venerdì 23 marzo 2012

Una trenata di morti ammazzati. Che ridere!

Il sorriso, fortunatamente, si insinua dappertutto. Anche quando meno te lo aspetti. Vedi, per esempio, nel romanzo poliziesco inteso in senso lato dove, con tutti i morti ammazzati che ti piombano addosso, ci sarebbe poco da sorridere. Qualche volta sono i protagonisti ad allargarci la bocca con i loro tic e le loro manie. Detective fissati con la buona cucina e le orchidee; pretucoli con «la faccia tonda e inespressiva come gli gnocchi di Norfolk» che sgambettano goffi con l’ombrello sempre fra i piedi; cicciottelli ambulanti dagli occhi a mandorla sempre pronti a tirar fuori massime singolari; piccoletti con la testa d’uovo ripiena di frenetiche celluline grigie; bassotti e tracagnotti con discreta nappa nasale che sbavano davanti ad un dolce; vecchiette arzille più o meno ciarliere e sferruzzanti, quando non dedite a risolvere complicati cruciverba; cicciottelle grassottelle che dondolano pericolosamente su tacchi alti; omoni giganteschi come velieri dal terribile grido «Arconti di Atene!» che dove si muovono lasciano il segno, e via e via e via. Ultimamente, per cercare di distinguerli dagli altri (fatica di Sisifo), una selva di figure strampalate che devono avere messo a dura prova le capacità creative degli autori.
E se non bastano i personaggi principali ci sono pure le «spalle» a sfruculiarci le ascelle attraverso le loro caratteristiche peculiari ed il loro rapporto con l’«altro». Non c’è bisogno di citazioni.
Naturalmente esistono libri ad hoc per metterci di buonumore, dove al malcapitato di turno ne succedono di tutti i colori. Cito solo Il caso dei libri scomparsi di Ian Sansom, TEA 2011, ultimo letto. Protagonista Israel, inglese cicciottello mezzo ebreo, mezzo irlandese, con «un completo di velluto a coste marrone spiegazzati e sgualciti», occhialini rotondi con montatura dorata, un «disordinato ciuffo di capelli ricci», piccolo e «pienotto», valigia logora, vegetariano, nurofen a portata di mano, arriva da Londra a Tudrum nell’Irlanda del Nord, per diventare bibliotecario della biblioteca, appunto, di questa cittadina. Primo passo sopra una cacca di cane e ci si immagina già il seguito.
Anche nei libri più seri ci possono essere degli spunti programmati per farci divertire. Vedi, pure questo ultimo sott’occhio, il caso di Pessime scuse per un massacro di Enrico Pandiani, Rizzoli 2012, in cui, parallela alla ricerca principale di un terribile assassino, si snoda quella singolare di un ladro di scarpe che, se non gliele dai, sono cavoli amari.
Quando non si sorride per gli spunti comici dei personaggi ecco arrivare, sempre tra una caterva di morti ammazzati, il succedersi rapido dei fatti e il groviglio inestricabile delle situazioni. Non c’è un attimo di tregua e il lettore viene scaraventato di brutto tra scene grottesche ed esilaranti senza che nemmeno se ne renda conto. Ora sei qui, un attimo dopo sei lì, un secondo dopo sei sbatacchiato da tutte le parti. Maestri indiscussi Lansdale e Westlake, tanto per citarne un paio. E per lo sbatacchiamento incontrollato infiliamoci pure il novello Gischler che pare proprio sulla buona strada.
Altro spunto, involontariamente comico, lo stereotipo che ormai dilaga. Tipo la sfiga che in qualsiasi storia è ormai di casa e di bottega. Difficile trovare qualche personaggio che non si sia diviso dalla moglie o dal marito o al quale non sia morto un genitore o un paio di parenti stretti e lui non soffra di qualche paturnia particolare (sull’argomento vedi qui). E tipo pure certi rapporti all’interno di una squadra di poliziotti che non se ne può più, soprattutto se scritti con lo stesso mediocre linguaggio con il quale lo studente ginnasiale butta giù l’elaborato faticoso su Leopardi (sorrisetto di disperazione).
C’è pure il tempo a metterci lo zampino. Sparito il clima più o meno sereno caldo boia e freddo bestia, altrimenti una pioggerellina fitta fitta che spacca i maroni. Spesso pure, in certi racconti brividosi, come scritto da altra parte, il vento che ulula, il gatto che miagola, la civetta che butta fuori il suo grido oppure l’upupa che fa lo stesso, la porta che cigola, il lampo che acceca, il tuono che spacca, passi e sospiri nella notte, il sogno angoscioso, il cuore che impazza, il sudore che cola, la bocca che urla. Una serie di elementi che dovrebbero farci rizzare i capelli ma se messi tutti insieme ci fanno sbellicare dalle risa.
Infine, per cercare di renderci secchi dalla paura con effetto contrario (almeno per il sottoscritto), vampiri, diavoli, streghe, morti viventi (spuntano fuori anche dalla tazza del water) che mordono, succhiano, sbranano, dilaniano lasciando dietro di loro una trenata di morti ammazzati.
Che ridere!

Fabio e Jonathan Lotti (qui altre Voci Amiche)

12 commenti:

Gigistar ha detto...

e per ritrovare esattamente questo tipo di sensazioni mi viene in mente un titolo al volo: "La bottega degli errori" di Douglas Lindsay. Black comedy sotto i cieli di Scozia con un protagonista che si ricorda anche dopo anni e situazioni brillantemente assurde. Una chicca.

sartoris ha detto...

@Gigi: hai tirato fuori un vero classico! (era tempo che non ci ripensavo, gran libro)

Anonimo ha detto...

Più vado avanti verso la tomba (ora ci sono dentro con un piede e tre quarti)e più mi viene voglia di cercare il sorriso magari anche dove non è. Ho evitato di proposito lunghe citazioni che sarebbero solo di peso per un breve pezzo.
Fabio

Anonimo ha detto...

Uno dei miei momenti di divertita curiosità è, all'uscita di un libro, il vedere quale nuovo tipo di ispettore o detective ti ha combinato l'autore. Ne sono stati tirati fuori anche di gay ed eunuchi (niente da ridire).
Fabio

sartoris ha detto...

@Fabio, sì, anche se sta diventando un po' un format: basta prendere i tic di questo e le fobie di quell'altro, miscelarli con un'ambientazione esotica o meridionale e voilà, il detective (o il serial killer) è servito ;-)

Anonimo ha detto...

Lo so e intanto diminuiscono i lettori (dieci per cento) e i giovani studenti hanno difficoltà a mettere insieme un discorso mediamente articolato (verificato pure di persona). Non sono proprio rosee prospettive.
Fabio

Annalisa ha detto...

Be', pensa che quando leggo una recensione, tendo a saltare tutte le righe appena mi sembra che mi diranno qualcosa sulla trama. E anche con questo sistema, qui mi è venuta voglia di prendere almeno il primo libro.
Poi, giuro, vado subito a preparare degli esercizi di articolazione del discorso per i miei tonti. Cioè, per i miei alunni.

sartoris ha detto...

sui dati di lettura in Italia anch'io mi unisco al coro di depressi che oggi sui giornali gridano alla catastrofe... Pffff! (sbuffo frustrato)

Anonimo ha detto...

Annalisa non sono "tonti". E' che in genere, secondo anche la mia passata esperienza, non hanno molta voglia di leggere e di curare la scrittura (esperienza pure attuale). Poi ci possono essere, naturalmente, delle belle eccezioni. Soprattutto, devo dire, da parte delle ragazze.
Fabio

Annalisa ha detto...

p.s.: Sì, scusa, è che "tonti" è il nick che si sono dati loro stessi di fronte a certe esaltanti prestazioni scolastiche, e ormai anche a me scappa di usarlo molto spesso...

p.p.s: e, per quanto riguarda la mia esperienza attuale, non hanno punto voglia di curare la scrittura... :-(

Anonimo ha detto...

Ne approfitto per far finta di offrire degli spunti a chi non ne ha bisogno, ma è il tic di noi vecchietti. Le cose più belle, per modo di dire, era quando si organizzavano dei brevi racconti, delle storie inventate o aderenti a certe realtà personali. Allora qualcosa di buono poteva venire fuori. Per quanto riguarda la poesia, invece, ho avuto una esperienza esaltante in questo modo. Abbiamo scelto per ogni alunno della classe un breve “pezzo” di poesia, spesso gli incipit, che avessero dei toni diversi (drammatico, sentimentale, gioioso, burlesco ecc…) da imparare a mente e recitare uno dietro l’altro in modo da far emergere immediatamente le diversità delle espressioni poetiche.
Fabio

Anonimo ha detto...

Scusate, ragazzi, termino questo intervento pallosetto. L'obiettivo era anche quello di adeguare il "pezzo" alla personalità della/del ragazza/o per cui ad un tipo estroso poteva andare bene anche Trilussa. L'obiettivo mio vero, però, era che, per scegliere ventotto pezzi, per esempio, eravamo costretti a leggerci senza troppa preoccupazione quintalate di poesie e poemi.
Furbo il vecchietto, eh?
Giuro che è l'ultimo.
Fabio