Un esordio duro
come un cazzotto in faccia.
...Esiste un Sud che è un microcosmo. Ci sono persone che si muovono lentamente e hanno come ambizione unica quella di farsi trasportare dalle cose, quasi di mimetizzarsi fino a scomparire. È questo - e molto altro marciume, rabbia, sporco, sofferenza - l’esordio di Omar Di Monopoli, classe 1971, salentino che vive a Manduria. Il suo esordio è duro, come un cazzotto in faccia. Come il sogno irrealizzabile di chi vuole fare qualcosa e non ci riesce - nella fattispecie trasformare in salina un parco naturale. O che, forse, non può. Come chi ha specchio in un cane, che sbrana e mangia. Come chi ha l’amara convinzione che niente mai potrà cambiare. Tanto meno le persone. E tutto quello che è loro intorno. Soprattutto se si chiama Sud. Il carabiniere, a un certo punto, divide le persone in due categorie «quelli che c’hanno la pistola e quelli che c’hanno il fucile». Credi che effettivamente sia così? No. Almeno, non in maniera così drastica. Uno scrittore tende a prendersi delle libertà, a manomettere la realtà per esigenze narrative: io avevo in mente dei modelli, degli stilemi specifici (il western all’italiana, la letteratura «sudista» americana e un bel po’ di fumetti pulp), per cui ho esasperato la visuale giocando sull’iperbole. Però durante le presentazioni del romanzo in molti mi dicono di riconoscere l’animo nero del Salento. Quindi credo che, senza averne l’intenzione, Uomini e cani abbia finito per radiografare alcuni aspetti del meridione. Hanno un grande spazio, fin dal titolo, i cani. Cani che abbaiano, dilaniano e si comportano in modo speculare ai loro padroni. Nel Salento che descrivi c’è tanta cattiveria, tanto schifo, tanti cani che abbaiano e mordono. Tanta rabbia. La realtà che descrivi è proprio questa? Quanto c’è di autobiografico nel testo? I cani rappresentano la ferocia, una ferocia che evidentemente rispecchia quella dei loro padroni (e - per traslato - del genere umano tout court). Di autobiografico in realtà c’è ben poco: sicuramente un modo di sentire (sentire la natura, ma anche le relazioni umane) e poi lo stato d’animo: la rabbia verso l’incuria, anche morale, che consuma tutto e tutti. Da secoli. C’è tanta disillusione. Personaggi che provano, che lottano (neanche troppo) contro la corruzione, si stagliano a baluardi di difesa che, immancabilmente, crollano. È una città fantasma più reale che mai? Guarda, in realtà provo una certa perplessità di fronte a una domanda simile, perché, a costo di sembrare disfattista, io non avevo intenzione di rappresentare un mondo derelitto, però non posso nemmeno trincerarmi dietro la giustificazione dell’Arte cui tutto si perdona. Direi che io ho raccontato una storia, e in maniera collaterale a questa storia si è incollata - quasi mio malgrado - una sorta di denuncia sociale. Però, ribadisco, se avessi voluto davvero fare un’analisi ‘sociologica’, che rispecchiasse la realtà, avrei probabilmente scritto (ammesso di esserne in grado) un saggio di antropologia, o di sociologia politica! Le donne ci sono ma non hanno spazio. Hanno movimenti che non sono movimenti. E decisioni che si comprimono fino a scomparire. È la realtà? Sono cresciuto assistendo a questa specie di rassegnazione passiva delle donne. Ma sono pure convinto che il ruolo della donna risulti spesso fintamente tale: in realtà accondiscendendo a certi riti, a certe maschere, la donna (ovunque, ma nel nostro sud in particolare) finisce secondo me per sancire lo stato di fatto. In realtà potrebbe fare molto per cambiare: si pensi alle donne dei boss mafiosi, ma anche più semplicemente al potere delle madri, da loro dipendono gli adulti di domani. Sembra che il Sud abbia un cuore nero. È davvero così? Cambieranno mai le cose? Bella domanda! Personalmente ritengo che il cuore nero appartenga a tutti, senza distinzione geografica e non solo al nostro sud, pertanto ho una visione tendenzialmente pessimista. Nel mio romanzo rappresento la violenza come unica sintesi delle relazioni tra esseri umani. Certo, sarebbe bello venire smentito!!
(intervista a cura di Flavia Piccinni per Bazarweb)
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