La grigia Agnes (una Ashley Judd senza un filo di trucco e un po' appesantita, finalmente in parte) consuma le sue giornate in uno squallido motel lungo una statale polverosa da qualche parte degli USA. Sbarca il lunario facendo la cameriera in un locale gay, concedendosi esigue serate di sballo assieme a un'amica. Il suo dramma ha origine dieci anni prima, il giorno in cui suo figlio è dichiarato ufficialmente scomparso. Tira a campare convivendo con le sue fobie e gli spettri d'un passato scomodo - tra cui un marito violento - in un mondo che ormai ha cessato d'interessarla. Ma un giorno nella sua vita appare Peter, introverso e sensibile reduce della Guerra del Golfo che si porta appresso un mare di paure (e di segreti). Tra i due scocca l'inevitabile attrazione: intraprenderanno un viaggio senza ritorno alla ricerca del germe che inquina le loro esistenze. Ed è in questo preciso istante che comincia il tiratissimo, inquietante delirio di Bug, splendido film per il mercato Homevideo del sempre grande William Friedkin, che qui sembra guardare, e con cognizione di causa, a Cronenberg o a William Burroughs. Sul versante registico, Friedkin non tradisce l'impostazione statica della sceneggiatura, di evidente derivazione teatrale: i personaggi si muovono in un unico interno per la quasi totalità della pellicola, spesso ripresi con telecamera a mano; lo zoom, utilizzato da dio, insiste non di rado su dettagli insignificanti - e che solo successivamente si mostreranno rivelatori; la colonna sonora si compone in gran parte di suoni allarmanti, e tutto, dall'unica torrida scena di sesso esplicito alla fotografia gelida ed essenziale, sembra concepito con abilità per angosciare lo spettatore; Il risultato è un prodottino da applausi: gli interrogativi sollevati da Friedkin (indimenticato autore del cult L’esorcista, 1973) in questa piccola pellicola prodotta dalla Lions Gate - specializzata in horror, ma non solo - sono senz’ombra di dubbio degni di riflessione. L’isolamento e l’imbarbarimento sociale che conducono alla psicosi, all’autolesionismo e alla paranoia si rivelano tematiche decisamente attuali e instillano nello spettatore un senso di disagio davvero perverso. La psicosi contagiante dei protagonisti, che credono di essere infestati dagli insetti, assume i tratti sì di una patologia mentale conclamata ma anche (forse) di una deriva oggettiva della società contemporanea.
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