giovedì 13 dicembre 2012

Salinui chueok...

Corea del Sud, provincia di Gyunggi. Una giovane donna viene trovata morta. Le analisi riveleranno essere stata stuprata prima dell'uccisione. Ben presto altri due cadaveri di ragazze vengono rinvenuti nelle campagne: salta subito all'occhio degli inquirenti che tutte e tre le vittime erano molto belle, vestivano di rosso e sono state uccise in un giorno di pioggia. È il 1986 e questa è la vera storia del primo serial killer documentato di questa parte di mondo. Il detective locale, il casinista Park Doo-man (Song Kang-ho, uno dei migliori attori della sua generazione), viene coadiuvato nelle indagini da Seo Tae-yoon, un investigatore giunto appositamente da Seul e presentato in principio allo spettatore come un infallibile Sherlock Holmes dal muso giallo: ma nemmeno a lui riuscirà l'impresa di districare la confusissima matassa. Mentre la popolazione e i protagonisti della ricerca brancolano nel buio, chi guarda comincia a chiedersi se abbiamo tra le mani un pazzo assassino oppure se, ancor più radicalmente, non sia la brutalità e l'ingiustizia che permeano i gangli di un'intera nazione a generare spontaneamente rigurgiti di violenza incontrollati e incontrollabili.

Memories of Murder è una pellicola del 2003 che ha mietuto meritatissimi premi di critica e pubblico riuscendo con straordinaria efficacia a mescolare intrattenimento e autocritica per restituirci (senza filtri) il clima di ignoranza e sopruso che negli anni bui della Repubblica il regime militare lasciava prosperare nella provincia più sperduta, mantenendo sullo sfondo di una - invero appassionatissima - operazione di indagine poliziesca le aberrazioni del governo. La politica non è mai apertamente raccontata ma viene fuori nei gesti e nelle scelte delle autorità, nel coprifuoco imposto dal potere, nella paura della gente, ormai priva di fiducia nei confronti della polizia; sfiducia guadagnata sul campo dai tutori della legge, che nel proprio modus operandi prevedono prove falsificate e confessioni estorte a suon di calci e pugni. Anche nei confronti di poveri ritardati o d'innocui pervertiti, con tutta evidenza estranei alla catena di delitti.
Il talentuoso cineasta Bong Joon-ho (The Host, Mother) compie un efficace ribaltamento narrativo mostrandoci in chiave quasi comica come si muovono i poliziotti locali, ma l'approccio non ne cela minimamente l'effettiva brutalità, né tantomeno si sottrae dal raccontarci un potere incapace di fermare un omicidio perché la maggior parte degli agenti in forza sono impegnati a reprimere la rivolta studentesca di turno.
I personaggi sono costruiti magnificamente e la sceneggiatura, complessa e stratificata, è un meccanismo di scrittura assolutamente perfetto. La fotografia di Kim Heong-gyu sottolinea l'atmosfera malsana di Gyeonggi: un abisso di pessimismo dal quale è bandita ogni forma di redenzione, mentre la resa delle ambientazioni eleva la scenografia della vicenda a una sorta di co-protagonista degli eventi; se l’inizio sospeso tra campi sconfinati coreani è suggestivo come un film dei Coen o un romanzo di McCarthy, l'opera raggiunge il suo apice in una sequenza notturna magistrale ambientata in un’affollata cava di pietra, grandioso esempio di gestione degli spazi e dei rapporti di sguardo. L'assassino non si può catturare perché invisibile, perché espressione della cattiva coscienza di un Paese malato, perché è ovunque, tanto nella disperazione disumana della baraccopoli quanto nello sciagurato distretto di polizia, dove l'elemento più brillante - in quanto donna - funge tutt'al più da domestica e serve il caffè. Uno dei capolavori della Corea di inizio millennio. Da vedere. Da vederissimo.

2 commenti:

Fabrizio ha detto...

Sono quasi certo di aver visto questo film molti anni fa ad un festival, non ricordo se a Torino oppure a Firenze. Lo avevo rimosso.grazie per averlo fatto riemergere dai meandri oscuri della mia memoria.

sartoris ha detto...

@Fabrizio: questo è davvero un signor film, mi è capitato di rivederlo un paio di giorni fa e sono impazzito: quando l'arte cinematografica indovina i suoi strumenti, colpisce sempre il bersaglio in maniera netta e dirompente!!! applausi...