domenica 16 febbraio 2014

amore 2.0

Strabiliante pellicola dell'eccentrico cineasta statunitense Spike Jonze (per intenderci, quello di Essere John Malkovich) che ha meritato premi ovunque e che tra pochi giorni potrebbe culminare il suo trionfale percorso aggiudicandosi l'ambita statuetta dell'AcademyHer è un'opera capace di toccare corde profonde e inconsuete nella sensibilità di chi guarda, inoculandogli - quasi surrettiziamente - una serie di quesiti tutt'altro che scontati e costringendo lo spettatore a interrogarsi su quanti degli assunti su cui ognuno di noi costruisce le proprie certezze quotidiane siano labili e, in soldoni, relativi. Perché Her è davvero un film denso e rivelatore, ed è, vivaddio!, la dimostrazione che forse i più arguti di noi hanno già chiaro da tempo quale fottutissima china abbia imboccato il genere umano ma sarà sempre e soltanto attraverso lo sguardo di un artista dotato che potremo tirare le somme e rimettere in discussione le architravi di una società sfacciatamente in bilico come è quella in cui viviamo.
Attingendo a temi classici della fantascienza come l'eterna dicotomia tra spirito e materia, Jonze infatti con Her (uscirà il 13 marzo da noi col titolo Lei) ha elaborato un'opera davvero sorprendente, una pellicola che ti strattona per il colletto e ti costringe a renderti conto che la vicenda di Theodore (un incredidibile Joaquin Phoenix), impiegato di una compagnia web che compila lettere personali per conto terzi e che nel vano tentativo di lasciarsi alle spalle un doloroso divorzio intesse una vera e propria relazione con il sofisticato sistema operativo del suo computer, sta in realtà parlando di te, di me, di noi tutti, del nostro cammino verso il futuro e degli inganni necessari con cui chiunque di noi inghirlanda le proprie vite.
Costruito con un'attenzione quasi maniacale per il dettaglio, il mondo di Her è un impressionante puzzle (concettuale ma anche estetico) che non si limita a postulare teorie sull'ingerenza dei media nelle dinamiche sociali contemporanee ma, sfruttando i canoni del genere (la storia è narrata in un futuro che potrebbe essere domani), si serve della rappresentazione di un possibile sviluppo tecnologico per dirci chi siamo noi mentre ci specchiamo in esso.
Il regista è talmente abile nella gestione dei registri (si passa dal melodramma alla fantascienza senza soluzione di continuità, e sempre con un carico superlativo di poesia ed equilibrio) da creare un amalgama perfetto in grado di farci sentire ciò che sente il protagonista. La sequenza d'apertura, con un Phoenix intento a dettare, sguardo fisso sullo spettatore, una delle struggenti lettere che è pagato per scrivere, ci prende per mano e ci accompagna lungo un toccante e originalissimo viaggio sentimentale in una Los Angeles estremamente high-tech, dove chiunque vive in simbiosi perenne con smartphone, auricolari e videogame virtuali.
Ma tutto, in questo film, è incredibile. Dalla magnifica colonna sonora degli Arcade Fire alla calda fotografia pastello di Hoyte Van Hoytema, passando per l’ennesimo ruolo da non protagonista per una sempre troppo sottovalutata Amy Adams, qui struccata, spaesata, delusa dall’amore e legata ad una vecchia amicizia col protagonista. Ma il fulcro è Phoenix. Dire che l'attore è in uno stato di grazia risulta definizione addirittura riduttiva: Phoenix è decisamente il motore dell'intero progetto, in ogni singola scena la sua bravura dirompe con grazia ed empatia riuscendo magnificamente a manifestare ora con uno sguardo ora con un tic i suoi dubbi, i suoi tormenti, il suo candore e il bagaglio di rimpianti che gli zavorrano l'esistenza. La capacità dell'attore di aderire al personaggio è totale, soprattutto nell'esprimerne in maniera naturale la solitudine e (l'auto)isolamento.
Ovviamente non si può non segnalare la bravura di una Scarlett Johansson qui finalmente slegata dalla sua fisicità elegantemente "curvy" e pertanto capace di istillare sensualità e intelligenza alla sua Samantha con il solo utilizzo della voce (ed è per questo che mai come stavolta sarebbe un delitto non godere del film in lingua originale, pur con tutto il bene che si può volere - e gliene si vuole - a Micaela Ramazzotti che "impersona" il SO nella versione italica). Sempre presente ma mai invasiva, amante, amica e confidente segreta, Samantha è la donna perfetta. Un'intelligenza talmente superiore da sostituire la mancanza di contatto fisico con l'ausilio della fantasia. Ma anche nel futuro ecosostenibile di Spike Jonze l'amore finisce irrimediabilmente per tradire se stesso e, in fondo, si cambia attraverso il dolore e lo sgretolamento delle illusioni. Grandissimo cinema, una visione davvero speciale, in grado di lasciarti stremato e attonito, ammirato, persino un po' commosso. Applausi.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

una parola: capolavoro!
PIPPO

sartoris ha detto...

Più che d'accordo Pipps ;-)

Annalisa ha detto...

Convinta.

sartoris ha detto...

@Annalisa vai sul sicuro ;-)

Annalisa ha detto...

(detto da una che non sopporta 'il' Phoenix...)