lunedì 10 giugno 2013

Pardini e la sua prosa esatta...

Vincenzo Pardini è uno di quei pochi, fondamentali scrittori nostrani che il grande pubblico perlopiù misconosce, un autore schivo ed appartato (vive facendo la guardia giurata in un paesello vicino Lucca collaborando da lì a testate come La Nazione o Tuttolibri ma concedendosi pochissimo alla cronaca salottiera) alla cui notorietà poco ha giovato finanche il trattamento cinematografico di uno dei suoi libri da parte di un regista di grido come Veronesi - suo Il mio west, con David Bowie e Leonardo Pieraccioni, pellicola del 1995 che nelle intenzioni voleva carpire la bellezza epica e barocca del magistrale romanzo western Jodo Cartamigli, tentativo ahinoi fallito miseramente anche per l'evidente miscasting (la Marcuzzi e Pieraccioni tra i tavoli di un saloon davvero non si possono guardare). Eppure la prosa di Pardini, con al suo attivo una decina di libri pubblicati presso editori di grande e medio cabotaggio (Natalia Ginzburg disse di lui che era il nostro Maupassant), è davvero una sorprendente fucina linguistica cui chiunque coltivi anche la più trattenuta velleità di scrittura dovrebbe guardare con predace attenzione, perché in quel suo tipico incedere alla ricerca della metafora più ardita, in quel suo straordinario recupero dei fonemi più arcaici, un giovane autore potrebbe - forse! - comprendere la faticosa potenza di una scrittura esatta ed efficace, che ad una vulcanica contemplazione antropologica del Male unisce una capacità espressiva unica, una scrittura che in barba a qualsiasi legge di mercato si sforza di mettere a segno un universo vivo e palpitante fottendosene della facilità d'accesso del lettore ed anzi imponendogli talvolta una rilettura più attenta, costringendolo insomma a percepire, oltre al senso delle storie narrate, la straordinaria, pregnante musicalità delle parole utilizzate per raccontarle (trattando spesso di West, anche se modulato in un'ottica tutta italiana, talvolta Pardini fa venire indubitabilmente in mente McCarthy, e questo sin da quando l'autore texano era da noi assolutamente sconosciuto ai più).
Banda Randagia è una raccolta di racconti, uscita nel 2010, nella quale l'autore toscano rinuncia clamorosamente a qualsiasi orpello stilistico (e anche in questo ci sembra di scorgervi una similitudine con la più recente deriva mccarthyana) per regalarci nove gioiellini più o meno brevi, tutti egualmente saturi di una carica d'inquietante capacità eversiva, tutti latori di un poderoso senso di perturbamento che solo uno scrittore evocativo come Pardini sa infondere in chi legge. Da applausi. E col bis.

Banda Randagia
Vincenzo Pardini (Ed. Fandango)

3 commenti:

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Pimpi ha detto...

...incredibile ma ci manca. Proprio come autore!
Messo in lista, ovvio ;) Ciao

sartoris ha detto...

@Pimpi: mancanza gravissima, ti consiglio tutto, di pardini ;-)