I complottisti sparsi in quantità lungo l’intero globo terracqueo possono in questo caso spaparanzarsi sul divano e godersi con calma la visione. Nel minuscolo ma curatissimo film Moon non è tanto lo sbarco sul satellite ad essere messo in dubbio, quanto infatti il suo esatto contrario: è l’uomo qui a ritrovarsi isolato sul suolo lunare, anelando un ritorno sulla Terra che risulterà abbastanza improbabile.
Il giovane regista Duncan Jones (figlio di David Bowie, ulalà!) si rivela decisamente un gran paraculo per l’abilità con cui riesce a riproporre in chiave ancora vivida e stimolante materiali forse non propriamente originali (il conto alla rovescia che segnala l'arrivo della squadra di soccorso proviene filato da Atmosfera Zero, la stanza del risveglio dei cloni è figlia della saga degli Alien, i cloni «in scadenza» con i ricordi impiantati nella testa non si differenziano granché dai replicanti di Blade Runner). Ma è l'eccelsa prova attoriale di Sam Rockwell, vero e proprio «one-man-show» sullo schermo, a risultare mirabilmente funzionale allo svolgersi della trama che, grazie anche a qualche furba trovata narrativa - prima su tutte [spoiler] l'arrivo del clone, che permette al protagonista di interagire e comprendere il circolo vizioso in cui è imprigionato - riesce a scongiurare l’effetto tedio che pure avrebbe potuto annidarsi nelle pieghe di un film siffatto. Jones adotta pochi semplici elementi della sci-fi classica, riformulandone (quando non stravolgendone) drasticamente le linee portanti: cibernetica (il computer-guida, sorta di braccio meccanico della Fiat con la voce di Kevin Spacey, che risulta più umano dell’uomo stesso), ambientazioni (la Luna è solo un elemento necessario al benessere della Terra e non un terrorizzante mondo da scoprire) ed effetti speciali (quasi del tutto assenti, sostituiti dall’assoluta centralità del personaggio principale). A ben guardare l'atmosfera asettica, le distese panoramiche lunari, l'avanzare dei freddi e muti veicoli da lavoro costituiscono parecchio del fascino della pellicola (anche in questo senso, molte le citazioni: Solaris e 2001: Odissea nello Spazio), e il piccolo budget dichiarato non sembra mai un limite - per quanto alcuni campi-lunghi della base non nascondano adeguatamente la natura posticcia della struttura lunare. Girato in soli 33 giorni, Moon conta su una direzione essenziale e claustrofobica, sicuramente notevole, capace di stordirci mostrandoci quanto l’uomo, anche lontano dalla sua connaturata dimensione terrestre, si proietti come un ariete impazzito incontro al dolore e alla frustrazione. Bello, sul serio. Da diffondere e consigliare.
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