lunedì 14 maggio 2012

nelle paludi della morte...

Dopo il notevole esordio con MorningAmi Canaan Mann riprende l'idea del viaggio esistenziale innestandola sulle direttive di un genere, il thriller-noir, in cui è il più celebre padre ad aver giganteggiato, quel Michael Mann cui si deve una miriade di capolavori dell'ultimo ventennio cinematografico e che qui si presenta nelle appartate vesti di produttore. In Texas Killing Fields la brava cineasta americana parte da oscuri fatti di cronaca realmente accaduti nelle paludi che circondano Texas City per raccontarci la storia di due agenti di polizia, il texano Mike Souder (Sam Worthington, ancora un po' imbrigliato nelle fissità espressive di Avatar) e il newyorkese Brian Heigh (Jeffrey Dean Morgan, intenso e convincente con quella sua faccia a metà tra Robert Downey Jr e Javier Barden). I Killing Fields sono una spianata costiera paludosa (che la vulgata vuole infestata dai fantasmi) dove sono stati ritrovati i corpi di quasi sessanta vittime, per lo più giovani donne. Nel corso delle indagini emergono due gruppi di indiziati, ma si aggiungono altre vittime e la vicenda s'infittisce. Quando ad essere rapita è Little Anne (la Chloe Moretz di Kick-Ass), una ragazzina di strada di cui Mike si sta prendendo cura, i due detectives assieme alla ex moglie di Mike sono costretti ad avventurarsi nel cuore degli acquitrini nel tentativo di salvarla.
La regia è esperta e la macchina da presa si muove senza incertezze, anche se l'insieme non rivoluziona il filone (come faceva invece il genitore in quasi ogni suo lavoro, ma questo continuo confronto, per quanto inevitabile, risulta forse ingeneroso per la Mann). Operando su uno script assai lineare, il film funziona al meglio laddove le parole risultano superflue, come nella costruzione dell'incontro tra i due protagonisti, che la figura femminile affidata a Jessica Chastain (cazzutissima poliziotta dal pugno facile) per una volta contribuisce ad unire anziché a dividere. Tensione morale e tensione religiosa si scontrano sul filo del rasoio, esasperando lentamente il ritmo della storia che ha dalla sua il fascino della location, la bellezza del sud degli Stati Uniti e gli eterni conflitti di razza e classe che ne alimentano il milieu. La giovinotta Moretz si dimostra come al solito dotata della giusta verve recitativa, ma a fornire la miglior performance del film è Jeffrey Dean Morgan, capace di imprimere peso e struggimento al suo imbolsito detective, fervente cattolico impegnato a venire a patti con l'indicibile violenza che combatte nel suo quotidiano. Delude constatare solo che parte della lugubre desolazione che ammanta i luoghi in cui si muovono i personaggi venga smorzata da una fotografia cupa e impastata che mostra non di rado la corda, soprattutto nelle numerose scene notturne. Per vederlo in Italia bisognerà aspettare il 15 giugno (che afa!)

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