Eremiti e soldati, patriarchi e ominicchi abitano queste pagine. Personaggi emblematici, raccontati in una sorta di tragedia corale: a sud, nel nostro paese, il Salento è terra bruciata, buco nero senza redenzione. Attraverso un’architettura di intrecci leggera, apparentemente povera ma efficace, l’autore Omar Di Monopoli - al suo romanzo d’esordio - racconta un luogo più che una vicenda. Gli eventi si mettono in moto a partire da un antefatto: il comune di Languore progetta di trasformare una vecchia salina in un parco naturale. Benemerita e civica delibera, che pure costringe allo sfratto una parte non trascurabile della popolazione.
Che cosa ci sta dietro? Il sindaco del paese non è un corrotto ma è un ingenuo. A tirare le fila di una speculazione avventurosa è il signorotto locale che di nome fa Don Titta Scarciglia. Mafioso, certo. E pure protetto dal braccio militare di un vero e proprio clan, la famiglia dei Minghella che vive in una specie di palude irraggiungibile.
A Languore, dove le logiche di sopraffazione sono la forma consueta e consolidata di ogni funzione e rapporto sociale, non esiste reazione che non sia reazione violenta. Agli antipodi di Scarciglia, azzimato delinquente, c’è infatti Pietro Lu Sorgi, un homeless con la carabina e due pitbull infernali al seguito. Nessuno lo manderà via dalla stamberga in cui dorme, e che difenderà a costo della vita. Così il «sangue inizia a ingrassare la terra» come recita la nota introduttiva al volume. Pietro sequestra e uccide, ma a mettergli il sangue sulla coda giungerà Nico: uno sbirro senza pistola che fa il guardaboschi. Non un eroe, ma un semplice cui la vita, in una notte di fiamme, ha tolto la speranza. Ad aiutarlo c’è un cane-lupo fedele che dovrà vedersela coi pitbull di Pietro. Infine c’è un’oscura storia di gelosia e di morte, che si perde nel passato ma che lega Nico ai Minghella. Quando Milena, la bella figlia di uno sfrattato, torna in paese, la guerra riesplode definitiva. Il guardaboschi troverà un prezioso alleato nel figlio della droghiera del paese, un ex militare affascinato dalle grazie della ragazza e che pure nell’inferno di Sarajevo ha visto la morte in volto, ha assistito a torture indicibili. E allora nessuno di quelli che resteranno in piedi avrà patente di purezza. A Languore l’aria resta sporca e odorosa di copertone bruciato. Vinceranno forse i meno cattivi, in Uomini e cani, ma - come in una tragedia rusticana venata di noir - un senso di amaro resta in bocca anche a lettura finita.
(A.A. sul quotidiano Il Foglio)
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