mercoledì 6 febbraio 2013

delitti al chiuso...

C’è stato un periodo in cui i delitti più orrendi venivano perpetrati soprattutto in luoghi circoscritti come quelli della camera chiusa. Vediamo un po’ di dare qualche suggerimento di lettura.
A fagiolo viene, appunto, I delitti della camera chiusa di AA.VV., Polillo 2007, con il quale anche noi possiamo cimentarci in questa stuzzicante sfida all’ultimo neurone.
1) La 51a stanza sigillata di Robert Arthur Jr. Siamo alla riunione mensile del MWA, cioè dell’associazione del Mystery Writers of America (citati, tra gli altri, Brett Halliday, John Dickson Carr e George Simenon). Lo scrittore Gordon Waggoner ha una nuova idea su come evadere da una stanza chiusa a chiave. Invano Harrison Mannix, anch’egli scrittore di minor fama, cerca di carpirgli il segreto. Qualche settimana dopo Gordon viene trovato cadavere nel suo cottage “seduto alla scrivania, una mano posata sui tasti della macchina da scrivere, l’altra apparentemente, nell’atto di manovrare la leva dello spaziatore. Il corpo era senza testa”. Harrison non ci vede chiaro e va sul posto a indagare…
2) Omicidio per procura di Matthias Mcdonnell Bodkin. Eric Neville sta parlando con il suo giardiniere quando sentono il colpo di uno sparo e vedono una nuvoletta di fumo salire da una finestra quasi sopra le loro teste. Eric si lancia di corsa su per le scale e trova l’altro cugino John chino sul divano dove giace lo zio colpito dietro la testa da una rosa di pallini. L’inchiesta viene affidata al placido ma “robusto e tarchiato” Paul Beck. L’esame della stanza in cui è avvenuto il delitto rivela: una bottiglia d’acqua, un grande globo di vetro trasparente semipieno, posata su un libro vicino al fucile; dei pezzetti di carta costellati di forellini bruciacchiati; il fucile con la sola canna destra scaricata e le due canne in posizione di sicurezza. Il caso è risolto…
3) Mistero all’obitorio di Fredric Brown. Jerry Grant è uno studente universitario che si mantiene agli studi con un impiego notturno all’obitorio del comune. Un morto non riconosciuto viene messo in una teca di vetro per eventuale riconoscimento. Sembra che la dipartita sia stata accidentale. Investito da una macchina. Ma a Jerry vengono dei dubbi. Quando il probabile fratello del morto arriva per l’identificazione si scopre che la teca di vetro è stata rotta e il cadavere orrendamente mutilato al volto. Perché? Aggiungo (ma questo vale solo per me) che tra due personaggi del racconto avviene una bella partita a scacchi…
4) Il terzo proiettile di John Dickson Carr. Il giudice Mortlake viene assassinato in una stanza della sua casa. Davanti a lui c’è Gabriel White con una pistola fumante. Ha sparato due colpi. Un’altra pistola viene trovata dentro un vaso. Ma il proiettile che ha ucciso il giudice appartiene ad un’altra pistola ancora…(li mortacci!)
5) Il sogno di Agatha Christie. Hercule Poirot è invitato dall’eccentrico milionario Benedict Farley nel suo studio, per avere un giudizio su un sogno che lo tormenta una notte dopo l’altra. E’ seduto alla scrivania, sono le tre e ventotto minuti, si alza, prende la pistola da un cassetto della scrivania, la carica, si avvicina alla finestra e poi si spara. Che significa? Colpa del regime alimentare? Di un trauma infantile? Di una forma di autodistruzione? Oppure c’è di mezzo l’ipnotismo? Fatto sta che dopo una settimana il sogno diventa, per lui, cruda realtà… E qui mi fermo perché mi gira la testa. Gli altri racconti:
6) Il gufo alla finestra di G.D.H. e M.I. Cole.
7) I delitti di X street di Joseph Commins.
8) La prima camera chiusa di Lillian de la Torre.
9) Il pugnale d’alluminio di Richard Austin Freeman.
10) La foglia di te di Edgar Jepson e Robert Eustace.
11) L’episodio del chiodo e del requiem di C. Daly King.
12) Dopo accurata ispezione di Ronald A. Knoch.
13) A mille miglia nel cielo di John F. Suter.
A questo aggiungerei Delitti impossibili di AA.VV., Polillo 2012.
I nostri illustri antenati giallistici non avevano niente o poco da fare se perdevano tempo a congetturare sparizioni e delitti impossibili. E certo il tempo che ci dedicavano doveva essere cospicuo se poi erano così bravi da mettere in imbarazzo anche il più vispo dei lettori.
Come nel presente caso che vede riuniti nove menti diaboliche pronti a farci strabuzzare gli occhi con le loro trovate altrettanto diaboliche. Ce ne sono di tutti i tipi. Per esempio qualcosa che sparisce in una stanza perfettamente chiusa. Era lì ed ora non c’è più. Si tratta di un testamento tenuto da una signora a letto svanito nel nulla. Nessuno l’ha portato via. Dovrebbe essere da qualche parte della camera, eppure una brancata di poliziotti non riesce a trovarlo. Ma c’è, mannaggia alla miseria se c’è…
Oppure, oppure un corpo accasciato nella neve, morto insomma, con una serie di orme che portano al cadavere ma nemmeno una nella direzione opposta. Opera del diavolo?. E poi ecco quella del palombaro che si immerge per ritrovare i corpi di quattro annegati e ritorna su colpito a morte con un coltello che si usa per sfilettare il pesce. Annegati da giorni, dico, e nessuno in acqua!
Continuo. Una vendetta, due morti ammazzati. Ora tocca al terzo. Impossibile perché in quella stanza dove è stato ucciso non può entrare nessuno. Ma per Loreto Santos, curioso del crimine, è un gioco da ragazzi dimostrarlo. Aggiungo un accoltellato in una cabina di una funivia (era solo, naturalmente), un omicidio ne La Casa delle Tenebre di un Luna Park dove qualcuno è stato “capace di piazzare quattro pallottole in un’area di pochi centimetri nella schiena della sua invisibile vittima”. Meno male che arriva Ellery Queen a rischiarare il buio. Così come meno male che c’è il piccolo avvocato Malone a risolvere il problema di una impiccagione in cella di un suo assistito. Sembra un suicidio. Dico, sembra…
Sentite questa. Una lettera «Mr John Delaunay: lei sta per morire…Non c’è potenza umana che possa evitare la sua morte». Il suddetto ricevente si incavola di brutto, butta fuori qualche imprecazione e schianta a terra morto stecchito. E sentite, ormai che ci siamo, pure questa. Un tizio ad un altro «Ha messo il suggello al suo destino. A meno che non riesca ad intercedere per lei, morirà per sua stessa mano». Detto fatto da lì a poco tempo.
Non sono estranei agli omicidi questioni di cuore, di gelosia, di sghei. Aggiungo l’accuratezza delle descrizioni, la vivacità dei personaggi, momenti di tensione, ansia e paura. Ma, soprattutto, il desiderio di sbalordire. E io mi immagino i nostri eroi chini sul tavolo da lavoro o seduti a fumare in poltrona e, magari, perfino a mangiare a tavola (la moglie incazzicchiata alquanto) che sono lì a sfruculiare di continuo con la mente per fregarci e farci restare a bocca aperta come stoccafissi.
E spesso ci riescono. Da leggere con calma assoluta senza farsi saltare la mosca al naso. Con Discesa fatale di John Rode e Carter Dickson, Polillo 2008, il luogo chiuso si restringe ancora di più. Qui abbiamo Sir Ernest Tallant, un magnate dell’editoria, che si ritrova un buco in testa mentre è nel suo ascensore privato. Nessuno si è avvicinato alla cabina, niente arma del delitto. A indagare l’ispettore capo David Hornbeam di Scotland Yard e il medico legale Horatio Glass. C’è poco da spiegare. Accodatevi a loro e in bocca al lupo!
Un delitto all’aperto impossibile come certi delitti al chiuso si trova in Omicidio nella quarta dimensione di Harry Stephen Keeler, shake edizioni 2011.
Praticamente la seconda parte di Il caso Marceau dello stesso autore, “il grandioso genio folle della letteratura americana”. Un gentiluomo di campagna, André Marceau, viene trovato morto strangolato il 10 maggio 1935 «nel bel mezzo di un campo di criquet che stava spianando alla luce di un riflettore». Niente tracce intorno se non quelle del defunto e molto più lontano quelle di un bimbetto. Più precisamente nel retro della sua villa alla periferia di Little Ivington nella contea di Ken. Delitto poi risolto dal detective americano Aleck Snike. Ora, a distanza di poco più di un anno, entra in ballo anche l’ispettore Xenius Jones che aveva già annunciato in precedenza la soluzione dell’enigma, ripercorrendo tutte le tappe delle indagini e buttando all’aria tutte le ipotesi e le conclusioni.
Un libro “incasinato” e nello stesso tempo coerente, bizzarro e lucido, ironico e graffiante. Un libro per Lettori con una capoccia così (ho allargato le braccia) e con tanta, tanta pazienza. [Fabio Lotti]

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