non conosco nessuno che non usi un pc - come faceva quel tale Jack Kay e raccontare della senzaz di spleen che prende un rosticcere di mezza età che crede di assomigliare a Briatore e si lascia crescere i capelli che puzzano di fritto quando serve i panzerotti nella sua bettola sotto un palazzo di vetro ripieno di colletti bianchi che poi puzzano di panzerotto quando tornano a casa, soli, e l'unica cosa viva è la lucetta del pc ( comperatevi una "ciabatta" dove infilare le spine , dico io, e spegnetela prima di uscire così da aumentate il senso di desolaz del mio libro ).
Novecento pagine. Tutte con lo stesso pathos di quanto ho sintetizzato. Presto un film di uno di quei registi europei il cui cognome comincia con la kay e che vincono sempre qualche premio speciale in laguna. Altro che bardi delle mucche...

sartoris ha detto...

Romano Battaglia, ecco un altro nome che avevo rimosso dalla mente. Come Otto Grunf qualche post fa. Crepascolo, sei un dannato rimestatore di ricordi (cattivi?) ;-)

CREPASCOLO ha detto...

In realtà non era nemmeno un Otto, ma un Grunt von Grunt - credo che Otto derivi dal cartone animato
( diciamo animato ) della trasmissione Supergulp .
Non tutti hanno la fortuna di nascere con un nome bellicamente fumettistico come Romano Battaglia o Tonino Guerra.