«Sono nato attorno alla seconda metà del secolo scorso, quand’ancora i plutocrati di Marte erano ben lungi dall’allungare le loro mani romboidi sulle azioni della Microsoft.
Sfibrata dalle complicanze del parto, mia madre faticò parecchio per rimettersi in forma. Ciò non ostante, solo un anno dopo la mia nascita era tornata talmente tonica da permettersi di sfidare Sugar Ray Robinson per il titolo dei Pesi Massimi. Perse ai punti, ma di poco. I giornali parlarono di ‘uno spettacolo sportivo d’inqualificabile bruttezza!’
Scampato miracolosamente al tentativo di linciaggio da parte della folla durante una parata londinese, dove aveva cercato di gambizzare John Lennon con una scacciacani appartenuta a mio nonno, mio padre si diede uccel di bosco facendo perdere completamente le sue tracce. Nessuno lo vide mai più. Un segretissimo dossier della CIA, fattoci pervenire da un investigatore privato dilettante, dava per certa la sua militanza nelle file delle Black Panthers.
Avevo da poco compiuto sedici anni quando, morso per errore da un ragno radioattivo, acquisii il superpotere di sentirmi perennemente a disagio.
La scoperta del sesso giunse in età relativamente tarda, perlomeno rispetto ai parametri di Maastricht. Terrorizzato dalla mia prima volta, iniziai direttamente dalla seconda.
Lei si chiamava Hand.
A venticinque anni fui folgorato dal Buddismo. A ventisei anni dall’Induismo. Successivamente mi lasciai ammaliare dai condizionatori d’aria.
Oggi non guardo in faccia a nessuno. Se c’è da fare una cosa, state certi che la rimanderò…»
da La lunga vita di Minni Minonne, affarista
Racconto inedito
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