mercoledì 29 dicembre 2010

Si. Può. Fareeeee...

Impossibile dimenticarlo nelle isteriche vesti dello scienziato che risveglia la creatura in quel gioiello assoluto di comicità che è Frankenstein Junior (Mel Brooks, 1974), ma era mitico anche nella parte di Leo Bloom (Per favore, non toccate le vecchiette, sempre di Brooks, 1969), oppure nei panni di Sigerson Holmes (Il fratello più furbo di Sherlock Holmes, 1975), o di Dave Lyons (Non guardarmi non ti sento, Arthur Hiller, 1989). Sono solo alcune delle interpretazioni più famose di Gene Wilder: attore, sceneggiatore, regista e simbolo di una comicità sperimentale che a cavallo dei '70 cambiò radicalmente il modo di ridere degli americani. La sua sfolgorante carriera si chiuse negli anni '90 con un volontario (e doloroso, per le schiere di fan) ritiro dalle scene, ma generazioni di nuove leve di cabarettisti ne imitano a tutt'oggi lo stile, le gesta, il passo stralunato, e sono ancora una moltitudine gli spettatori che citano a memoria i tormentoni dei suoi film (come non ricordare i memorabili duetti con il gobbo Aigòr alias Marty Feldam?). Nell'autobiografia Baciami come uno sconosciuto Wilder si racconta dai primi passi sui palcoscenici dei teatri off d'oltreoceano - per merito della sorella maggiore attrice - alla notte degli Oscar. Parla di tutto con dovizia di dettagli, senza mai annoiare: del suo rapporto con l'amico genialoide Brooks, dell'alchimia con il comico di colore Richard Pryor, dell'amore con Gilda Radner, stella del Saturday Night Live che il cancro si porterà prematuramente via e persino del suo, di cancro, di come lo abbia lentamente (ma senza troppi rimpianti) allontanato dal Grande Schermo per avvicinarlo alla pittura e alla narrativa. Come tutte le buone penne, affascina il lettore con sapide trovate, escamotage stilistici imprevedibili (come i dialoghi ripetuti in presa diretta con la sua analista) e aneddoti succulenti (l'incontro con Harrison Ford, la chiamata di Woody Allen, la telefonata di Fellini). Si chiude il volumetto con l'esigenza di saperne di più, e quasi spiace, come spesso accade in questo tipo di memorials, che l'autore abbia volutamente tralasciato parte del suo lavoro sul metodo creativo, dicendoci in fondo ben poco sullo scambio di idee e sensazioni che gli permettevano di creare maschere efficaci come quelle summenzionate per raccontarci tanto della propria vita privata, degli amorazzi, delle sofferenze affettive e famigliari. Ma è dopotutto parte della magia di libri come questi: scoprire che in fondo, dietro figure eccezionali che hanno segnato un solco nel loro genere, si nascondano uomini normali, pieni di paure e tentennamenti molto simili ai nostri.

Baciami come uno sconosciuto
Gene Wilder (Ed. Sagoma)

2 commenti:

Annalisa ha detto...

Lo sto leggendo. Un libro singolare, che non fa sconti all'autore. E' tagliente e anche disarmante, e, sì, niente metodo creativo, niente istruzioni per l'uso del Perfetto Attore, eppure... Ha ragione Mel Brooks: non bisogna mettersi a leggerlo di sera perché rischi di tirar mattina continuando a leggere.

sartoris ha detto...

sì, anche a me ha colpito molto. Sto valutando l'idea di leggere anche l'autobiografia della moglie, ma temo sia incentrata sul suo tumore e al momento - avendo un famigliare nelle medesime condizioni - non mi alletta l'idea!!!

vabe' comunque io per Gene stravedo!!!